Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Una delle discussioni più in voga in tutti i siti che trattano di produzioni "made in Japan" è la seguente: "sono meglio i manga o gli anime"? E i live-action? Che posizione hanno in classifica?
Nonostante una discreta impennata avvenuta proprio in questi ultimissimi anni, i live-action, purtroppo, godono ancora di una bassissima considerazione: anche a causa delle grandi difficoltà legate al loro reperimento (almeno nel nostro paese), se si eccettua una ristretta cerchia di fans questo tipo di titoli non godono ancora di un grandissimo seguito.
Diciamoci la verità: se la trasposizione manga/anime genera sempre almeno qualche mugugno quella manga/live action dovrebbe essere considerata come una vera bestemmia. Pochi generi sono "veramente" adattabili, e anche all'interno di questi il livello di compatibilità tra originale e "copia" è spesso molto bassa in quanto entra in gioco anche il fattore "recitazione" e questa... beh, meglio non aggiungere altro.
Dopo aver visto questo "Good morning - Call" devo però ammettere che il futuro dei live-action potrebbe essere meno nero rispetto a quanto immaginassi. Purtroppo non ho letto il manga da cui è stato tratto per cui mi è impossibile fare una comparazione; però dalla visione degli episodi si nota chiaramente il grande sforzo fatto per non sfigurare ed il risultato finale è sicuramente positivo.
"Coinquilini per forza": è questo il tema dominante di Good morning - Call, che racconta la storia di due studenti, il bellissimo e scorbutico Hisashi Uehara e la dolce e goffa Nao Yoshikawa, che a seguito di una truffa sono costretti a condividere lo stesso tetto. Quello che succederà da quel momento in poi è intuibile: dire soltanto una parola in più sarebbe inutile spoiler per cui evito.
Ciò che mi ha maggiormente impressionato guardando questo live-action sono stati i grandi passi avanti compiuti nella recitazione rispetto ai titoli che avevo visto in passato. La prova di Haruka Fukuhara (Nao), in particolare, è stata davvero straordinaria: se l'obiettivo era quello di farla assomigliare ad un personaggio di un manga direi che questo è stato, nel limite del possibile, raggiunto. Haruko è un esplosione di facce buffe, movimenti poco convenzionali e balletti poco probabili tutti in stile manga. Cosa le si poteva chiederle di più?
Anche il partner di Haruka, e cioè Shunja Shiraishi (Uehara), si rende protagonista di un'ottima prova anche se, obiettivamente, il suo era un personaggio molto più statico e quindi molto più facile da interpretare.
Lasciatemi però, nell'improbabile possibilità che qualcuno laggiù mi ascolti, dare un paio di consigli.
Il primo: se una cosa non sapete farla bene, meglio evitare di farla. Faccio un esempio: ad un certo punto Nao ed Uehara, con la testa fra le nuvole, si producono in una serie di cadute su uno scalino all'interno dell'appartamento. Queste cadute risultano false come una moneta da tre euro, un sacco di patate avrebbe saputo fare molto meglio.
Il secondo: fate qualcosa per i baci! Uno shoujo senza baci è come un western senza pistole; e quelli che vediamo all'interno del live-action sono un vero scandalo. Già nel 1939 Via col vento proponeva baci che sarebbero rimasti nella storia; possibile che dopo quasi cento anni siete messi ancora così?
In conclusione Good morning-call è un prodotto davvero ottimo, che piacerà senz'altro agli amanti del genere. Non so se i live-action potranno mai competere con manga ed anime; procedendo su questa strada, però, sarà possibile almeno ridurre il divario e creare un qualcosa di diverso rispetto ai soliti cioccolatini senza sapore che in genere vengono propinati ai fans di una determinata opera.

