Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Tre lungometraggi animati d'autore in arrivo tra le recensioni di oggi: La Città incantata di Hayao Miyazaki/Studio Ghibli, Perfect Blue per regia di Satoshi Kon e Steamboy, diretto da Katsuhiro Otomo.

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Beh, che dire? Orso d’oro, premio alla carriera a Venezia per Miyazaki, Oscar come miglior film d’animazione, una caterva di cori plaudenti e consensi unanimi dall’industria del cinema occidentale, ecc. ecc. Beh, diffidate dalle jury, specialmente dall’Academy, sempre e comunque. Voglio dire, ha dato l'Oscar a Shrek e la nomination a robe come Bolt o Madagascar, per non dilungarmi sulla cecità verso maestri assoluti del cinema, Kubrik e Tarantino su tutti!
Che Miyazaki meritasse un riconoscimento internazionale per il suo genio inesauribile e fatato, questo è fuori discussione. Ma riceverlo per questo film liquida la faccenda con lo smacco di vederlo assegnato a uno degli anime più disneyani che abbia visto (il che spiegherebbe il grande apprezzamento internazionale), e non ad altre opere ben più intense e di spessore dello stesso regista.

Per carità, non ho nulla da dire sulla parte visiva o su quella musicale. Sotto quest'aspetto le opere del maestro sono sempre meravigliose, e questa non è da meno. Anzi è probabilmente una delle più riuscite sotto l’aspetto dell’atmosfera incantata della città, delle ambientazioni e dei fondali sempre magici, e di tutta la suggestione incantevolmente favolistica che, complici dei colori superlativi, ammanta l’opera di un barocco sublime e fatato. Tuttavia la storia è troppo esile per reggere da sola tutto quest’apparato riccamente tessuto.
Alcune parti sono geniali, alcune scene divertentissime, delle situazioni appaiono davvero affascinanti, altre sembrano uscite da sogni di bambini. Come al solito ci viene servita una carrellata di personaggi strampalati, particolarissimi e decisamente simbolici, quasi tutti ben riusciti, ma – tranne pochi – carenti di uno spessore e di un carisma che possano catturare.

Tutto sommato si può riassumerla, la trama, nella classica fiaba a sfondo sess… ehm, amoroso, con varie prove da superare, con percorsi che s'incrociano e si separano, varie lezioni e morali da apprendere e una bella risoluzione finale che fa contenti tutti i piccini, e gli uomini meno piccini ma amanti dei lieto fine dolci e teneri. Ma che viene trattato alla fine? Il film, di duro, o intenso, o drammatico, o impegnato, o profondo, o enigmatico, o struggente, voglio dire, che ti lascia? E' molto leggero, piacevole da guardare, senza eccessi: per chi trova queste cose un pregio, allora "La città incantata" è un film imperdibile. Ma personalmente ritengo che formalmente, concettualmente, dal punto di vista della profondità e per tematiche affrontate, è “Howl” il capolavoro di Miyazaki.

Certo vado sempre contro corrente, e me ne vanto anche, ma delle volte il nome è talmente ingombrante che fagocita nella sua aura tutto quello che produce, e si finisce per sovrapporre all’opinione limpida sulla singola opera il giudizio qualitativo e il valore globale di Miyazaki. Tutto questo per dire che fa riflettere – riflettere parecchio –, lascia interdetti, sdegna e provoca una frustrazione senza limiti che lo stesso “Howl”, “Mononoke”, il recente e stupendo “The Sky Crawlers”, “Jin-roh”, “Innocence” e, in assoluto sopra tutti, “Ghost in the Shell”, non abbiano ricevuto dalla “critica specializzata” – tranne che da una cerchia ristretta di appassionati e intenditori reali di cinema, quello vero - nemmeno 1/10 della lode e dei riconoscimenti che strameritavano.
Con "La città incantata" è stato infine premiato il cinema d’animazione orientale, o semplicemente qualcosa che si avvicinava al giudizio edulcorato, disimpegnato e poco profondo che nella maggior parte dell’occidente si lega all’animazione? Ci sono da trarre anche delle conclusioni.



9.0/10
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81 minuti angoscianti, deliranti e onirici, nei quali sogno, finzione scenica, realtà e allucinazioni si fondono in un miscela perfetta. Nella parte introduttiva – che, forse, può risultare meno interessante - il film getta le basi per quello che sarà un viaggio nella soggettività della protagonista.
Fino a non molto tempo fa non credevo avrei mai visto un film d’animazione così ben congegnato appartenete al genere psico-thriller – ad oggi uno dei pochissimi anime appartenenti a questo genere - fino a non molto tempo fa non avevo ancora fatto conoscenza con le opere del maestro Kon.

