C’è una data che tutti noi amanti dell’animazione, ma anche del fumetto, giapponese non possiamo dimenticare: 4 aprile 1978. Sono passati quindi 35 anni da quella sera di primavera in cui sulla seconda rete Rai, l’allora annunciatrice, Maria Giovanna Elmi presentò un nuovo programma di cartoni animati di fantascienza provenienti dal Giappone:  fu trasmesso con il titolo di Atlas Ufo Robot, ma è rimasto nella memoria collettiva come Goldrake. Nessuno poteva saperlo, né chi decise tale evento, né tantomeno noi giovani spettatori di allora, ma fu l’inizio di tutto! Senza quel 4 aprile 1978 noi non saremmo neanche qui, perché il successo ottenuto da Goldrake fu talmente grande, da fare da apripista a tutta un’invasione di anime e, successivamente, anche di manga che dura ancora oggi, nonostante tante avversità.
 
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Nessuno ovviamente poteva sapere all’epoca (e neanche interessava) che si trattava dell’ultima fatica di una trilogia robotica del maestro Go Nagai e che quindi il robbottone con l’alabarda spaziale era parente di Mazinga Z e del Grande Mazinga (cronologicamente precedenti ma trasmessi in seguito) e neanche si badava alle tante imprecisioni del doppiaggio italiano e alla grafica altalenante nelle puntate.
L'anime provocò addirittura delle interpellanze parlamentari (anche se i politici oggi, a dire il vero, rinnegano di aver mai fatto qualcosa del genere), espressione di un’Italia bigotta ancora timorosa verso le novità portate dalla televisione. Ma si era di fronte ad una grande novità che nemmeno la politica riuscì ad arginare sul momento!

Maria Giovanna Elmi e Dario Fo presentano Atlas Ufo Robot



Torniamo indietro nel tempo con due articoli che fecero storia. L’articolo del On. Corviseri, tra i più infuocati detrattori dei cartoni animati robotici sulle reti Rai, e la risposta di Nicoletta Artom, funzionaria della televisione di stato e responsabile dei programmi per bambini, considerata colei che ha portato Goldrake in Italia