6.5/10
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Onore al coraggio dimostrato dalla nota piattaforma streaming di riesumare un'opera ampiamente spremuta in passato come "Kimi ni todoke". Sebbene sia consapevole che tali informazioni siano reperibili sul sito di AC, mi sembra perlomeno doveroso scrivere un recap della copiosa produzione sul soggetto che a partire dalla fine del primo decennio del presente secolo sono usciti sul mercato: 1. 2006 Manga; 2. 2007 Novel; 3. 2009 Anime I serie; 4. 2010 Live Action; 5. 2011 Anime (recap della prima serie raccontata dal punto di vista di uno dei personaggi non protagonisti); 6. 2011 Anime II serie; 7. 2011 Anime special (3 episodi di 4 minuti distribuiti con l'home video nipponici); 8. 2019 Manga sequel di quello del 2006; 9. 2023 Live Action in recensione... .

Orbene, si sentiva la mancanza dell'ennesimo prodotto sul soggetto "Arrivare a te", tanti più che era già stato posto in visione 13 anni prima un Live Action?
Premesso che ho solo visto l'anime (first e second season) e che non sono riuscito a reperire in rete informazioni sulla logica retrostante la produzione da parte del colosso del mondo streaming, mi limito a esprimere qualche considerazione sull'opera che a differenza del precedente Live Action (film di oltre 2 ore) è stata sviluppata come una serie vera e propria di 12 episodi.
I confronti, purtroppo, non sono in grado di poterli esprimere, sebbene il vecchio Live Action era stato apprezzato più per le capacità recitative degli attori e per la loro fisionomia azzeccata rispetto ai personaggi dell'anime che per lo sviluppo della trama: ridurre un'opera "corposa" ed estremamente diluita tra equivoci, tira e molla, indecisioni continue, fraintendimenti, incidenti di percorso, ecc come "Kimi ni todoke" in sole 2 ore è un'impresa titanica. Se, da quanto ho letto, il primo Live Action è comunque stato apprezzato, significa che la produzione è comunque riuscita a fare centro, sebbene erano gli anni in cui l'opera era sugli scudi...

Ho iniziato la recensione con il verbo "riesumare": così di primo acchito, mi è sembrata un'operazione che denota mancanza di fantasia e coraggio, un po' ispirata al "meglio l'usato sicuro e garantito" piuttosto che provare con qualche opera non ancora sfruttata o trasposta in serie. Concedo l'attenuante che il nuovo live action sviluppa in modo più ampio la storia in modo da rendere un po' meglio la trama e i personaggi. E per farlo ingaggia anche un discreto cast di attori, perlomeno per i protagonisti Sawako e Shota, rispettivamente Sara Minami e Ouji Suzuka (che nonostante la mia scarsa esperienza in dorama l'ho già trovato nella serie "Horimiya" e "Silent").
La prima è una modella che in parallelo ha sviluppato anche la carriera di attrice interpretando svariati film e serie fin dal 2016, vicendo ben due premi nel 2018 e nel 2019 come miglior artista esordiente con il film "Shino Can't Say Her Name".
Il secondo ha già un'ampia partecipazioni a live action, film e programmi TV fin dalla fine dello scorso decennio e come già scritto l'ho potuto apprezzare in Hoimyia e Silent.
Prima impressione sui due attori e sugli altri attori dei personaggi non protagonisti? Mi sono sembrati, a differenza di quelli utilizzati nel precedente live action, un po' troppo "adulti". Stiamo parlando comunque di ragazzi di 21 e 23 anni, ma, pur truccati in modo da renderli un pelo più giovani, sembrano più grandi anche se recitano tutto sommato bene.
Sara Minami, truccata in modo da sembrar avere un viso più spigoloso e magro (come la Sawako del manga), sembra centrata. E anche a livello recitativo riesce a rendere la timidezza e l'ingenuità del personaggio: lo sguardo perennemente abbassato e i silenzi prolungati sono snervanti ma appropriati al personaggio che poi evolve durante la serie diventando più sicura e determinata. L'attrice riesce a rendere anche questa evoluzione positiva.
Meno convincente a mio avviso Ouji Suzuka che non sembra adatto al ruolo di un personaggio che dovrebbe essere al tempo stesso bello, solare (anche "cool"), intraprendente, popolare, buono e gentile ma anche imbranato, permaloso, incapace di esternare i propri sentimenti verso Sawako. All'attore manca la resa dell'essere "figo": la recitazione di Ouji Suzuka è spenta e poco coinvolgente proprio nella parte "esuberante" del personaggio Shota Kazehaya, mentre sembra più centrato su quella più triste, malinconica e intima, dove l'attore sembra rendere al meglio...
In un certo senso mi sono piaciuti di più gli attori che interpretano i personaggi secondari: Chizuru Yoshida (Riho Nakamura), Ayane Yano (Rinka Kumada), Kazuichi Arai (Shohei Miura), Ume Kurumizawa (Kanon Nonomura).
Menzione d'onore per Riho Nakamura che interpreta bene un personaggio "vulcanico" come Chizuru e Shohei Miura che rende al meglio l'ineffabile giovane insegnante del gruppetto di ragazzi. Mi ha convinto un po' meno Rinka Kumada che interpreta Ayane: valorizza molto il suo essere più "adulta" rispetto agli altri personaggi ma nell'anime mi aveva dato l'impressione di essere meno indecisa e contorta e più sicura di sè e della sua immagine, che nel manga sembrava essere un po' più vistosa.

