Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi tre recensioni dedicate ad anime tra loro diversissimi ma accomunati dalla tematica del viaggio: Kino no tabi, Pokèmon e Conan, il ragazzo del futuro.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi tre recensioni dedicate ad anime tra loro diversissimi ma accomunati dalla tematica del viaggio: Kino no tabi, Pokèmon e Conan, il ragazzo del futuro.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Lo zen e l’arte dell’anime.
Un viaggiatore solitario, la sua motocicletta, il mondo. Un mondo meraviglioso e misterioso. Questa è la base elementare di <i>Kino no tabi – The beautiful world</i>, diretto da Ryūtarō Nakamura e sceneggiato da Sadayuki Murai, i quali, partendo dalla light novel di Keiichi Sigsawa e di Kohaku Kuroboshi, modellano la serie con tocco personale, creando un'autentica perla dell’animazione. <q>Kino no tabi</q> è un raffinato e originale “road-movie” fantasy venato di sottile e audace intellettualismo e basato sull’allegoria come forma di racconto.
Gli episodi - una sorta di diario di viaggio in cui Kino racchiude le impressioni dei luoghi e delle città del mondo - non sono che una raccolta di storie narrate, con uno stile letterario e con un tono da favola a tratti poetico, da un protagonista di volta in volta diverso, accomunate dalla presenza del viaggiatore che, a seconda dei casi, si limita a osservare gli eventi oppure, come un vero “deus ex machina”, risolve la situazione e la problematica di turno.
Sono piccoli grandi drammi dai risvolti filosofici e paradossali che stimolano il pensiero critico e le facoltà interpretative dello spettatore con dilemmi etici ed esistenziali ai limiti dell’immaginazione.
Lo schema è quello classico de <q>Le mille e una notte</q> e del <q>Decameron</q>, in cui la narrazione interna alla narrazione assume una funzione chiarificatrice e illustrativa.
Kino e la sua moto Hermes sono dei protagonisti decisamente atipici, figure funzionali al racconto più che personaggi canonici, alter ego dello spettatore più che dell’autore. Kino in particolare non ha una personalità definita e non evolve lungo l’arco della serie. Il suo carattere neutro, spesso freddo e distaccato, rivela però una sicurezza, una flemma e una calma ieratica sorprendenti per una giovane. Pur essendo una ragazza si riferisce a se stessa al maschile e la sua fisionomia androgina confonde ulteriormente le acque. Queste caratteristiche la rendono una maschera ideale per lo spettatore, che finisce inevitabilmente per immedesimarsi. Hermes (dal nome del mitologico messaggero degli dèi) è una sorta di coscienza critica, un “grillo parlante” pronto a pungolare dialetticamente i pensieri del viaggiatore.
Ma il vero protagonista è il viaggio stesso. Il viaggio come metafora e come filosofia di vita. Più che “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” l’ardito riferimento letterario mi è sembrato l’Odissea, sia perché è un insieme di storie a sfondo allegorico, sia perché usa il viaggio come traslato della ricerca della verità e della tensione umana alla conoscenza.
Gli eleganti e stilizzati disegni, sottoposti a frequenti cambi di registro stilistico, raggiungono vette di qualità pittorica - per tagli delle inquadrature e per uso del colore - e connotano fortemente ogni singolo episodio rendendolo unico dal punto di vista grafico.
La colonna sonora fa da delicato e morbido letto su cui si adagiano dolcemente le immagini. Non è invadente e rimane sullo sfondo durante i ricchi e articolati dialoghi. E’ composta principalmente da sofisticate melodie di stampo etnico, eseguite con ampio uso di strumenti tradizionali, e crea una mistica atmosfera zen con lunghe e studiate pause e illuminanti rintocchi a scandire le scene. Particolarmente felice è la sigla d’apertura <q>All the way</q>, un motivo a base di chitarra folk che letteralmente ci invita al viaggio.
