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Ho sempre avuto una certa curiosità verso questo film, perché gode di ottima popolarità.
Forse complici le elevate aspettative create da questo continuo parlare di Totoro, ma non ho trovato nulla di particolarmente interessante in questo lungometraggio. Non che sia un film sgradevole, sia chiaro: l'ambientazione rurale è raffigurata magistralmente, le musiche di sottofondo sono azzeccate e la grafica in generale è un vero piacere per gli occhi, nonostante sia un lavoro degli anni '80. Perfino alcune produzioni low budget di vent'anni dopo hanno una grafica inferiore a questa. La genuinità e semplicità dell'infanzia è illustrata e raccontata alla perfezione, oserei dire, ed è ben chiaro che l'essenza del lungometraggio si trova lì. D'altra parte, credo che "Il mio vicino Totoro" possa essere apprezzato appieno solo dai più piccoli, proprio per questa sua estrema semplicità e intuitività nei contenuti.
È uno slice of life in piena regola, ed è più un'esperienza sensoriale che altro, e nemmeno particolarmente intensa. Se in altri film di Miyazaki direi che due ore non sono sufficienti a tirar fuori il meglio dalla storia e dai personaggi, qui invece direi che ottantacinque minuti sono anche troppi.

Quando è partita la canzone di apertura, mi volevo uccidere: il testo italiano della sigla manca talmente tanto di creatività, che non si può sentire. Però il film in sé non può essere totalmente bocciato, ha indubbiamente un suo fascino. Il mondo di Totoro ricorda vagamente "Alice nel Paese delle Meraviglie": il tunnel che Mei percorre assomiglia al cunicolo che Alice attraversa inseguendo il Bianconiglio, e il Nekobus ricorda non poco lo Stregatto. Il senso di sana follia e di meraviglia che si prova da bambini è il messaggio più valido che questo bel film possa mai dare, tutto il resto passa in secondo piano, ed è proprio qui il punto. Nel suo insieme l'ho trovato bello ma sterile: un film contemplativo che dice ben poco.