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6.0/10
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Premettiamo che la storia non finisce qui ma prosegue nella seconda stagione, quindi anche ogni valutazione può essere solamente parziale.

Tanto per dare un'ambientazione, diciamo che il protagonista, Rokuro Okajima, un qualsiasi colletto bianco giapponese un po' deluso dalla propria situazione lavorativa, in seguito a certe vicende si ritrova quasi costretto a unirsi a una compagnia, la Black Lagoon appunto, di traffici illeciti (ma io direi di criminali a tutto tondo).
Il tema principale della storia scaturisce proprio dalla contrapposizione fra un normale impiegato giapponese e tre criminali navigati. A sua volta da tale contrapposizione nascono alcuni interessanti dibattiti fra Rokuro (nome da criminale Rock) e Revy. Non solo: la vita di un impiegato in un mondo di criminalità, mafia e violenza non è affatto facile, adattarsi può essere quasi impossibile e questo lo capisce e lo vive nelle varie esperienze che affronta insieme al resto dell'equipaggio.

Passando al commento tecnico, posso dire in breve che la grafica e i colori per l'epoca erano davvero superbi, niente male il character design e il comparto sonoro è molto buono anche se un po' banale (sempre e solo musica heavy metal che accompagna le sparatorie).

Fin qui nessun problema.

Ciò che mi sembra debole però è forse la cosa principale della serie, ovvero l'azione. Ho avvertito le scene di combattimento e sparatoria improbabili, assurde, al limite del ridicolo. Gli "uno-contro-tutti" di Revy sono snervanti: ne esce sempre illesa, ha l'atteggiamento di chi sa che non beccherà neanche una pallottola, pare che abbia otto occhi, corre a viso aperto addosso alla gente armata, gli altri le vengono vicino senza sparare ma solo urlando a squarciagola. Abbiamo capito che il protagonista femminile è il classico "pistolero infallibile", ma potevano rendere più verosimili tali scene, anche perché così ci guadagnerebbero in adrenalina e coinvolgimento.

Non mi sento di giudicare i personaggi perché comunque, come detto, con la prima stagione siamo solo a metà storia, ma finora mi sembrano discreti complessivamente. Dutch mi ricorda molto il compagno di viaggi di Spike (Cowboy bepop) e sinceramente non è un gran complimento, il biondo informatico non ha un grosso spessore, per contro Rock e Revy hanno già dimostrato una certa profondità e sono certo che continueranno sulla giusta strada.

Riepilogando: buon prodotto che mi va a cascare proprio dove doveva eccellere, non mi ha colpito nulla in particolare ed è un peccato perché ha anche dei buoni spunti.
Penso che un 6,5 sia meritato ma tolgo mezzo voto per una personale avversione contro una tale concezione di "action" e per altri piccoli elementi che mi hanno infastidito.