Per concludere non posso che consigliare la visione di questa magnifica e originale opera: un esercizio intellettuale, non di facilissima lettura, rivolto a un tipo di pubblico maturo ed esigente alla ricerca di qualcosa in più del semplice intrattenimento.
Un viaggiatore solitario, la sua motocicletta, il mondo. Un mondo meraviglioso e misterioso. Questa è la base elementare di <i>Kino no tabi – The beautiful world</i>, diretto da Ryūtarō Nakamura e sceneggiato da Sadayuki Murai, i quali, partendo dalla light novel di Keiichi Sigsawa e di Kohaku Kuroboshi, modellano la serie con tocco personale, creando un'autentica perla dell’animazione. <q>Kino no tabi</q> è un raffinato e originale “road-movie” fantasy venato di sottile e audace intellettualismo e basato sull’allegoria come forma di racconto.
Gli episodi - una sorta di diario di viaggio in cui Kino racchiude le impressioni dei luoghi e delle città del mondo - non sono che una raccolta di storie narrate, con uno stile letterario e con un tono da favola a tratti poetico, da un protagonista di volta in volta diverso, accomunate dalla presenza del viaggiatore che, a seconda dei casi, si limita a osservare gli eventi oppure, come un vero “deus ex machina”, risolve la situazione e la problematica di turno.
Sono piccoli grandi drammi dai risvolti filosofici e paradossali che stimolano il pensiero critico e le facoltà interpretative dello spettatore con dilemmi etici ed esistenziali ai limiti dell’immaginazione.
Lo schema è quello classico de <q>Le mille e una notte</q> e del <q>Decameron</q>, in cui la narrazione interna alla narrazione assume una funzione chiarificatrice e illustrativa.
Kino e la sua moto Hermes sono dei protagonisti decisamente atipici, figure funzionali al racconto più che personaggi canonici, alter ego dello spettatore più che dell’autore. Kino in particolare non ha una personalità definita e non evolve lungo l’arco della serie. Il suo carattere neutro, spesso freddo e distaccato, rivela però una sicurezza, una flemma e una calma ieratica sorprendenti per una giovane. Pur essendo una ragazza si riferisce a se stessa al maschile e la sua fisionomia androgina confonde ulteriormente le acque. Queste caratteristiche la rendono una maschera ideale per lo spettatore, che finisce inevitabilmente per immedesimarsi. Hermes (dal nome del mitologico messaggero degli dèi) è una sorta di coscienza critica, un “grillo parlante” pronto a pungolare dialetticamente i pensieri del viaggiatore.
Ma il vero protagonista è il viaggio stesso. Il viaggio come metafora e come filosofia di vita. Più che “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” l’ardito riferimento letterario mi è sembrato l’Odissea, sia perché è un insieme di storie a sfondo allegorico, sia perché usa il viaggio come traslato della ricerca della verità e della tensione umana alla conoscenza.
Gli eleganti e stilizzati disegni, sottoposti a frequenti cambi di registro stilistico, raggiungono vette di qualità pittorica - per tagli delle inquadrature e per uso del colore - e connotano fortemente ogni singolo episodio rendendolo unico dal punto di vista grafico.
La colonna sonora fa da delicato e morbido letto su cui si adagiano dolcemente le immagini. Non è invadente e rimane sullo sfondo durante i ricchi e articolati dialoghi. E’ composta principalmente da sofisticate melodie di stampo etnico, eseguite con ampio uso di strumenti tradizionali, e crea una mistica atmosfera zen con lunghe e studiate pause e illuminanti rintocchi a scandire le scene. Particolarmente felice è la sigla d’apertura <q>All the way</q>, un motivo a base di chitarra folk che letteralmente ci invita al viaggio.
Per concludere non posso che consigliare la visione di questa magnifica e originale opera: un esercizio intellettuale, non di facilissima lettura, rivolto a un tipo di pubblico maturo ed esigente alla ricerca di qualcosa in più del semplice intrattenimento.