E la trama? premesso che credo che sia stato scritto di tutto su Sawako (soprannominata Sadako) Kuronoma e sulla operazione messa in atto da Shota per "salvarla" dalle cattive dicerie sul suo conto con il loro progressivo innamoramento, posso scrivere che la serie pur partendo dallo spunto dall'incipit della loro travagliata storia d'amore, diventa un'opera più trasversale e completa dove si sviluppano bene anche gli altri personaggi e le loro interazioni di amicizia e amorose. Anche la rivale di Sawako, Ume, viene resa bene nella descrizione del suo cambiamento e riavvicinamento a Sawako dopo la grande delusione patita.
In pratica, la serie invece di incentrarsi sul rapporto tra i due protagonisti sviluppa con ampi archi narrativi anche gli altri personaggi dando rilievo più al loro cambiamento e percorso di crescita verso le scelte che influenzeranno la loro vita piuttosto che concentrarsi solo sul rapporto tra Sawako e Shota. In sostanza la serie da molto meno rilievo a ciò che contraddistingueva l'anime (e presumo anche il manga) ossia il continuo equivoco e fraintendimento tra i due prima del coronamento della loro storia, badando a procedere in modo più lineare dall'inizio delle scuole superiori di tutti i personaggi fino al loro diploma e alla sofferta scelta dei percorsi successivi, intrecciandoli con l'amore, l'amicizia, l'insicurezza tipica dell'adolescenza che costringe tutti i personaggi a prendere cognizione che il tempo trascorso a scuola è qualcosa di irripetibile una volta che si decide di seguire le proprie ispirazioni e illusioni a scapito anche dei legami di amore, amicizia, familiari...
Da questo punto di vista la serie è convincente: "arrivare a te" parte con il pensiero di Shota sotto la fioritura di un grande albero di ciliegio e si chiude in un loop ideale con la stessa scena in cui Sawako torna al paese dopo l'università per ricongiungersi a Shota.
Tutto sommato una serie apprezzabile che ha perso un po' della caratterizzazione "shouijo" per sembrare un po' più introspettiva e "adulta" nel descrivere quel delicato e significativo passaggio della vita umana dalla fanciullezza alla età adulta che si chiama "adolescenza"...

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"Kyuso wa Cheese no Yume wo Miru" viene tradotto in inglese come "The Cornered Mouse Dreams of Cheese". Io, però, trovo più aderente il titolo italiano: "Il gioco del gatto e del topo".
Si tratta di un film molto lungo, dura infatti due ore abbondanti, tratto da uno splendido manga della sensei Setona Mizushiro. Ora, non starò a tessere troppe lodi di questa splendida artista, della quale mi limiterò a citare "Afterschool Nightmare". Ho detto tutto.

