first-squad-5First Squad - Salvare la Russia per salvare il Mondo

La Germania nazista invade la Russia sovietica... ma questa volta il Giappone accorre al fianco dell'Armata Rossa. Almeno, con la sua animazione, e nel presente.

È lo Studio 4°C che da Tokyo si unisce alla russa Molot Entertainment per dare immagini e movimento a una storia scritta da Aljosha Klimov e Misha Sprits: First Squad - The Moment of Truth (Первый отряд, "La prima squadra", 2009); mediometraggio di poco più di un'ora, forse una delle cose migliori degli ultimi anni tra le (non moltissime) collaborazioni e i (già più numerosi) tentativi di fusione tra l'animazione giapponese e il resto del Mondo.

Perché i tentativi giapponesi di allettare il grande pubblico in terra d’America o ad esso conformarsi hanno dato risultati non certo esaltanti sotto il profilo economico ma soprattutto estetico: si veda ad esempio Brave Story, prodotto dallo Studio Gonzo (al tempo rampante, oggi ormai moribondo) e distribuito dalla Warner Bros; o ai due lungometraggi di Appleseed, chiaramente costruiti con in mente certo cinema a stelle e striscie. Con First Squad il Giappone si gira nella direzione geografica opposta, verso l'Eurasia, e penetra le lande russe, incontrando un terreno già abbondantemente spianato da un'estetica manga insospettabilmente popolare presso il pubblico più giovane.

Il risultato è un incontro tra mondi ben combinato. E se nella produzione di First Squad estetica giapponese e idee russe s'incontrano e agiscono in sintonia, così il film si articola tra l'incontro e lo scontro di doppie realtà: la realtà e la finzione, la Storia e la fantasia; la morte concreta disseminata dalla guerra totale nel mondo dei vivi, e un mondo dei morti arcano e orrifico che minaccia i viventi; il fuoco e il ferro dei bombardamenti e le salmodie dei riti esoterici, il lontano passato in cui si forgiò la storia d'Europa e il quasi presente del XX secolo... e ancora, il documentarismo e la fantasia più sbrigliata.

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In primissimo piano First Squad porta lo scontro tra Germania nazista e Russia sovietica. Una lotta vista da una prospettiva inusitata, almeno per l’"Occidente", dove la II Guerra Mondiale è raccontata soprattutto come la battaglia delle democrazie contro la follia di Hitler e il crimine dell'Olocausto; tutto questo è assente in First Squad, dove invece è l'Unione Sovietica a porsi come ultimo baluardo contro l'ondata nera che dalla Germania dilaga inarrestabile.

Ma nella Russia del 2009, che ha riposto nel museo della storia la falce e il martello, lo scontro ideologico e politico tra nazismo e comunismo è del tutto rimosso, e viene riletto e riassorbito (diluito?) entro una narrazione secolare sul conflitto tra l’Europa d'Occidente e la grande nazione slava. È vero che nei piani hitleriani l'Europa orientale doveva diventare terra da colonizzare, e i suoi popoli da ridurre in schiavitù (così come già Francia e Inghilterra facevano in Africa e Asia, del resto); ma First Squad, giostrando con abilità realtà e finzione, calca non poco la mano sull’aspetto esistenziale del conflitto: "Era una guerra santa", ci viene detto, "Una guerra per la stessa civiltà russa". Chiaro allora il senso del legame instaurato tra la battaglia che, nel film, deciderà le sorti del fronte orientale nel 1942, e quella (realmente) avvenuta nel 1242 tra i cavalieri crociati dell'Ordine Teutonico e la Repubblica di Novgorod: episodio, quest'ultimo, che alcuni storici inglesi hanno riletto come marginale, ma che per gli studiosi russi è invece punto di snodo cruciale nell’arresto dell'avanzata tedesca del XIII secolo verso Est.

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First Squad riesuma i cavalieri spettrali dal lago ghiacciato sovrapponendo le loro immagini a quelle delle armate naziste, così come i nazisti, nel film, desiderano rievocare quegli spettri perché tornino dopo settecento anni dal regno dei morti, per agire sul “Momento della Verità”, quell’istante critico e ineffabile che può decidere le sorti della battaglia tra truppe tedesche e sovietiche... anzi, della guerra tutta; anzi, no, del Mondo intero! Perché se l'esoterico piano nazista avrà successo, il mondo dei morti e quello dei vivi si fonderanno, portando quest'ultimo alla catastrofe: la minaccia contro cui la Russia s’erge in First Squad non è solo di natura politica, e nemmeno solo storica, ma bensí sovrannaturale, metafisica, ultraterrena.