Pokémon
10.0/10
Per "Pokèmon" non si possono fare valutazioni oggettive in merito alla struttura dell'anime, la grafica, la trama o l'originalità. Per "Pokèmon" vale il detto "o lo ami o lo odi".
Tutti abbiamo avuto a che fare con questo "prodotto", in quanto la sua popolarità è insuperabile. Chiunque sia nato negli anni '90 ha visto nascere e crescere un fenomeno di dimensioni globali. A mio parere il 1998, l'anno della comparsa dei Pokèmon in Italia, è l'anno che ha sdoganato, nel bene e nel male, gli anime giapponesi in Italia. E' una specie di seconda repubblica per gli anime. Da quel momento è scattato un interesse spasmodico per quei prodotti tanto apprezzati dal pubblico di età compresa tra i cinque e i tredici anni, talvolta con effetti disastrosi: molti anime infatti erano e sono spacciati come se fossero adatti a un target di soli bambini, perdendo gran parte del valore iniziale. Esempi in merito: "Yu-Gi-Oh" e tutto ciò che passava prima dagli USA per poi arrivare in Italia.
Ma torniamo a parlare di Pokèmon, la prima serie. Insieme alla folla che acclamava Pikachu c'era la folla che insinuava la presenza di Satana che si infiltrava nelle case di chiunque attraverso Ash & co. Infatti Pokèmon è stato accusato dei seguenti fatti: razzismo, sadismo, violenza, predicare l'evoluzionismo, praticare la magia nera, insultare diverse credenze religione, causare attacchi epilettici (questo è vero purtroppo), sfruttamento degli animali, vari ed eventuali.
Ma potrà mai essere "Pokèmon" il prodotto più riuscito del maligno o sono semplicemente farneticazioni di gruppi religiosi estremisti? A voi l'ardua sentenza.
La trama è talmente famosa che sarebbe di dubbia utilità la mia versione.
Pokèmon, la prima serie, resterà per sempre nei cuori di chiunque era bambino all'epoca per un semplice fatto: chi era bambino allora è cresciuto a pane e Pokèmon: si parlava solo di Pokèmon e si aveva tutto dei Pokèmon. Se devo ringraziare qualcuno o qualcosa per avermi iniziato agli anime e alla passione per il Giappone... be', avete capito di cosa sto parlando.
Sebbene sia un grandissimo fan, lo sconsiglio a chiunque voglia avventurarsi nel mondo di Ash, Pikachu, capipalestra e gotta catch'em all. E' una fatica degna di Ercole poiché il numero di episodi non è affatto un fattore trascurabile; la trama della prima serie, seppur molto allegra e spensierata, è alquanto ripetitiva e dopo un po' scoccia, soprattutto se sia hanno più di tredici anni.
Lo posso invece consigliare a chi ha voglia di fare un bel tuffo nel passato o chi non si ricorda quanto fosse emozionante affrontare ogni giorno un pokèmon diverso o una nuova sfida alla conquista del titolo di Pokèmon Master. Io non mi inoltrerò nella parabola discendente che ha caratterizzato inevitabilmente una serie così longeva, perché per ogni serie andrebbe fatto un discorso a parte. Io dico questo: se non avete pianto quando Ash ha tentato di salvare Pikachu dallo stormo di sperow, se non avete riso quando è stata carbonizzata la bici di Misty, se non vi siete emozionati quando il charizard di Ash ha sconfitto il Blastoise di Gary, se non avete mai ripetuto il motto del Team Rocket, be', avete perso uno spaccato di storia degli anime in Italia che ha cambiato, nel bene e nel male, la vita di molti bambini allora, appassionati confermatissimi di manga e anime oggi. Voto ad honorem: 10.
