Riportiamo dal nuovo blog di Yupa alcuni commenti e considerazioni sulla traduzione italiana di One Piece, edito da Star Comics:

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One Piece 62Non è cosa che mi piace, criticare le traduzioni altrui. Quelle fumettistiche e dal giapponese, intendo. Cioè, quelle del mio campo.
Il rischio sarebbe alto, di far la figura del saccente che agita il ditino ma non s’accorge di non far tanto meglio di chi critica.
Piuttosto che spender tempo a far le pulci agli errori altrui, sicuramente meglio impegnarlo per evitarne di proprî.

Ovviamente questo non significa che non legga lavori altrui, anzi.
E che non ci trovi cose assai discutibili, o che mi sembrano tali; e naturalmente anche molto da cui imparare, invece.
Solo che di norma non mi metto a scriverne qui, sul blog, o altrove.

Poi in certi casi leggo lavori altrui anche per lavoro, oltre che per piacere.
Ad esempio pare che dovrò occuparmi della traduzione italiana di ONE PIECE, a partire dal volume 62. E quindi mi sto leggendo tutti i (non pochi…) volumi precedenti.
La premessa di cui sopra serve a chiarire una cosa, cioè che: quanto segue non vuole essere una critica (o un elogio) a come finora è stato tradotto ONE PIECE, non vuole essere una caccia all’errore, magari con intenti di berlina.
Come spero sarà evidente, si tratta d’una riflessione che prende come spunto alcune cose che ho trovato in ONE PIECE, ma che riguarda più in generale un certo modo di trattare certi termini giapponesi che ricorrono nei fumetti. O meglio, un certo modo di non trattarli.
Modo che fatico a capire.

La cosa, in realtà, è molto semplice.
Spesso certi termini nelle edizioni italiane non vengono tradotti, quando invece – secondo me – si dovrebbe; vengono semplicemente trascritti.
Di solito si tratta di nomi che stanno a metà strada tra il nome proprio e il nome comune.
Passo direttamente a tre esempî presi appunto da ONE PIECE, così si capirà sùbito cosa intendo.
- Tra i primi avversarî affrontati dai protagonisti c’è una ciurma di pirati che si chiama “Kuroneko”. Si tratta d’una ciurma a tema gattesco e felino in genere ^ω^ Quindi si combatte a suon di artigli graffianti, passi felpati e via dicendo. Il punto è che il nome della ciurma, in italiano, è lasciato “Kuroneko”, quando invece si sarebbe dovuto tradurlo, visto che significa “Gatto Nero”
- Tra le illustrazioni che aprono i singoli capitoli e che, in sequenza, formano storielle indipendenti, viene ritratta una tribù di selvaggi (o di diversamente civilizzati, se volete). E anche qui il nome non è stato tradotto ma solo trascritto: “Kumate”. Che significa “Zampa d’orso”. E difatti l’emblema della tribù è una zampa ursina stilizzata, dipinta anche sul dorso stesso delle mani dei diversamente civilizzati (o selvaggi, se volete).
One Piece Sabashira- Questo è un dettaglio, ma segue la logica di cui sopra. Il ristorante del mare ha una testa staccabile a forma di pesce, utilizzata nelle emergenze per attaccare aggressori particolarmente tenaci. In italiano viene chiamata “Sabagashira”, ma anche qui c’è un significato che è andato perso: “sabagashira” significa “testa di sgombro”.

Ora, non so come mai questa tendenza a trascrivere invece di tradurre, e senza nemmeno apporre una nota a piè di vignetta che spieghi i significati. Non so se sia una forma di pigrizia, o una scelta iperprotezionistica verso il testo giapponese (magari temendo il risentimento dei lettori più puristi).
Sia quel che sia, il risultato è comunque un impoverimento, specie quando il fumetto è umoristico, e quindi il lettore dovrebbe dilettarsi coi giochi di parole e disegni, coi rimandi arguti compiuti dall’autore. Giochi e rimandi che in tal modo però vanno persi.
Si può capire che in alcuni casi si tratti quasi di nomi proprî, che quindi non vanno tradotti. Nello stesso modo in cui non si traducono i nomi giapponesi ordinarî, quali Misao o Hotaru.
Ma quando il nome è invenzione dell’autore, e da questi utilizzato per ottenere un determinato effetto, per rompere l’ordinarietà dei nomi di persone e cose, allora la traduzione ci va.

Questo discorso, come ho sottolineato, va ben al di là dei singoli casi riportati per ONE PIECE.
Si tratta di una tendenza che ho riscontrato anche in altri fumetti.
I casi più delicati sono quelli con un’ambientazione storica
, o che comunque recuperano termini, idee, oggetti, figure della tradizione nipponica.
One Piece GreenNomi di nemici, di gruppi di nemici, di tecniche magiche o di combattimento, di forme d’energia, di luoghi immaginarî, di entità supere o infere, e così via: spesso sono ripescaggi di termini tradizionali, o reinvenzioni o combinazioni degli stessi. E ovviamente sono difficili da trattare, perché intricati, pongono scelte ardue, esigono un certo lavoro. Un lavoro anche molto faticoso, quando l’autore si diverte a fondere giapponese, inglese, e quant’altro, e questo non succede di rado.
Ma la fatica va fatta.
E finché c’è qualcosa che si può tradurre, lo si traduce.
Anche perché sono ancora pochi i termini nipponici entrati effettivamente nell’uso comune italiano, e dall’italiano comune comprensibili: shōgun, kimono, karate, e non molto di più…

Scegliere invece la via facile della semplice trascrizione produce effetti poco felici:
- Come già detto, impoverisce il testo, ne assottiglia la poliedricità semantica, lo appiattisce.
- Introduce un elemento di esotismo dove in origine d’esotico non c’era nulla: il termine che per il lettore giapponese ha un significato immediato e trasparente, per quello italiano diventa un insieme di suoni indecifrabili.
- Per il lettore italiano la fruizione diventa più macchinosa, ostica e lenta.
- E infine per il lettore meno addentro al fumetto giapponese l’accesso a quest’ultimo diventa più difficile, la distanza tra i due viene aumentata proprio lungo il canale, quello della traduzione e dell’adattamento linguistico, che invece dovrebbe far da ponte primario, se non unico.
Non certo ciò di cui s’ha bisogno, in tempi in cui si lamenta (e giustamente) che il fumetto – non solo quello giapponese – meriterebbe un pubblico ben più ampio delle nicchie in cui ancora riesce a sopravvivere…

Fonti:
Blog di Yupa