Pompoko - Locandina (fra)In un paese piccolo come il Giappone, per far spazio alla crescita della popolazione ed espandere i territori urbani, è inevitabile che si debbano abbattere alberi, campi e foreste per edificarvi palazzi e città. Cosa ne pensano, tuttavia, gli animali che quei luoghi in procinto di essere distrutti li abitano?
Prendiamo ad esempio il caso di un gruppo di tanuki, i celebri cani-procioni nipponici, i quali devono far fronte alla distruzione del loro bosco che sarà tramutato in una città.
Le simpatiche bestiole, divise in diverse fazioni a seconda delle attitudini o dei territori in cui abitano, decideranno di far fronte comune e di unirsi contro la minaccia degli uomini.
Quale miglior mezzo, per contrastarli, se non proprio la particolarità che solitamente si attribuisce ai tanuki, ossia quella di poter mutare il proprio aspetto?
Sotto la guida di un trio di tanuki-santoni esperti nella metamorfosi, l’esercito degli animaletti si esercita nel perpetrare il proprio obbiettivo. Nel frattempo, diverse correnti di pensiero si formeranno all’interno del gruppo: chi vorrà scacciare gli umani spaventandoli e chi vorrà massacrarli, chi si farà affascinare dal mondo dagli umani e dai suoi confort, chi vorrà trasformarsi in umano per vivere mimetizzato insieme a loro, chi non riuscirà ad effettuare la trasformazione e vorrà unicamente vivere in libertà nella natura…

E’ questo lo scenario innanzi a cui ci pone Pom Poko: Le battaglie dei tanuki moderni (Heisei tanuki gassen Pom Poko), film del 1994 diretto dal celebre Isao Takahata.
La versione italiana del lungometraggio, in uscita in dvd a Dicembre, è stata proiettata in anteprima al Festival del Film di Roma lo scorso 1 Novembre, all’interno di una rassegna dedicata al cinema d’animazione dello Studio Ghibli.
Prima della proiezione, come accaduto per ogni film della rassegna, l’adattatore e direttore del doppiaggio Gualtiero Cannarsi si è occupato di presentare Pom Poko al pubblico, donando ai molti piccoli spettatori presenti in sala una piccola infarinatura di base sui tanuki e le loro facoltà e introducendo il film e il suo autore.
Takahata, dice Cannarsi, è un autore molto diverso dal collega ed amico Miyazaki, in quanto è unicamente un regista, mentre Miyazaki è anche disegnatore e animatore.
Questo si ripercuote sui rispettivi film, rendendo le opere di Takahata più riflessive ed intellettuali rispetto a quelle prodotte dal collega.
Le parole di Cannarsi ben si applicano a Pom Poko, che, in effetti, si rivela essere un film complesso e maturo, con diversi livelli di fruizione.
E’ innanzitutto un film colorato, festoso, pieno di animaletti che per gran parte della pellicola appaiono antropomorfizzati e disegnati in maniera simpatica. I tanuki di Pom Poko sono espressivi, sempre pronti a far festa in ogni occasione e ad usare i loro poteri di trasformisti in un tripudio di forme e colori. Ognuno dei personaggi ha un suo preciso carattere, una sua individualità e sarà assolutamente impossibile non amarli tutti quanti e non intenerirsi nel seguir le loro vicende.
In secondo luogo, è anche un grande inno d’amore al Sol Levante, alla sua storia, cultura e conformazione territoriale, alla sua arte pittorica e scultorea, ai suoi culti religiosi, al suo folklore e credenze popolari, finanche agli stilemi grafici dei suoi fumetti e cartoni animati (si vedano in quest’ultimo caso i tanuki che, per spingere all’eccesso i loro poteri, “caricano l’aura” come i Saiyan di Akira Toriyama). Le due ore circa del film saranno un tripudio di riferimenti ai culti del buddismo e dello shinto, di jizo, di nopperabo, di tanuki, di kitsune, di oni, di tengu, di eremiti dai mistici poteri, di caste religiose, di creature fantastiche, di simbolismi religiosi. Elementi, questi, esemplificati dalla scena cardine del lungometraggio, la grande parata dei mostri e degli spiriti organizzata dai tanuki allo scopo di spaventare, una volta per tutte, gli umani.
Ma Pom Poko ha anche un’anima più matura, più cruda, più riflessiva, dove il tema del rapporto fra l’uomo e la natura assume tinte più fosche e drammatiche e dove anche lo stesso finale dell’opera, toccante e commovente, rimane in bilico tra dolcezza e amarezza in quello che si può definire ancora una volta un grande inno al Giappone e a tutti i suoi elementi.

Pom Poko

Il comparto tecnico del film è lodevole, sia per quanto riguarda animazioni e colori, sia per le musiche. Pom Poko è una festa di colori sgargianti, di trasformazioni veloci, animate e sorprendenti, di musiche tradizionali e di allegre “ondo” che i tanuki si divertono a intonare e ballare battendosi il pancione come fosse un tamburo e sbevazzando sakè.
Ammirevole è la versione italiana, in cui sono stati mantenuti tutti i nomi giapponesi, non solo quelli propri dei personaggi e delle città, ma anche quelli comuni di luoghi, oggetti, creature e culti. Ottimo è il doppiaggio, che schiera il simpatico Carlo Valli (Charles in Laputa: Il castello nel cielo, nonché voce italiana ufficiale dell’attore Robin Williams) come voce narrante, in modo da dare un tono documentaristico un po’ ironico e scanzonato alla vicenda. Nel cast sono inoltre coinvolti numerosi grandi nomi del doppiaggio romano come Dante Biagioni, Gabriele Patriarca o Paolo Lombardi.
Pom Poko è film che non lascia indifferenti, ma che colpisce lo spettatore nel profondo e anzi lo spinge alla riflessione, portandolo ad interrogarsi sul rapporto fra l’uomo e la natura e sulle conseguenze che l’espansione urbanistica ha sull’ambiente e sulla fauna terrestre. La tematica ecologista si mescola con una numerosa serie di rimandi a svariati elementi della cultura giapponese
E’ in un certo senso un film “giapponese per giapponesi” e, sia pure nell’ottimamente riuscita traduzione in lingua italiana, non riuscirà ad essere pienamente compreso da un pubblico straniero non avvezzo a determinati elementi culturali nipponici di cui la vicenda dei tanuki dell’era Heisei è costellata. Per lo spettatore che riesce a coglierli, tuttavia, si prospetta un viaggio dolceamaro in quello che, mascherato da allegro film per bambini, nasconderà invece tematiche e risvolti molto profondi. Rimane, nonostante questo, una storia capace di divertire, appassionare, far riflettere e commuovere, un film splendidamente realizzato che si fa specchio di una cultura aliena all’occidente, la cui visione è dunque consigliata per chi volesse avvicinarsi maggiormente al Giappone e alle sue credenze, sia pure in maniera spiritosa. In fondo, il forte messaggio ecologista che il film vuole lanciare è universale, poiché il problema non riguarda soltanto i tanuki del Giappone ma la natura dell'intero pianeta.