Tutti abbiamo avuto a che fare con questo "prodotto", in quanto la sua popolarità è insuperabile. Chiunque sia nato negli anni '90 ha visto nascere e crescere un fenomeno di dimensioni globali. A mio parere il 1998, l'anno della comparsa dei Pokèmon in Italia, è l'anno che ha sdoganato, nel bene e nel male, gli anime giapponesi in Italia. E' una specie di seconda repubblica per gli anime. Da quel momento è scattato un interesse spasmodico per quei prodotti tanto apprezzati dal pubblico di età compresa tra i cinque e i tredici anni, talvolta con effetti disastrosi: molti anime infatti erano e sono spacciati come se fossero adatti a un target di soli bambini, perdendo gran parte del valore iniziale. Esempi in merito: "Yu-Gi-Oh" e tutto ciò che passava prima dagli USA per poi arrivare in Italia.
Ma torniamo a parlare di Pokèmon, la prima serie. Insieme alla folla che acclamava Pikachu c'era la folla che insinuava la presenza di Satana che si infiltrava nelle case di chiunque attraverso Ash & co. Infatti Pokèmon è stato accusato dei seguenti fatti: razzismo, sadismo, violenza, predicare l'evoluzionismo, praticare la magia nera, insultare diverse credenze religione, causare attacchi epilettici (questo è vero purtroppo), sfruttamento degli animali, vari ed eventuali.
Ma potrà mai essere "Pokèmon" il prodotto più riuscito del maligno o sono semplicemente farneticazioni di gruppi religiosi estremisti? A voi l'ardua sentenza.
La trama è talmente famosa che sarebbe di dubbia utilità la mia versione.
Pokèmon, la prima serie, resterà per sempre nei cuori di chiunque era bambino all'epoca per un semplice fatto: chi era bambino allora è cresciuto a pane e Pokèmon: si parlava solo di Pokèmon e si aveva tutto dei Pokèmon. Se devo ringraziare qualcuno o qualcosa per avermi iniziato agli anime e alla passione per il Giappone... be', avete capito di cosa sto parlando.
Sebbene sia un grandissimo fan, lo sconsiglio a chiunque voglia avventurarsi nel mondo di Ash, Pikachu, capipalestra e gotta catch'em all. E' una fatica degna di Ercole poiché il numero di episodi non è affatto un fattore trascurabile; la trama della prima serie, seppur molto allegra e spensierata, è alquanto ripetitiva e dopo un po' scoccia, soprattutto se sia hanno più di tredici anni.
Lo posso invece consigliare a chi ha voglia di fare un bel tuffo nel passato o chi non si ricorda quanto fosse emozionante affrontare ogni giorno un pokèmon diverso o una nuova sfida alla conquista del titolo di Pokèmon Master. Io non mi inoltrerò nella parabola discendente che ha caratterizzato inevitabilmente una serie così longeva, perché per ogni serie andrebbe fatto un discorso a parte. Io dico questo: se non avete pianto quando Ash ha tentato di salvare Pikachu dallo stormo di sperow, se non avete riso quando è stata carbonizzata la bici di Misty, se non vi siete emozionati quando il charizard di Ash ha sconfitto il Blastoise di Gary, se non avete mai ripetuto il motto del Team Rocket, be', avete perso uno spaccato di storia degli anime in Italia che ha cambiato, nel bene e nel male, la vita di molti bambini allora, appassionati confermatissimi di manga e anime oggi. Voto ad honorem: 10.
Conan, il ragazzo del futuro
9.0/10
Recensione di Robocop XIII
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Seppure da piccolo vidi solamente i primi due episodi, il ricordo rimastomi era di un'opera bellissima e maestosa, e per anni ho rinunciato a reintraprenderne la visione per non rovinare il ricordo che avevo di Conan e Lana, per non parlare del motivetto della sigla italiana, anche lui fresco e immutato nei ricordi per anni. Ma un giorno ho deciso di addentrarmi in quest'avventura.
Avventura è il termine esatto, seppure il rischio di generalizzare è alto; voglio esporre il mio pensiero, cioè: molti dei moderni anime fanno leva sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle vicende narrate; Conan invece basa tutto sulla sua storia, l'intreccio per quanto semplice è efficace, e ogni frame dell'animazione trasmette un senso di epicità incomparabile, misto a una sensazione di malinconia. L'opera trasuda inoltre una visione retrò del mondo, dell'amore puro e dell'umanità. Sicuramente l'essersi basato su un libro l'ha aiutato molto in tal senso.
