Ecco, queste è una di quelle cose che il consumatore di fumetti/manga occidentali non capisce o fa finta di non capire. Perché i giapponesi sono così fissati con Hong Kong, perché quando ci furono le manifestazioni anti-cinesi delle ONG americane (con tanto di voci appassionate a sostegno delle manifestazioni da parte di 'intellettuali virtuali cinesi' alti, biondi e con passaporti di stati occidentali), i manifestanti issavano non solo ritratti di trump e bandiere della hong kong coloniale (ricordo il diario online di uno 'studente' americano aver visitato la 'Cupa' Cina popolare, arrivare a Hong Kong, dicendo di respirare aria di libertà e democrazia, smascherandosi per il piccolo sinofobo che era, visto che a Hong Kong, la democrazia inglese permsise le prime, e utlime, elezioni nella colonia un mese prima di doverla restituire alla Madrepatria; una sola elezione in quasi 200 anni di occupazione. Aria di libertà....).
I manifestanti issavano quindi anche le bandiere giapponesi, e questo non solo in contraddizione con le bandiere coloniali inglesi (Hong Kong fu occupata militarmente dai giapponesi nel 1941) che esibivano, ma in spregio della vicina Shanghai e della non lontana Nanchino devastate dall'invasione giapponese. (E con qualche opera giapponese che ne ha parlato in qualche modo, come Senkou Night Raid).
E i mangaka giapponese parlano sempre di Hong Kong, appunto perché è l'unico posto in cui qualcuno li ricorda con nostalgia, e possono quindi rifuggiarvisi, mentre non si può dire di certo la stessa cosa di Corea, Taiwan e Filippine. Ogni tanto mangaka e animatori fanno puntate su Cambogia e Thailandia (l'unico alleato asiatico di Tokyo nella seconda guerra mondiali, gli altri erano tutti fantocci, a partire dal doppiogichista fondatore della Birmania, il padre di Aun Saa Su Ky). Il nostalgismo dei nipponici occidentali, per la miseria e l'abisso sociale in cui viveva buona parte della popolazione hongkonghese, è una sorta di orientalismo orientale, a imitazione di quello occidentale, che in Italia ad esempio celebrava i conquistatori fascisti di Libia e Etiopia (Liala), tanto per far capire ai duri di comprendonio, cosa ispira questo tipo di opere in quella parte di Asia. Non è un caso che, inoltre, pochissimi mangaka parlino del Vietnam, perché significa ricordare il Movimento Behrein, movimento giapponese di supporto alla Repubblica Democratica del Vietnam e al Fronte Nazionale di Liberazione (VietCong), che inviava aiuti alla resistenza vietnaminata e isitgava i soldati americani in Giappone a disertare (mai visto Concrete Revolutio?) Questo evento storico l'ho visto citato in un solo anime, mentre la nostalgia coloniale per hongkong dilaga su manga e anine, accompagnata dalla demonologia che fa parte di ogni orientalismo, la demonizzazione di quei Paesi che hanno saputo opporsi al processo coloniale, per i giapponesi, Cina, Corea del Nord, di cui oggi hanno un sacro e irrazionale terrore, o l'URSS, da cui i Giapponesi presero batoste in ogni occasione: nel 1920, 1932, 1938, 1939 e 1945, (perciò su manga e anime, i giaponesi preferiscono ricordare la guerra del 1904-05, che iniziarono nello stesso modo con cui iniziarono la guerra contro gli USA nel dicembre 1941).
Sono queste le cose da ricordare quando si parla di opere come Kownloon, che affrontano, indirettamente, la storia con la lente deformante della nostaglia per l'impero perduto; nostalgia che non sfugge certi ai Paesi vicini.
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