Un ministero per Goldrake


di Silverio Corvisieri

Milioni e milioni di bambini italiani in queste settimane sono letteralmente rapiti dall’entusiasmo per Goldrake, il grande protagonista televisivo della fantascienza giapponese che è insieme uomo, moderno samurai e ultrapotente macchina di guerra spaziale.
La popolarità dell’inno scelto per la presentazione del programma è enorme: lo conoscono e lo cantano, spesso in coro nelle aule scolastiche, tutti o quasi tutti i bambini dai 4 ai 10 anni. Ho visto un ragazzino cantarlo con grande fierezza e quasi con le lacrime agli occhi: “Si trasforma in un alto missile/ con circuiti di 1000 valvole/ tra le stelle sprinta e va / Mangia libri di cibernetica / e insalate di matematica / a giuocar su Marte va / Lui respira dell’aria atomica / è un miracolo di elettronica / ma un cuore umano ha / Quando schiaccia un pulsante magico / lui diventa un intergalattico / lotta per l’umanità”.
Goldrake deve sempre affrontare qualche nemico spaziale estremamente malvagio, che vuole invadere o distruggere la terra e l’umana civiltà orrendamente tecnologizzata. È a lui che gli uomini si affidano come si faceva un tempo in Giappone coi valorosi samurai. Questo superuomo-supermacchina può tutto e, per nostra fortuna, “un cuore umano ha”. In ogni caso si celebra dai teleschermi, con molta efficacia spettacolare, l’orgia della violenza annientatrice, il culto della delega al grande combattente, la religione delle macchine elettroniche, il rifiuto viscerale del “diverso” (chi viene da altri pianeti è sempre un nemico odioso…).
La tecnica è quella vecchia e collaudata dell’arrivano i nostri o dell’intervento in extremis del giustiziere. Quali effetti hanno programmi come questo sui fratellini minori dei ragazzi del “cioè”? Voglio dire, cantare in coro canzoni piene di parole per loro incomprensibili come “cibernetica” li aiuterà ad avere un linguaggio e una struttura di pensiero più ricchi e maturi? Questa propaganda straordinariamente efficace di tutte le vecchie idee del vecchio mondo quali segni lascerà? In quale modo un genitore può fronteggiare con i poveri mezzi delle sue parole la furia di Goldrake?
Mi sono posto queste domande come padre, oltre che come parlamentare della Commissione di indirizzo e di vigilanza sulla Rai. E mai come in questa occasione ho potuto constatare l’enorme distanza tra l’attività che la Commissione svolge e i problemi più seri che la televisione pone.
I temi che dominano i lavori della Commissione sono in teoria quelli giusti, ma vengono trattati in un modo ultra-astratto. Basta riflettere sulle ore e ore di discussione per arrivare a definire i concetti di pluralismo e di completezza dell’informazione, o le vivaci lotte per la suddivisione delle tribune politiche, senza mai avere il tempo o la volontà o i mezzi per un confronto serio sul messaggio che la televisione trasmette nelle nostre case, giorno dopo giorno, con Furia, Zorro, Goldrake, o Portobello, Scommettiamo o Domenica In.
Quando ci si renderà conto, soprattutto a sinistra, che i pezzetti di tribuna politica, peraltro necessari, e i polivalenti documenti sugli “indirizzi generali” non scalfiscono minimamente la realtà della Rai?
La questione è molto seria e investe un nodo decisivo della legge di riforma del 1975. Il Parlamento volle, allora, togliere dalle mani del potere esecutivo la vigilanza sulla Rai per trasferirla alle assemblee elettive e, per questa via, garantire una forma di controllo democratico e basato sulla partecipazione anche delle opposizioni. A che punto siamo? Sono da tempo convinto che, nonostante la buona volontà di pochi, né la Commissione parlamentare né il consiglio aziendale riescono a far fronte ai compiti fissati dalla legge.
Torniamo un momento a Goldrake. A parte il fatto che proporre in commissione un dibattito su questo ciclo di trasmissioni parrebbe a molti una stranezza, c’è da dire onestamente che, nella situazione attuale, una riflessione collettiva, (e anche, come forse sarebbe necessario, uno scontro) sui programmi per i bambini risulterebbe molto difficile e stentata.
Come può, infatti, una commissione composta da quaranta parlamentari, peraltro numerosi altri impegni, indirizzare e controllare un colosso come la Rai che ogni giorno sforna ore e ore di trasmissioni? Per far fronte a questi compiti sarebbe necessario disporre di centri organizzati di organizzatori intelligenti, esperti nelle comunicazioni di massa, pedagoghi, giornalisti, storici, filosofi, critici cinematografici o teatrali: insomma un vero e proprio ministero.
È una conclusione amara, anche perché sappiamo come i grossi apparati, almeno in Italia, finiscono sempre con l’appesantirsi in modo penoso e poi dimenticare le funzioni per le quali erano stati formati. D’altra parte, è possibile delegare alla Rai, che poi provvede rivolgendosi alle multinazionali americane e giapponesi, l’educazione dei nostri figli?
Non voglio esagerare l’influenza della televisione sui nostri comportamenti quotidiani, ma mi sembra ancora più eccessivo far finta di nulla, come oggi accade.

Silverio Corvisieri (La Repubblica, 7-8/1/1979. Articolo pubblicato nella sezione “Commenti”, pagina 6)

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Chi ha paura di Goldrake?