Spazi aperti, maestosi, tra i protagonisti di quest'anime sono gli splendidi sfondi, che mostrano la bellezza della natura e la bruttura delle creazioni dell'uomo; natura ed ecologia, argomenti che lo Studio Ghibli non rinuncia a inserire in ogni sua opera, e che qua raggiungono vette considerevoli di riferimenti. Lo studio ci risparmia molti claustrofobici primi piani per dare più ampio respiro alla telecamera, gli ineccepibili sfondi danno spessore al mondo mostrato, ed evitano di posare tutto il peso dell'opera sulle spalle dei personaggi. La storia viene contestualizzata in un preciso ambiente, straordinariamente variegato nella sua limitata varietà di ambienti (alla fin fine è un mondo post-apocalittico).
Lo spettatore non si sente estraneo, riesce ad affezionarsi ai personaggi, e in moltissime occasioni anche a emozionarsi, seppure il mondo narrato sia in certe sue facce molto semplicistico, i bambini sono ingenui, puri e istintivi, mentre i vecchi sono saggi e premurosi, mentre i restanti personaggi hanno una caratterizzazione più singolare e personale. Si nota una grande cura per i particolari; per fare un esempio che a molti potrà sembrare insignificante, in una scena dell'anime i due piccoli protagonisti stanno correndo quando lungo il loro cammino passano su un piccolo ponticello, e uno di loro interrompe la sua corsa e si ferma a guardare il ruscello sottostante incuriosito: potrà sembrare una cosa banale, ma i personaggi vivono, svolgono azioni non influenti sulla trama perché è quello che farebbe quel dato personaggio nella realtà.
Quest'anime è un emozionante inno alla natura e alla pace, forse condito troppo spesso da una visione troppo ottimistica delle cose.
Avventura è il termine esatto, seppure il rischio di generalizzare è alto; voglio esporre il mio pensiero, cioè: molti dei moderni anime fanno leva sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle vicende narrate; Conan invece basa tutto sulla sua storia, l'intreccio per quanto semplice è efficace, e ogni frame dell'animazione trasmette un senso di epicità incomparabile, misto a una sensazione di malinconia. L'opera trasuda inoltre una visione retrò del mondo, dell'amore puro e dell'umanità. Sicuramente l'essersi basato su un libro l'ha aiutato molto in tal senso.
Spazi aperti, maestosi, tra i protagonisti di quest'anime sono gli splendidi sfondi, che mostrano la bellezza della natura e la bruttura delle creazioni dell'uomo; natura ed ecologia, argomenti che lo Studio Ghibli non rinuncia a inserire in ogni sua opera, e che qua raggiungono vette considerevoli di riferimenti. Lo studio ci risparmia molti claustrofobici primi piani per dare più ampio respiro alla telecamera, gli ineccepibili sfondi danno spessore al mondo mostrato, ed evitano di posare tutto il peso dell'opera sulle spalle dei personaggi. La storia viene contestualizzata in un preciso ambiente, straordinariamente variegato nella sua limitata varietà di ambienti (alla fin fine è un mondo post-apocalittico).
Lo spettatore non si sente estraneo, riesce ad affezionarsi ai personaggi, e in moltissime occasioni anche a emozionarsi, seppure il mondo narrato sia in certe sue facce molto semplicistico, i bambini sono ingenui, puri e istintivi, mentre i vecchi sono saggi e premurosi, mentre i restanti personaggi hanno una caratterizzazione più singolare e personale. Si nota una grande cura per i particolari; per fare un esempio che a molti potrà sembrare insignificante, in una scena dell'anime i due piccoli protagonisti stanno correndo quando lungo il loro cammino passano su un piccolo ponticello, e uno di loro interrompe la sua corsa e si ferma a guardare il ruscello sottostante incuriosito: potrà sembrare una cosa banale, ma i personaggi vivono, svolgono azioni non influenti sulla trama perché è quello che farebbe quel dato personaggio nella realtà.
