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Trollare; nella sua purissima origine questo neologismo indicava, nel gergo di internet, quelle persone che attuavano comportamenti da troll, cioè da disturbatori di forum, chat e community varie. Oggi ha mutato il suo significato per assurgere a sinonimo di prendere in giro, per i fondelli o, più prosaicamente, per il sedere. Ma perché, vi chiederete, comincio questa recensione con questa digressione grammaticale, per un motivo ben preciso in realtà: perché nessun anime recente riflette questo termine, nella differenza tra come si presenta e come è realmente, come ha fatto “Asobi Asobase” che all’ apparenza sembra uno slice of life scolastico con protagoniste le classiche studentesse dolci e carine ma che in realtà è una commedia demenziale folgorante, fresca, imprevedibile, con un cast di personaggi incredibile ma, soprattutto e cosa più importante dato il genere, davvero, davvero divertente!

Andiamo con ordine però perché di caos, con questa serie, basta quello che riescono a scatenare le tre protagoniste. “Asobi Asobase –workshop of fun–“ (questo il titolo internazionale) è un anime in 12 episodi di genere comico-demenziale andato in onda nella stagione estiva 2018, opera dello studio Lerche e diretta trasposizione dell’omonimo manga di Rin Suzukawa. Protagoniste della serie sono tre ragazze al secondo anno di scuola media di un istituto femminile, Hanako, Kasumi e Olivia. Quest’ultima è una studentessa di origini straniere che si è appena trasferita nella scuola delle altre due ragazze con cui viene in contatto, per vie molto meno lineari di quanto il mio racconto faccia apparire, grazie alla sua passione per i passatempo giapponesi che le altre due ragazze gli offrono di insegnarle in cambio di reciproci favori. Questo semplice incipit è il punto di partenza per la futura fondazione del ‘Club di chi se la spassa’ o, più semplicemente, ‘Spassoclub’, un club scolastico mai realmente ufficializzato che le tre ragazze fonderanno per conoscere i passatempo tradizionali giapponesi ma anche, più semplicemente, per divertirsi dopo le lezioni e che diventerà punto d’incontro dei personaggi più variegati (ma potrei dire anche strampalati) immaginabili nonché teatro di scene assurdamente divertenti.

“Sorekara do shitano? (E poi cos’è successo?)”