Contro il diabolico (in tutti i sensi!) piano nazista, entra in azione un gruppetto di giovani dotati di poteri paranormali, appositamente selezionati e addestrati in una sezione segreta dell’Armata Rossa: sono loro la Prima Squadra. È una squadra di adolescenti dai ruoli ben netti e distinti, tipici dell’animazione giapponese: c’è il grosso dalla maniere spicce, il bimbetto vivace, il figone dalla mente salda e lo sguardo lontano... e poi la protagonista, capelli corti e tipici tratti manga, impugna una spada giapponese, ma intanto ha carattere e spirito piú che combattivi, assai (fortunatamente!) distante dalla piagnucolosità di tante sue colleghe dell’animazione nipponica.

I nostri trascorrono una gioventú felice in una Russia sovietica degli anni Trenta in cui non si respira affatto aria di stalinismo, e le giornate terminano, già nel presente come fossero dolci ricordi, con corse in bicicletta immerse nell’oro del tramonto e dei campi di grano; è una Russia semplice e genuina, dove in campagna una caduta dall’albero può dar luogo a tenere (e molto mangose) situazioni di romantico imbarazzo, mentre in città ci viene mostrato, emblematico, il monumento alla Fratellanza dei Popoli.

L’idillico quadretto viene infranto dalle bombe dell’aviazione tedesca. Dei nazisti ci viene mostrato assai poco: soldatacci senza volto che spietati distruggono e uccidono, brandendo mitra e cani feroci. Unici personaggi veri e propri sono gelidi ufficiali in divisa e svastica al braccio e due gemelle stangone e procaci coi capelli a caschetto, a far da spie e infiltrate, macchine da guerra senza storia o personalità.

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Dalla parte dei nostri, a proteggerli e sostenerli, abbiamo un santone russo dotato di robusto bastone, che combatte le bionde naziste a suon di arti marziali: il vecchio dalla barba canuta è l’antica generazione, la tradizione dello spirito, che vive in una capanna di tronchi isolata dove sotto un’icona della madonna brilla decisa la fiamma di una candela. E poi un baffuto e paterno generale dell’Armata Rossa, che dirige pragmatico la guerra segreta dalla sua base nel cuore della metropoli, forte delle tecnologie piú avanzate e audaci. Tradizione e modernità, cuore e acciaio, passato e presente: tutti uniti senza distinzioni o conflitti, o incrinature, per difendere la Santa Madre Russia (nonché il Mondo).

E se l’intervento del nostro gruppetto d’eroi è essenziale affinché la Storia come la conosciamo non venga violata, e i nazisti non prevalgano, il peso della guerra è ancora tutto sulle spalle dei soldati semplici; soldati dell’Armata Rossa che vediamo soprattutto come degli eroi ordinarî, dei ragazzoni genuini e dai volti puliti, pronti a difendere la patria senza porsi troppe domande.

Ruoli netti, classici e ampie spruzzate di retorica patria, per quanto implicita; intreccio frammentato, inventiva visionaria e commistione di generi. Tra pop e postmoderno, First Squad gioca la carta dell’ambiguità voluta, della provocazione al contempo tra i ranghi (nel “messaggio” di fondo) e sopra le righe (nell’organizzazione visiva e narrativa), e la sa giocare bene: la sua è la storia dei nostri eroi che, in un’ora d’azione compatta e dal ritmo sostenuto, devono salvare se stessi, i loro affetti e il Modo intero; ma dall’altra frequenti scorci documentarî ci aprono duri scenarî di una guerra che è un immane massacro, in cui camion di uomini vengono vomitati al fronte e mandati allo sbaraglio contro il fuoco nemico. Una minuzia descrittiva sostenuta in maniera robusta dalla tipica cura certosina che certa animazione giapponese sa riservare al dettaglio.

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Lo studio 4°C fa al solito un lavoro di qualità, che ovviamente dà il suo meglio nelle scene d'azione. Per l’occasione, nel design dei personaggi e nelle animazioni viene attenuato quel lato schizzato e visivamente inventivo tipico dello studio, in favore di maggiori solidità e controllo: probabilmente per enfatizzare l’ambizione documentaria e la descrizione realistica, e far cosí risaltare per contrasto le sequenze soprannaturali, sostenute da un lavoro su colori e fondali piú che dalle animazioni... il risultato s’allontana un po’ da ciò che ci si attende dallo Studio 4°C, per approssimarsi a certi lavori della Production I.G; la memoria va, anche solo per suggestione di superficie, a titoli come Jin-Roh o Blood – The Last Vampire. Il che non è certo un difetto, anzi.