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Makoto Shinkai è un autore dotato di una sensibilità fuori dal comune, e “Lei e il gatto”, opera d’esordio datata 1999, mostrava già questa sua peculiare emotività. Il primo lavoro di Shinkai è un OAV, un cortometraggio della durata di appena cinque minuti prodotto col solo ausilio di un Mac. La natura amatoriale del prodotto è ancor più evidenziata dalla scelta del regista di doppiare lui stesso il protagonista della storia (l’unico altro personaggio parlante è doppiato dalla sua fidanzata). Il risultato è un debutto indubbiamente degno di nota, ma non esente da difetti.

Il protagonista è un gatto che in un giorno di pioggia viene raccolto da una giovane ragazza, la quale decide di tenerlo con sé nel suo piccolo appartamento. Il gatto, trovando la sua padrona dolce come una mamma e bella come un’amante, se ne innamora. L’arco narrativo copre un anno, e la trovata dannatamente shinkaiana di sviluppare la storia metaforizzando le quattro stagioni funziona a meraviglia.
La primavera è fioritura e germoglio. In primavera la ragazza trova il gatto, e in lui germoglia un amore puro e platonico verso di lei; è il ricordo più lontano che il gatto ha in memoria, è il suo inizio.
L’estate è invece la stagione dei nuovi incontri, la stagione degli amori e delle scappatelle. E anche il gatto conosce una micia e ci si accoppia; ma l’amore che nutre verso la sua padrona va oltre qualsiasi istinto animale.
Poi arriva l’autunno insieme alla malinconia. Gli alberi sono spogli e le foglie cadono, come le certezze degli esseri umani; la ragazza, dopo una lunga telefonata, scoppia in lacrime; il gatto non capisce perché, ma le sta accanto. “Quando indossa quel cappotto pesante sembra proprio un grosso gattone. L’odore della neve su di lei... le sue dita fragili e fredde... il suono delle nuvole scure che attraversano il cielo lontano... il suo cuore... il mio stato d’animo ... la nostra stanza...”
Nel freddo dell’inverno, mentre cadono i fiocchi di neve, in una dolce antinomia con il tepore di un amore tanto nobile, si conclude l’opera. Il finale vero e proprio, in classico stile Shinkai, è un inno alla vita un po’ telefonato che non dà chissà quali scosse emotive, deludendo in parte le ottime aspettative suscitate.

Tecnicamente, considerato anche che l’opera è stata realizzata interamente (e per interamente intendo proprio al 100%) dal solo Shinkai, il lavoro svolto è senza dubbio ammirevole. Il chara è molto basico, e il gatto, stilizzato da linee semplici e contorni caricaturali, non resta molto impresso. Tuttavia i fondali, seppur ancora lontani dall’eccellenza raggiunta dai prodotti successivi, colpiscono per cura e realismo. La scelta del bianco e nero, oltre a nascondere alcune lacune tecniche, imborghesisce la fotografia, dandogli quel tocco di classe espressivo che innalza l’opera.
Gli occhi del felino sono la telecamera, e filtrano tutto ciò che lo spettatore vede.
La regia, dolce e ricercata, mostra tutto il potenziale poetico e sognante dell’autore.
I pianoforti sussurrano rare e melanconiche melodie, che cullano dolcemente i fotogrammi.
Ottimo il doppiaggio italiano, sempre sinonimo di garanzia.

Shinkai è l’uomo dell’amore senza barriere, quell’amore puro e viscerale in grado di valicare ogni ostacolo. L’ormai celebre regista di “Your Name.” racconta un sentimento tiepido e sincero, capace di bypassare anche la differenza di specie.
In “Kanojo to Kanojo no Neko” sono presenti moltissimi elementi che faranno poi parte della semantica autorale del regista, da quelli naturali (come pioggia e neve) a quelli narrativi (il voice-over e l’atmosfera malinconica), ripresi poi in tutti i suoi lavori successivi. Ci sono i soliti buchi di trama e alcuni quesiti non vengono risolti, ma stavolta la brevità del corto giustifica le mancanze. E poi l’OAV è stato riproposto in una serie anime alternativa di quattro episodi, anche questa interamente prodotta da Makoto Shinkai.
“She and Her Cat” è il biglietto da visita di un autore che riuscirà a imporsi sul mercato dell’animazione giapponese senza mai snaturare quello stile lirico e romantico emblema del suo parco opere.
Da recuperare, soprattutto se amate i cortometraggi e le atmosfere nostalgiche.

Voto: 7