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8.0/10
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Un'ode d'amore al periodo d'oro degli arcade, delle sale giochi, preziosi luoghi di ritrovo oggi in via di estinzione, e ai seguenti primi vagiti dei videogiochi 3D negli anni '90. Uno scorcio su uno dei periodi storicamente più significativi e di massimo fermento creativo del settore videoludico.

Haruo, il giovane protagonista, è un energico fanatico dei videogiochi, a cui dedica tutto il tempo disponibile, a discapito della media scolastica e dei rapporti sociali. La sua è un'abilità costruita sulla pratica e sulla dedizione, ma a poco serve di fronte ad un vero talento, quale si rivela essere l'introversa, ma violenta, compagna di classe Akira Ono, la classica signorina di buona famiglia, a cui nemmeno un paio di pinze giganti potrebbero strappare mezza parola. Dal loro incontro nascerà una sorta di rivalità/amicizia che diverrà pian piano così forte da spingere Haruo a migliorarsi non solo come giocatore, ma anche a crescere come persona. Durante questo percorso cambieranno vari elementi, il suo fisico, la sua scuola, alcuni elementi della città, e si verranno a creare nuove amicizie. La più rilevante di queste sarà la giudiziosa Koharu Hidaka, una compagna di scuola che verrà attratta dal modo di vivere spensierato di Haruo e che, sotto vari aspetti, si può considerare la versione più equilibrata di Ono.

"High Score Girl" lo si potrebbe definire quasi come un documentario per videogiocatori. La serie è ricolma di citazioni di software house, titoli cult di vario genere, console più meno sfortunate fuori dal Giappone, nozioni tecniche da professionisti e qualche segreto sbloccabile. Persino uno dei docenti sarà la caricatura palese del maestro "Lau Chan" di "Virtua Fighter". Considerando poi il periodo d'ambientazione, il genere maggiormente in voga non potrà che essere quello dei picchiaduro, oggi estremamente di nicchia, ma un tempo capace di tenere quasi interamente a galla realtà storiche come la SNK. Essendo comunque un genere estremamente ricco di esponenti di valore, solo uno svetterà tra di essi, ovvero la serie di Street Fighter, che effettivamente, col secondo capitolo dettò nuovi parametri qualitativi, tanto da essere considerato ancora oggi, nella sua versione "Turbo", un classico senza tempo.

Non nego che mi ha fatto un po' sorridere questo particolare (ma giustificato) attaccamento. Capcom era ed è tuttora considerata come una casa talentuosa, a cui, contrariamente ad altre società storiche come Sega, va riconosciuto di aver saputo mantenere viva la fama delle proprie Ip. Tuttavia, Capcom è anche considerata da sempre particolarmente avida e spremitrice verso i propri marchi più famosi, e l'accurata presenza di tutte le versioni del secondo capitolo di "Street Fighter", ulteriormente proseguita col tempo, non fa che sottolinearlo. Anche gli stessi personaggi dell'anime si chiedono perché non esca direttamente un terzo capitolo (tra i più tecnici dell'intera saga), eppure colpisce vedere l'apprezzamento totale da parte di Haruo e di altri appassionati, per il continuo miglioramento del loro titolo preferito. E' un punto di vista che può rispecchiare in modo realistico un vero amante dei picchiaduro, una branca di giocatori molto ben definita, competitiva, inossidabile e sempre più ristretta in mezzo agli ormai sdoganati "Fake Gamers" di oggi, che pur inneggiando alla difficoltà da "Pro", finiscono segretamente per guardarsi interamente le giocate altrui in rete, per poi vantare le proprie conoscenze. Tanto che ci fa, il gioco lo hanno comprato regolarmente... Riguardo alle citazioni, fa sorridere vedere la, un tempo dominante, Nintendo un po' maltrattata dall'indifferenza del personaggio. Del resto, a dispetto delle solite polemiche, la grafica ha sempre contato molto in questo settore e le console di una volta non potevano stare appresso ai cabinati, come non potevano farlo nemmeno i Pc. Haruo comunque è un vero appassionato a 360° gradi, conosce i titoli più disparati e non disdegna realmente nulla di quel mondo, anzi ne apprezza la versatilità e ne intuisce il potenziale futuro, semplicemente preferisce dirottare i limitati risparmi per puntare al top tecnico nonostante alcuni svantaggi sulla quantità di titoli o sulla autonomia portatile. Si, è un po' il bimbominkia di una volta, ma più spontaneo e con meno soldi.