Punto forte della serie, come in tutti gli anime comici, sono le caratterizzazioni dei personaggi e, mai come in questo caso, l’autrice ha fatto centro nel crearli partendo dal trio delle ragazze protagoniste, tanto diverse quanto complementari, tanto carine e gentili quanto egoiste e vendicative, tanto esagerate quanto spassose; Hanako Honda è la componente del club più imprevedibile: primogenita di una famiglia molto benestante è, sorprendentemente, una studentessa dall’ottimo profitto nonostante un carattere esuberante ed estremamente frivolo; la sua preoccupazione principale infatti è fare di tutto per essere popolare per cominciare a frequentare ragazzi con cui instaurare eventualmente una relazione e, proprio questa sua caratteristica, la rende estremamente invidiosa delle altre ragazze che hanno un aspetto migliore o un successo palpabile con l’altro sesso, invidia che si evidenzia nel suo comportamento ma, ancor di più, nelle espressioni del suo viso che è un quadro in perenne mutazione dove la felicità, la tristezza, lo sconcerto o la furia omicida trovano facilmente, e velocemente, posto nei momenti più impensabili. A farle da contraltare c’è Kasumi Nomura, che caratterialmente è il suo esatto opposto: ragazza timida, silenziosa e tranquilla è l’unica delle tre protagonista a non amare particolarmente i giochi tradizionali giapponesi all’inizio ma, in seguito all’ amicizia che nasce tra le tre, decide di abbracciare lo stesso lo ‘Spassoclub’ diventandone una componente attiva nonché spesso mediatrice e voce della ragione quando la situazione del momento tende a degenerare; studentessa diligente, ma con un’ innata incapacità di comprendere l’inglese, frequentando una scuola femminile ha sviluppato una sorta di repulsione per gli uomini che tende ad evitare spaventata ma che non le ha impedito comunque di abbracciare una passione per le storie BL (Boy’s love, con protagonisti maschi omosessuali in pratica) da autentica fujoshi che si diletta anche a scrivere con sua profonda vergogna. Perfetta sintesi caratteriale delle due è invece Olivia, l’elemento legante tra le tre che grazie alla sua curiosità e iniziativa ha portato alla fondazione del club: di chiare origini straniere, dato il suo aspetto da tipico gaijin con capelli biondi e occhi azzurri, Olivia è, in realtà, nata e cresciuta in Giappone tanto che, al contrario di quanto si possa pensare, non conosce minimamente l’inglese ma si spaccia comunque per una ragazza di origine americana per vincere la timidezza derivante dall’essere l’ultima arrivata in una nuova classe sconosciuta, e sarà proprio questa sua scelta a richiamare l’attenzione di Hanako e Kasumi nonché a creare innumerevoli gag e fraintendimenti nel corso della serie. Ad accompagnare queste tre formidabili protagoniste c’è poi un cast di personaggi secondari altrettanto formidabile che non analizzo nello specifico perché servirebbe una recensione a parte giusto per loro: basti pensare solo che sul grande palcoscenico di “Asobi Asobase” si susseguiranno un’insegnante responsabile remissiva e perennemente preoccupata per la sua situazione di immutabile zitella, un professore dall’animo gentile ma inaspettatamente pervertito, un maggiordomo laser-analmunito (sì, avete letto bene…), un fratello otaku dallo sguardo ammaliante, una presidentessa del consiglio studentesco tanto responsabile quanto “vittima” degli eccessi dello ‘Spassoclub’ e tanti, tanti altri ancora chiamati a raccolta per arricchire quest’opera in modo assolutamente unico.

Unico perché le storie che affronta “Asobi Asobase” sono spesso quanto di meno associabile all’ idea di purezza e dolcezza che si affiancherebbe a giovani fanciulle immerse in uno scolastico gineceo nel fiore della loro adolescenza, anzi, il più delle volte raccontano eventi triviali e scabrosi (da qui il mio excursus grammaticale iniziale) che vanno dalle penitenze a base di annusate ascellari passando per improbabili lezioni di kamasutra con malcapitate bambole di plastica fino a raid notturni per rubare materiale scolastico conditi da gag arricchite con silenziose quanto letali flatulenze, tutto è possibile in questa serie insomma tanto che penso di poter scrivere fino a domani senza riuscire mai a trasmettere davvero tutto il caos, e il divertimento, che la visione di “Asobi Asobase” garantisce.

Garanzia che è data anche dal buon comparto tecnico di cui gode questa serie, sia grafico che sonoro, soprattutto dove sale alla ribalta un doppiaggio giapponese a mio modo di vedere, o sentire in questo caso, praticamente inarrivabile.
Graficamente infatti l’anime, che può godere della regia di un discreto habituè di serie ambientate in scuole e istituti vari quale Seiji Kishi, è sicuramente piacevole da vedere: il character design di Keiko Kurosawa (“Konohana Kitan” e “Kuzu no Honkai” per dire due titoli nel suo recente curriculum) è una manna dal cielo che ingentilisce e raffina il tratto originale abbastanza grezzo, se non proprio brutto in qualche frangente, dell’autrice originale regalando personaggi dall’aspetto semplice e delicato, l’antitesi perfetta di quello che è poi il loro comportamento; l’ambientazione scolastica, che è quella preponderante in tutta la serie, è abbastanza classica ma ben realizzata, le animazioni apparentemente semplici fanno il loro dovere regalando invece sequenze spesso molto caotiche ma sempre chiare e scorrevoli arricchite da colori ogni volta molto tenui e vivaci che però cedono anche il passo a grigi più scuri quando si vuole sottolineare, ironicamente, il clima di grave disagio o nervosismo che vive il personaggio del momento.