La storia che viene raccontata qui è molto aderente al manga (completo dei due volumi), con minime variazioni, soprattutto nel finale. Dal punto di vista di chi l’ha letto, potrebbe essere un valore aggiunto.

Kyoichi lavora in un’agenzia pubblicitaria e sembra avere l’hobby di mettere le corna alla moglie, anche se pare amarla ancora. La tranquilla bolla della sua vita scoppia quando Imagase, un suo vecchio compagno di università, gli mette davanti un rapporto che illustra i suoi tradimenti, con tanto di fotografie. Infatti è un investigatore privato e per non consegnarlo alla moglie, lui che di Kyoichi è sempre stato innamorato, vuole essere pagato… in baci! Per salvare il suo matrimonio Kyoichi si “sacrifica” ma sarà inutile: nonostante tutto, la moglie lo lascia e lui si trasferisce in un nuovo, scialbo appartamento. Ma la strana relazione fra i due ex compagni continuerà, fra pochi alti e tanti bassi, in un continuo rincorrersi fra i due, con al centro la nuova dimora di Kyoichi.

Diverse cose sono apprezzabili in questo lavoro. In primo luogo, l’approfondimento della psicologia dei personaggi principali è veramente notevole. Non si può fare a meno di immedesimarsi nella disperazione di Imagase, che è così preso dal suo innamoramento verso l’altro e dalle sue insicurezze da superare spesso la soglia del comportamento stalker. D’altro canto, Kyoichi si potrebbe quasi definire apatico: segue spesso la corrente lasciandosi trascinare da persone e eventi. Mentre cerca di decidere se rimanere con un uomo o cedere all’idea di un nuovo matrimonio, si comporta più volte in modo crudele.

E così è vero che in principio a Imagase spetta la parte del gatto, essendo lui, all’inizio, a mettere all’angolo l’altro costringendolo a dei contatti fisici indesiderati ma, ben presto, si capisce che nella relazione che si viene poi a creare la posizione di forza non è la sua. In amor vince chi fugge ma… solo fino a un certo punto. Non ci sono buoni e giusti, qui. Tutti i personaggi hanno un qualche difetto, una vena di noncurante crudeltà, comportamenti calcolatori. Non aspettiamoci un film solare, perché non lo è.

Ho trovato molto piacevole la recitazione, coinvolgente e non forzata. Gli attori principali ben si calano nei loro ruoli e nella relativa lentezza dello svolgimento. Molto spesso, più che all’azione, la storia è affidata agli sguardi espressivi dei due. Un po’ meno interessanti e meno delineate le parti femminili di contorno, cui viene affidato il canonico compito di ‘disturbo’ della coppia.

Emblematica la scelta dell’appartamento in cui Kyoichi va ad abitare dopo il divorzio: i mobili sono gradevoli, anche se ben diversi dalla casa quasi lussuosa di prima. Ma i muri sono mal rifiniti e ci si domanda per quale motivo non vengano aggiustati, nei tanti mesi in cui vengono abitati. Soprattutto, la nuova casa è piccola e buia.

Giova avvisare che nel film si trovano diverse scene abbastanza spinte, sia etero che omosessuali, con nudi anche integrali (di schiena).

Si tratta in definitiva di un’opera che esplora le difficoltà che gli individui, e le coppie che formano, incontrano nel tentativo di trovare non l’anima gemella, ma una persona che le ami e con cui sia possibile vivere. Non assisteremo a coincidenze incredibili, scene paranormali, cambi improvvisi nella sessualità delle persone. Kyoichi non si scoprirà gay da un giorno all’altro, si innamorerà di una persona. Di un uomo, ma di uno solo. Imagase. Queste problematiche vengono affrontate con un taglio molto adulto, data anche l’età dei protagonisti. Dal punto di vista di chi scrive, non può che essere un bene.

Ampiamente promosso.