Lo scorso weekend si è tenuto a Milano in contemporanea al Milano Manga Festival anche il Milano Matsuri: due giornate all'insegna della cucina giapponese nella forma di bancarelle culinarie, conferenze e workshop. Lo spazio della Fabbrica del Vapore ospita il festival di quest'anno anch'esso a tema principale culinario, con volumi originali e mostra di tavole tratte dai manga sulla cucina più apprezzati in Giappone.

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In collaborazione con l'AIRG (Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi) il cortile interno della Fabbrica del Vapore si è riempito di chioschetti di tutti i piatti più celebri del washoku: Onigiri, Udon, Gyoza, ecc. Lato più originale della manifestazione è stato associare il cibo giapponese ai vini italiani, accostamento che sta prendendo piede di recente come è stato illustrato anche in una conferenza congiunta di sommelier di entrambe le scuole culinarie.

Due momenti particolari della manifestazione legati proprio al cibo sono stati nella giornata di domenica. Nel primo pomeriggio infatti nel cortile del festival è stato preparato il Mochi ad opera sì di rinomati chef, ma il pubblico è stato invitato a partecipare: a tutti i volontari è stato concesso l'onore di dare un paio delle tradizionali martellate al riso, per fortuna senza spiacevoli conseguenze per le mani dei cuochi che lo mescolavano.

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Verso le 17 invece abbiamo assistito al taglio del tonno. Descriverlo non è cosa semplice, bisognerebbe vederlo. La maestria dei giovani cuochi non si può certo rendere a parole e non ho nemmeno potuto immortalarla a dovere. Se posso permettermi una critica, il momento centrale della giornata non può essere relegato ad un tavolo lungo appena quanto il tonno e parzialmente nascosto da colonne. Potete immaginare la scena quando tutti i fotografi, ufficiali e non, si sono piazzati davanti oscurando metà spettacolo...l'altra metà oscurata dai visitatori più alti. La maggior parte della gente non ha visto nulla a parte le carni che per  pochi secondi sono state elevate sopra alle teste dei cuochi per mostrarle meglio. In una prossima occasione, mi auguro che l'organizzazione riesca ad approntare uno scenario più a prova di folla.

Non sarebbe stato un vero Matsuri senza l'esibizione dei tradizionali tamburi Taiko e di diversi spettacoli di Kamishibai. A differenza di quello che potreste pensare, a suonare i tamburi giapponesi vi erano diversi italiani, tra cui anche un bambino, perfettamente a loro agio con gli strumenti.

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Il teatro Kamishibai ha tenuto compagnia ai visitatori diverse volte nell'arco della giornata di sabato allietandoli con classiche favole giapponesi, mentre il gruppo ai Taiko si è esibito anche nella giornata di domenica.

Per tutto il weekend ci sono stati diversi workshop per imparare a cucinare alla giapponese, ma anche di calligrafia e di tecnica manga. Non dimentichiamo che tutto si è svolto assieme al Manga Festival.

Permettetemi ora però di parlare di quelli che per me sono stati gli eventi più interessanti.

A conclusione di entrambe le giornate si è tenuto un concerto di Koto, grazie alla presenza al matsuri di un quartetto di Maestre di strumenti tradizionali giapponesi della provincia di Nara giunte in Italia proprio per questa occasione. La loro esibizione contemplava alcuni brani classici del periodo Edo, alcune composizioni moderne e, per me fiore all'occhiello del concerto, sigle di alcuni anime degli anni '70 e brani da colonne sonore di film occidentali. Perché fiore all'occhiello? Non solo perché amo le sigle anime -  e Uchuu Senkan Yamato eseguito al Koto andava oltre ogni mio più audace sogno - ma anche perché eseguire brani per strumenti occidentali al Koto è tutt'altro che semplice e richiede davvero molta maestria. Non tutti forse sanno che la musica tradizionale giapponese è basata su un sistema di cinque note, invece di sette, e per compensare i due suoni mancanti si rende necessario giocare con i toni. Probabilmente non è il modo migliore di esprimere il concetto...non vogliatemene, non sono un musicista e il discorso è più complesso delle mie competenze in quest'ambito.

Altro momento culturale notevole è stato sabato pomeriggio la vestizione del kimono in stile Oiran, evento che ha concentrato l'attenzione sia del pubblico sia della stampa (notevole è stata la presenza di reporter e fotografi di webtv e carta stampata). Le Oiran, le più amate e richieste donne di piacere dell'era Edo, erano solite indossare kimono diversi da quelli delle più note Geisha e il rituale di vestizione non è meno affascinante della figura stessa di queste donne di gran classe e cultura. Bisogna precisare che le Oiran non erano infatti semplici prostitute, ma l'elite dei quartieri del piacere; donne per cui sia nobili sia ricchi mercanti hanno dilapidato intere fortune nel corteggiamento. Corteggiamento per altro senza alcuna garanzia, in quanto le Oiran erano le uniche prostitute a cui era concesso di dire no a un cliente che non gradissero, anche se aveva sborsato un patrimonio.

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La caratteristica che più salta all'occhio dell'abbigliamento Oiran è la posizione dell'Obi. A differenza dell'uso più diffuso di legare l'Obi sulla schiena, la Oiran lo porta davanti.
Anche i colori e i richiami sono particolari. Descrivere l'evento richiederebbe un reportage a sé stante - e non escludo che lo farò - in quanto è davvero lungo e complesso: anche se non sembra, sono numerose vesti e nastri indossati uno sull'altro. Non era una semplice coreografia avere un seguito ad accompagnare la Oiran, quando camminava per le strade dei quartieri del piacere: i movimenti erano resi molto difficili dalle vesti, ma anche dai sandali le cui suole erano alte 25-30 cm.

In definitiva è stato un bellissimo weekend e mi auguro che la prossima edizione sia altrettanto valida o migliore, cosa sempre possibile.

Ricordo a tutti che se il Matsuri è finito, il Milano Manga Festival continua fino al 2 giugno con workshop, proiezioni, anteprime di film che difficilmente avrete occasione di rivedere e concerti tra cui quello di Cristina D'Avena la sera del 30 maggio.