Nulla da dire sulla colonna sonora di Masato Koda che accompagna tranquillamente gli eventi sporadici e quasi mai legati tra loro della serie senza però quell’enfasi che la eleverebbe di livello ma che, va detto, è raro trovare in anime di genere comico che non affrontano una storia unica bensì tante piccole avventure diverse in ogni episodio come fa in questo caso “Asobi Asobase”; ma, dove non arriva la musica, ad impreziosire il comparto sonoro della serie ci pensa il doppiaggio, vera perla di quest’anime che per forza di cose punta tanto sulle pazze interpretazioni dei loro personaggi e che solo un buon doppiaggio è in grado di garantire. Tutti i doppiatori hanno eseguito un lavoro eccellente ma va da sé che sarebbe troppo prolisso affrontare un’analisi dedicata ad ogni singolo personaggio per cui mi concentrerò sulle tre protagoniste che, per forza di cose, sono anche quelle più impegnate nella serie: Rika Nagae doppia Olivia, la lunatica pseudo-studentessa straniera a cui regala un divertentissimo finto accento nippo-americano usato dalla ragazza nei frangenti in cui vuole togliersi dagli impicci e che diventerà il marchio di fabbrica del personaggio; Konomi Kohara interpreta invece Kasumi, la più tranquilla del gruppo ma anche la più riflessiva, ed è proprio quando si perde nei suoi pensieri che il personaggio, con doppiatrice annessa, dà il meglio di sé elaborando la migliore strategia per affrontare la difficoltà del momento; Hina Kino è, infine, la straordinaria doppiatrice di Hanako, il personaggio più folle e stravagante della serie e, per questo, anche più impegnativo che lei rende unica con la sua voce querula e superficiale dalle tonalità estremamente variabili, ora basse e pungenti nei momenti in cui Hanako è felice o soddisfatta, ora gravi e spaventose quando è invece arrabbiata o delusa, il supporto ideale insomma per un personaggio tanto mutevole quanto inevitabilmente simpatico.

E sono sempre queste tre grandi professioniste ad eseguire le due sigle della serie, l’esempio migliore forse di come "Asobi Asobase" sappia allo stesso tempo prendere in giro e stupire. L’opening infatti, intitolata “Suripisu”, è una canzone talmente sdolcinata da essere sconsigliata a chi soffre di diabete: ritmo lento, voci bianche delicatissime e un video ad accompagnare la canzone che enfatizza l’aspetto angelico delle protagoniste intente a ridere, divertirsi, giocare e saltare nei prati che manco le caprette di Heidi hanno mai immaginato di poter fare nella loro vita; niente di più contrario agli effettivi contenuti della serie! E sempre per un evidente amore per gli opposti l’ending, intitolata “Inkya Impulse”, riesce ad essere ancora più straniante dell’opening: ritmo forsennato dall’ironico sapore di black metal, voci sporche, taglienti, e un geniale video con disegni astratti e psichedelici che mostrano le tre ragazze stilizzate intente a suonare in un’ipotetica band a chiudere un pacchetto opening/ending che da solo vale probabilmente più di mille parole per rendere l’idea della follia che si può respirare in “Asobi Asobase”.

Ed è proprio questa follia, unita a una freschezza e un’originalità che sono un vero toccasana nel panorama a volte troppo stantio di parte dell’animazione giapponese odierna, a rendere questa serie un’opera imperdibile da provare assolutamente, non riesco a immaginare infatti come possa deludere gli amanti delle commedie e delle gag-story demenziali così come confido che possa avere le potenzialità di catturare l’attenzione di chi magari queste serie non le apprezza o sceglie volontariamente di ignorarle perché stanco della loro ripetitività: in un contesto abbastanza saturo di anime comici (basti pensare che nella sola stagione estiva di trasmissione di questa serie c’erano almeno altre sei anime simili) "Asobi Asobase" è riuscito a imporsi con forza facendo assaporare a chi gli ha dato fiducia uno spasso autentico e genuino come il club che fa da sfondo alle vicende della serie al quale, se ne avessi la possibilità, mi iscriverei seduta stante.