Liberamente tratto dal romanzo omonimo di Yoshikazu Takeuchi, Perfect Blue ha come protagonista una idol - Mima Kirigoe - il cui ruolo le sta un po’ stretto. La storia inizia quando Mima decide di lasciare il trio canoro di cui fa parte - le Cham - e di intraprendere la carriera di attrice. Il passaggio da idol ad attrice è tutt’altro che indolore, e metaforicamente rappresenta l’abbandono dell’adolescenza e l’ingresso nella vita da adulta. Mima dovrà fare delle scelte amare e scendere a compromessi per poter iniziare ad essere vista dal pubblico come un’attrice e non più come una semplice idol. A completare il quadro c’è, poi, la presenza invasiva e allo stesso tempo invisibile di uno stalker.

Kon ha sempre dimostrato di essere un attento osservatore delle derive a cui può portare la nostra cara società ed infatti già nel suo debutto da regista – e che debutto! – cosparge il suo film di spunti di riflessione su alcuni temi, come quello del meccanismo feroce e implacabile dello show business, che sfrutta le giovani debuttanti come merce da vendere. In questo mondo o si è pronti ad andare anche contro i propri principi morali o si viene fatti fuori - in senso metaforico ovviamente! - senza tanti complimenti. L’analisi di Kon non risparmia neppure il fan che permette tutto ciò. Fan a volte spietato e pronto a dimenticare facilmente le idol che poco prima aveva osannato. Fan a volte malato, con un attrazione perversa per queste ragazze. In Perfect Blue la sua critica si rivolge anche ad un medium che nel 1997 era da poco approdato nel Sol Levante, Internet, dimostrando come esso possa essere un’arma a doppio taglio. Lo schermo del computer o lo specchio diventano il veicolo delle allucinazioni della protagonista per quasi tutto il film fino alle battute finali, quando, paradossalmente, è lo specchio a mostrarci la realtà.
Perfect Blue vanta una regia assolutamente geniale e un montaggio che spiazza e confonde più volte lo spettatore e lascia senza fiato. Quando il film finisce, ormai si è coinvolti talmente tanto che pare di destarsi improvvisamente da un sogno, o forse sarebbe più corretto dire da un incubo.

Elisabetta Spinelli, famosissima doppiatrice di Sailor Moon, mi ha stupito in positivo, era la prima volta che la sentivo prestare la sua voce ad un personaggio adulto e l’ho trovata molto credibile nel ruolo di Mima. Il character design, curato dallo stesso Kon, è veramente molto bello. Le musiche accompagnano degnamente tutto il film come una seconda pelle, alcune in stile pop altre cupe e adattissime alle scene più sinistre. Il finale è perfetto e per nulla banale, ci lascia volutamente con alcuni dubbi ma è interessante anche per questo.
Segnalo che Perfect Blue contiene delle sequenze estremamente violente e quindi è sconsigliato a persone facilmente impressionabili ed è comunque adatto ad un pubblico maturo. Quando vidi Perfect Blue la prima volta mi colpì a tal punto da spingermi a vedere tutti i sorprendenti film del maestro Kon (Millennium Actress, Tokyo Godfathers, Paprika) e l’altrettanto valida serie TV da lui diretta (Paranoia Agent). Spero davvero che questo film possa sortire tale effetto su tutti coloro che decideranno di visionarlo perché Kon era un regista eccezionale, genialmente fuori dalle righe, oltre ad essere un acuto osservatore della società – come ho già sottolineato - e dell’uomo in generale. Nelle sue opere Kon non abbandonerà mai la riflessione ontologica, sempre presente, in modo più o meno implicito. Fatevi trascinare dalla sua lucida follia, perdetevi nei suoi film, non ve ne pentirete!



9.0/10
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Ottimo ottimo manga... storia intrigante con bei colpi di scena e personaggi stupendi. I "cattivi" poi son a dir poco fantastici ed il conte, col suo ghigno da psicopatico, quasi satanico ne è la massima espressione.
Un altro punto a favore è il fatto che la storia non rallenta mai: sono rari, molto rari, i momenti di pausa che comunque non sono mai fine a se stessi.
Forse in certe occasioni alcune tavole dei combattimenti potrebbero risultare alquanto caotiche ma nel complesso soddisfano appieno il lettore.
Decisamente un buon manga.