Tornando al massiccio uso di "Street Fighter" all'interno della serie, emblematico è il fatto che l'avatar di Haruo sia il marine Guile, uno dei personaggi classici più amati, specie in occidente, ma non certo paragonabile al più rappresentativo (e nipponico) Ryu o alla bella Chun-Li, primo amore di molti giocatori e ancora oggi imperatrice indiscussa delle coscettone. I lottatori vengono qui usati come contraltare visivo dell'eterna rivalità tra Ono e Haruo, e per quanto nell'immaginario, Ryu e Ken siano amici, rivali e persino allievi dello stesso maestro, non avrebbero rappresentato adeguatamente l'accesa spinta che muove inizialmente il ragazzo, non quanto la "reganiana" tensione tra Guile e Zangieff. Il villoso e massiccio russo è inoltre l'esatto opposto fisico della minuta Ono ed al tempo stesso la rappresentazione perfetta di una montagna umana da superare, un ostacolo doppiamente difficile, perché letale soprattutto da vicino.

La serie ci mostra come proprio nella "patria dei videogiochi" vi fosse al tempo diffidenza da parte delle famiglie e delle istituzioni. Le sale giochi erano viste come un fattore distraente dallo studio e pericolosamente frequentate da gentaglia di basso livello, un fattore che ha forse favorito l'acquisto delle console, in modo da permettere alla progenie di potersi rilassare rimanendo in un luogo più sicuro e controllato. A tal proposito, ricordo un'intervista fatta al produttore di Namco, Katsuiro Harada, storica figura dietro Tekken, in cui affermava di aver, a suo tempo, taciuto i dettagli sul suo lavoro ai propri genitori, in particolar modo la sua specializzazione sui Beat 'em Up, in quanto visti come una delle branche meno nobili di tutte, forse per la violenza e limitatezza intrinseca del genere.

Per quanto riguarda il lato tecnico dell'anime, non si può dire che ci troviamo di fronte ad un lavoro particolarmente elevato. L'impiego del cell-shading non stona affatto con lo stile di Rensuke Oshikiri, ma per quanto curato e con personaggi che non devono compiere azioni troppo spettacolari, esso limita comunque pesantemente la fluidità dei movimenti e, spesso si noterà davvero troppo l'artificialità del disegno. A compensare ciò vi saranno le continue espressioni facciali sopra le righe e le inquadrature sugli stage di vari giochi, a cui verranno spesso legati i pensieri del protagonista. Questi pensieri saranno costantemente presi di mira da personaggi pixellati, che faranno irruzione come una sorta di coscienze celesti, a cui è stata mantenuta la propria movenza originale. In un certo senso si può dire che il cervello di Haruo è andato veramente in pappa per i troppi videogiochi e tutto ciò non farà che creare un mix sempre più grottesco e gradevole.

I personaggi fissi non sono molti e anche il loro coinvolgimento è molto limitato. Tutto si basa sul microcosmo arcade di Haruo, che fondamentalmente ricalca il classico ragazzetto immaturo, intuitivo solo in ciò che lo interessa, ma lento in tutto il resto. I comprimari risultato comunque, per quel poco che fanno, gradevoli, ad eccezione della racchietta sdentata, dell'educatrice "Rottenmeier" e del modaiolo, che sono stati, per fortuna, limitati a poche scene. Myao ad esempio si dimostrerà un vero amico, fin troppo maturo per la sua età; l'anziano autista di Ono passerà dall'essere un elemento inizialmente inquietante ad un nonno seriamente affettuoso, che forse avrebbe meritato un po' più di riconoscimento da parte della sua padroncina; la mamma di Haruo si conferma dall'inizio alla fine una persona giovanile e simpatica, ed infine Hidaka sarà un garbato terzo incomodo estremamente coccoloso, per cui personalmente, tifo ancora adesso. L'unico personaggio che forse funzionerà meno tra quelli ricorrenti, sarà proprio la protagonista femminile, Ono, che impossibilitata a parlare, possedendo un carattere violento ed una forza notevole per il suo fisico, ne uscirà, nonostante qualche bel momento, come la più banale tra tutti.

"High Score Girl" si è dimostrata nel complesso una visione piacevolissima, benedetta anche da un doppiaggio discreto. La conclusione ideale per la prima stagione sarebbe stata, perlomeno a mio avviso, quella dell'episodio 9. Vedere per poco tempo i personaggi cresciuti, inevitabilmente un po' cambiati, e al tempo stesso osservare Haruo ripetere alcuni errori e perdere così rapidamente il frutto dei suoi duri sforzi, mi ha un po' intristito. In ogni caso la conclusione di questa prima stagione da assolutamente la spinta giusta per continuare la visione. Rimarrebbero inoltre ancora tre Oav ad allungarla, ma ne parlerò eventualmente nella scheda della seconda, quando uscirà.