Dario Sevieri ci parlerà del mondo della traduzione dei manga, dei suoi meccanismi e ci inizierà ai suoi segreti.
Riportiamo il corpo centrale dell’interessante articolo / nota del traduttore, pubblicato da quest'ultimo sul sito web N.d.T. - La Nota del Traduttore. Per la versione integrale vi invitiamo a visitare il link appena riportato.

Qualache cenno biografico:
Dario Sevieri nasce a Bormio (SO) il 5 maggio 1977. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Orientali presso l'Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia (città dove attualmente risiede) ha avuto occasione di tradurre per la sezione Planet Manga della Panini il romanzo in due volumi G-SAVIOUR di Yoshie Kawahara; mentre per la Coconino Press le opere a fumetti Il mondo di Coo (volume 2), Notte Putrescente di Suehiro Maruo e Lampi (volumi 1-2), opera realizzata nel 2004 da Yoshiro Tatsumi; inoltre ha contribuito all’adattamento in italiano dell’anime Gintama.

G-SAVIOUR di Yoshie Kawahara

Come iniziare: formazione e sbocchi lavorativi:
Personalmente mi occupo di fumetti giapponesi e racconterò di quell'ambiente.
Per tradurre una lingua così complessa ci s'immagina che chi lo fa sia adeguatamente preparato. So per esperienza che per ragioni di costi e di tempi alcuni fumetti arrivano nella versione italiana attraverso questo percorso: l'opera originale viene affidata a una coppia (solitamente ragazzo italiano e ragazza giapponese): la ragazza traduce in un italiano appena leggibile e il ragazzo gli dà le "aggiustatine" del caso. Uso questo termine perché non si può parlar certo di “proof reading” (correzione bozze) in quanto questa persona non conosce il giapponese oppure ne sa qualcosa ma non abbastanza da fare direttamente il lavoro di traduzione. Il testo in italiano arriva poi a un adattatore della casa editrice stessa che lo rielabora a suo gusto. Se nei baloon non ci stanno tutte le parole qualcosa viene tagliato. Della mia esperienza formativa posso dire che all'università si fa già poco esercizio sulla traduzione letteraria e, almeno ai miei tempi, nessun lavoro sul metalinguaggio del fumetto. Come in altri settori gran parte del mestiere s'impara sul campo.

Alla Mostra del Cinema di Venezia le case di produzione giapponese mandano solitamente la loro cartella stampa e lo script per i sottotitoli tradotto in inglese. "Fornendo loro la traduzione non possono rivendicare sfasature" mi è stato detto, ma invece di affidarsi a un traduttore dal giapponese, bisogna solo sperare che in Giappone abbiamo buoni traduttori verso l'inglese e che la persona che prende in mano questa versione (che di mestiere non fa il traduttore) sappia bene l'inglese. Troppe interpolazioni, a mio vedere.

Nel mio caso, mi recai alla fiera del fumetto di Lucca. Presenti direttori e responsabili di testata entrai in contatto con la Panini, sezione Planet Manga. "Che esperienze hai?", nessuna - risposi - ma sono laureato in lingue orientali. "Ah beh, non conta molto", mi fu detto. Però li convinsi a farmi fare una prova di traduzione e alla fine mi aggiudicai la resa in italiano del romanzo "G-Saviour", due volumi e una manciata di mesi di lavoro, poi più nessun contatto. Nel contempo presi contatti con la Coconino Press e dopo un'altra prova di traduzione (gli esami non finiscono mai) mi fu affidato il volume.

Lampi di Yoshiro TatsumiIl lavoro della traduzione: approccio e problematiche:
Davanti a un testo associato a immagini ci troviamo agevolati nel comprendere le linee essenziali dell'intreccio, la difficoltà che questa lingua, a differenza dei fumetti italiani, abbraccia tutti i registri: alto, basso; tutti gli stili: colloquiale, ricercato e i modi espressivi: standard, dialettale e slang. Nel giapponese hanno caratteristiche proprie anche il linguaggio maschile e femminile, le forme onorifiche (di rispetto e di umiltà). Nella resa italiana il non agevole compito di ricreare tutte queste situazioni e la necessità di conoscere il sottobosco del linguaggio non-standard.

Un ruolo a mio avviso importante sono le note al testo, a esplicitare una realtà diversa della nostra nei suoi gesti, rituali e quel contesto storico, culturale, filosofico e religioso, in una parola il mondo che vi viene raccontato attraverso parole e immagini, un mondo che nel raccontarsi ha come presupposto di essere conosciuto nelle sue linee essenziali e nel suo background, cosa spesso lontana dalle conoscenze del lettore italiano. Compito del traduttore quello di cogliere citazioni e riferimenti e raggiungere il suo scopo attraverso note brevi ma essenziali che non appesantiscano le tavole, non si ha quindi lo spazio presente in testo in prosa o poesia.