di Nicoletta Artom

«Ammirato, elogiato, amato, da una parte; imputato, condannato, sottoposto a dure critiche dall’altra, Goldrake è tornato da poco sui teleschermi della Rai-TV.
Molte discussioni, e anche tante polemiche. Perché? Per che cosa, o su che cosa?
Silverio Corvisieri, parlamentare e già membro della commissione di indirizzo e vigilanza della Rai, ha sollevato il caso «Goldrake», in un articolo uscito qualche tempo fa sul quotidiano «La Repubblica», dove diceva testualmente: «I temi che dominano i lavori della Commissione parlamentare di vigilanza, sono, in teoria, quelli giusti, ma vengono spesso trattati in un modo ultra-astratto. Basta riflettere sulle ore e ore di discussione per arrivare a definire concetti di pluralismo e completezza dell’informazione». Poi così conclude l’articolo: «Senza mai avere i mezzi per un confronto serio sul messaggio che la televisione trasmette nelle nostre case; ad esempio Goldrake…».
In un’altra parte dell’articolo poi parla di «orgia della violenza annientatrice» che sarebbe contenuta in questi cartoni animati.
Dov’è l’orgia? Dov’è la violenza? Orge, di qualsiasi tipo non ce ne sono. I cartoni. Commissione o no, non sarebbero stati trasmessi. Orge violente neppure. Annientate poi a distanza, e senza orge, vengono solo macchine, missili e robot spaziali. E’ molto violento vedere distruggere macchine fantastiche, inventate?
Goldrake poi non è un invasore, non sbarca da nessuna parte, non attacca mai nessuno. Se attaccato, si difende come può, come farebbe chiunque nella realtà. Vince e vince sempre a puntate. In tutto ciò che male c’è?
C’è da domandarsi se Silverio Corvisieri e gli altri dopo di lui, colpiti, da antipatia acuta nei confronti di Goldrake, abbiano trascurato di informarsi, o abbiano evitato di analizzare da vicino altri eroi, quelli classici dei cartoni animati, quelli osannati, come Topolino, Tom e Jerry, Silvestro, il terribile Bunny (il coniglio) o Twitty (il canarino). Bene, questi cartoni sono molto più pericolosi, molto, molto più violenti.
Tom e Jerry, ma anche gli altri, vivono tra pareti domestiche, usano costantemente oggetti che si trovano in casa, adorano infilare code nelle prese elettriche, chiudere nemici nel frigorifero, usare ferri da stiro come martelli. Queste e altre situazioni che effetto fanno sul piccolo spettatore? Se al gatto viene infilata la coda nella corrente elettrica, i danni, nella fantasia, sono pochi, ma per i bambini è semplice dedurne: «Non succederà niente, nemmeno al mio fratellino minore».
La violenza, come si vede, c’è in questi cartoni ed è pericolosa, perché può essere imitata. Nulla di quanto detto appare in Ufo Robot. Non è facile trovare un «Maglio rotante» o un «Tuono spaziale» o delle «Rotelle perforanti». Se vi è da parte dei bambini ripetizione di questi termini è un gioco di fantasia e tale resta.
Di questa opinione è anche qualcuno che i cartoni animati li conosce molto bene, molto a fondo, Bruno Bozzetto, autore di «West and Soda», «Sig. Rossi» e di «Allegro, non troppo». «Io sono molto scettico su questa battaglia contro il cartone animato, sono allarmato piuttosto per il “dal vero”. E’ lì che i bambini si identificano trovandosi davanti alla realtà di tutti i giorni… Non parliamo poi di spettacoli tipo western, gialli…».
«Queste sono cose che “restano” dentro il bambino… In ogni caso Ufo Robot è un cartone così folle, cos’ inimmaginabile che non riesco a capire come un bambino possa identificarvisi».
Il dibattito non finisce qui. Chiamiamo in causa altri che i cartoni animati li conoscono bene. Isa Barzizza (direttore di doppiaggio di tantissimi cartoni). Isa dice: «Goldrake sì, forse è violento, ma non è più violento di Remì. Non è quella di Remì una violenza disperante? Si costringe i bambini a piangere per 26 puntate, e su fatti che li toccano da vicino, la perdita della mamma e del papà, la tristezza di sentirsi soli».
Sergio Trinchero, esperto di cartoni animati e fumetti: «Goldrake non è violento, non c’è violenza ripetitiva… Quanto poi al fatto che il buono vince sempre…; e allora Topolino, che ci portavano a vedere “felici” i nostri genitori, allora Topolino non vinceva, anzi non vince sempre?… E poi perché deve vincere il cattivo? Se il buono perdesse – dice poi – ci sarebbe una sola puntata…! Io non so immaginare un bambino che ami un eroe perdente, a parer mio sarebbe un bambino un po’ strano; un bambino masochista».
In realtà i bambini tutti questi problemi non se li pongono. Loro accettano o rifiutano i programmi secondi i loro gusti, a volte dimostrandosi più adulti e più «ragionevoli» di coloro che vogliono o possono amministrare i loro spettacoli.
Una volta un direttore della Rai-Tv ha detto che il pubblico italiano era «formato da 40 milioni di teste di c…», di conseguenza sempre per quel direttore, i 40 milioni di teste di c… ne dovrebbero aver generate altrettanti milioni.
Non c’è forse, in questo genere di concetti, una logica di comportarsi da tutori o da censori? Fiducia nei bambini, invece. Sono intelligenti!».(3)

Nicoletta Artom (Sorrisi e Canzoni, n. 50, dal 16 al 22 dicembre 1979, pp. 42-43 e 45)

Fonte Consultata: www.rapportoconfidenziale.org