Quest'anime è un emozionante inno alla natura e alla pace, forse condito troppo spesso da una visione troppo ottimistica delle cose.
Gli darei comunque un 8, nonostante oggettivamente per me sia un anime anche da 7 in realtà.
Per Conan devo dire che invece il voto potrebbe starci molto bene.
In realtà non l'ho ancora mai visto seriamente per intero...ma in fondo da ragazzino non mi vedevo niente con occhio serio. E a parte che me lo dovrò quindi vedere per benino, da quel che ricordo è un anime di alti livelli. Veramente bello su diversi fronti e da cui direi si sia preso anche qualche spunto poi con Laputa.
Non capisco invece il senso della frase d Koty né per quanto concerne le "mode" né per quanto concerne il presunto "mancare di rispetto" all'autore della rece.
Non mi sembra che qualcuno lo abbia fatto... ho letto diversi commenti che asserivano che l'autore di quella rece (che si è preso 26 pollicini sin d'ora) ha recensito basandosi sull'emotività, sull'affetto che prova su quel titolo e non tentando di mettere in ballo un briciolo di obiettività. Non mi sembra una grave mancanza di rispetto questa ma una constatazione abbastanza oggettiva
Oggi Digimon in Italia non lo calcola più nessuno, è stupido riesumare la rivalità Digimon vs Pokemon che in Italia è stata sepolta da almeno un decennio. E si mancherebbe di rispetto al recensore non criticando la sua recensione (cosa che comunque può benissimo essere fatta, la rubrica esiste anche per questo), ma mettendosi a parlare dei Digimon in questo spazio, dove è stata messa una recensione di Pokemon e dunque s'ha da parlare di questa serie e non dell'altra
(si possono analizzare gli eventuali difetti della serie senza per forza doverli rapportare ai pregi di un'altra)
Comunque, ottima recensione, l'avevo già letta, ma rinnovo i miei complimenti^^
Sui pokemon non mi esprimo, dirò solo che il recensore ha ammesso di buon grado e apertamente che il voto massimo l'ha conferito "ad honorem", per il legame affettivo che lo lega alla serie, questo va a merito della sua onestà. Non vedo motivo di criticarlo in questo senso, o di accanirsi per un motivo così futile.
Quali sono i paragoni del momento? Topolino-Superman?
Che poi, nostalgia e "figlia del suo tempo" ci sta fino a un certo punto, mentre voi vi esaltavate vedendo questo anime (che per il suo target non è affatto male), io mi vedevo già Evangelion e Escaflowne...
Vabbè, Kino no Tabi devo vederlo da anni ma rimando sempre, mannaggia a me...
Ora, non capisco più cosa ci sia di bello nel vedere due povere bestiole combattersi tra loro per la gloria dei loro padroni... Bestiole costrette ad essere sminuzzate in milioni di piccole molecole e imprigionate in strettissime sfere che non sembrano nemmeno garantire il massimo del comfort o almeno un minimo di servizi igienici. Bestiole diventate pedine di uno sporco gioco gladiatorio mascherato da evento per fanciulli, gestito da gente senza scrupoli che sfrutta l'intima passione per la violenza del popolino per ingrassarsi le tasche. Ma perché delle povere bestiole che sono nate per vivere in libertà dovrebbero essere messe l'uno contro l'altra per soddisfare la libido violenta di gente "malata" che vuole far passare questa barbarie come competizione sportiva?
Non so voi ma il mondo di Pokemon mi porta una grande malinconia e rancore nei confronti del genere umano che manco Evangelion o Elfen Lied... stendendo un velo pietoso sulla Real Life che, se provo ad associare Pokemon con la lotta tra i cani o i galli, c'è sicuramente qualcuno che mi manda l'antrace a casa...
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