Un altro problema sono le onomatopee di cui gli autori giapponesi fanno largo uso. Scrive Massimiliano Crippa nel sito Nipponico: "Per l'importanza del simbolismo sonoro e dell'onomatopea nel linguaggio, i linguisti giapponesi hanno studiato il fenomeno molto meglio dei loro colleghi occidentali. Essi distinguono tre categorie di espressioni sinestetiche: quelle definite giseigo imitano i suoni della natura (gata gata, un tintinnio; pyu pyu, il sibilo del vento; zaa zaa, pioggia incessante); quelle definite gitaigo raffigurano stati, modi o condizioni del mondo esterno (yobo yobo, tremolante; kossori, furtivo; pittari, calzare perfettamente, combaciare; guzu guzu, indugiare); quelle definite gizyogo simbolizzano condizioni mentali o sensazioni (chiku chiku, pungente; ira ira, nervoso). Il simbolismo sonoro ha una grande importanza, perché molti verbi giapponesi sono poco specifici. Ad esempio, naku copre tutti i tipi di pianto (waa waa naku, piangere come un bambino; kusun kusun naku, singhiozzare; oi oi naku, piangere rumorosamente), warau un termine generico per ridere (ha ha ha to warau, ridere; wa ha ha to warau, schernire; ku(tsu) ku(tsu) to warau, ridacchiare, ridere trattenendosi; gera gera warau, ridere nervosamente; nita nita warau, risolino, ridere con il viso; niko niko to warau, sorridere; nikori to warau, sorridere, solo una volta). Le forme gutturali simbolizzano la fine improvvisa dell'azione, la rapidità (dosatto, lasciar cadere bruscamente; kurutto, girarsi di scatto). Le forme nasali producono un senso di risonanza prolungata o di ritmicità (karan, schiocco; dokan, rimbombo). Le vocali lunghe esprimono un senso di continuità e di azione prolungata (zudon, sparo prolungato). La versione dura di un'onomatopea esprime un'azione debole e viceversa: ton ton, bussare leggermente, e don don, bussare con forza.

La qualità delle vocali
correlata con il fenomeno descritto. Vocali forti sono associate con attività che riguardano piccoli oggetti e viceversa: il suono kiin un fischio acuto proveniente da un piccolo oggetto metallico, mentre kan il suono di una campana; un fischietto farà pippii, mentre il fischio di una nave a vapore sarà poppo. Una capra farà me e una mucca mo; gero gero il gracidio di una rana, goro goro il “rombo di un tuono”.

Nei volumi della Coconino Press con cui collaboro le onomatopee non vengono tradotte ma semplicemente translitterate. Il direttore di testata Igort in una intervista sostiene: "Perché dovremmo tradurre secondo il gusto inglese (americano) una serie di suoni concepiti da autore giapponese? E' corretto secondo te? Nel primo volume di Maruo (Il vampiro che ride, N.d.R.) per esempio abbiamo tenuto i suoni in giapponese avvicinando agli ideogrammi, in piccolo, una traduzione del suono perché Maruo utilizza uno stile estremamente grafico".

Strumenti della traduzione: documentazione (libri, dizionari, internet):
Notte Putrescente di Suehiro MaruoLa lingua giapponese presenta uno dei più vasti lessici esistenti. Si stimano circa trecentomila lemmi. In più si contano innumerevoli forestierismi (gairago) presi prevalentemente dall'inglese e non presenti nei vocabolari normali. Uno studio del 1964 sull'uso di parole straniere su un gran numero di riviste mostrò che: "di tutte le parole straniere usate, quelle inglesi erano l'80,8%, quelle francesi il 5,6%, quelle tedesche il 3,3%, quelle italiane l'1,5%. Uno studio del 1971 sull'uso di parole native o importate nei quotidiani mostrò che le parole native giapponesi erano tra il 26,6% e il 43,9%, quelle sino-giapponesi tra il 50,7% e il 65,3%, quelle straniere tra il 12% e il 12,7%".

Oltre a supporti cartacei (i miei preferiti: giapponese-italiano della casa editrice Shogakukan, giapponese-inglese della casa editrice Kenkyusha, dizionario monolingue Daijirin), è Internet a darci molte risorse gratuite, tra le quali segnalo: La pagina di Jim Breen offre ricchi dizionari generici e tecnici e in più strumenti per la ricerca dei sinogrammi e la computazione dei testi; Una comoda raccolta di dizionari (en/jp, jp/en e monolingue) a cura della casa editrice Sanseido; Un sito analogo ma della Daijirin . Ci si può inoltre avvalere dei numerosi forum presenti in rete.

Nel tradurre Maruo Suehiro mi sono avventurato nelle ricerche più laboriose. Due esempi: a un certo punto un personaggio dice una frase che mi sembrava incomprensibile usando parole che non trovavo da nessuna parte. Girando su Internet m'imbatto in un BBS su Maruo. Allora scrivo che sono il traduttore italiano e riporto la frase "misteriosa". Tempo qualche ora mi rispondono spiegandomi che ci sono dei termini del dialetto di Nagasaki, città natale di Maruo.
Sempre nella stessa opera trovo un frontespizio che sembra riprendere un stampo ukiyo-e. Vorrei capire cosa sta citando. Vedo che in basso a sinistra c' è il sigillo dell'autore originale. Non del tutto leggibile. Allora penso bene di chiedere aiuto al mio ex professore di Storia dell'Arte Giapponese, Giancarlo Calza. Il quale sentenzia che appartiene a tale Kuniyoshi. Allora scartabello svariati libri ma di questa immagine non c'è traccia. Passo su Internet e trovo un bel sito dedicato all'ukiyo-e che spiega leggere le stampe di questo periodo.  Da questi dati arrivo a trovare un altro sito che elenca i sigilli degli autori e scopro che non si tratta di Kuniyoshi ma del suo allievo Yoshitoshi. In questa ricerca trovo varie informazioni, ma su qualche punto ho ancora dei dubbi, finché arrivo a un forum sull'ukiyo-e a cui chiedo notizie sull'opera e il giorno dopo qualcuno mi risponde dandomi la descrizione completa di cui avevo bisogno.