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Recentemente girando per la Rete, mi sono imbattuta in una notizia che mi ha molto colpito. Il sindaco di Osaka, il signor Toru Hashimoto, ha lanciato una controversa campagna contro i dipendenti comunali tatuati. Ha infatti chiesto loro di compilare diversi documenti per attestare la presenza o meno di tatuaggi sul loro corpo, la loro dimensione, il punto in cui sono stati eseguiti e il soggetto degli stessi. Questa decisione ha suscitato diverse proteste per la palese violazione della privacy e, complice il web, critiche e un certo scetticismo da parte dei paesi occidentali dove i tatuaggi sono sempre più accettati. Ma c'è da considerare che in Giappone il tatuaggio ha alle sue spalle una storia alquanto complicata e anche l'opera del miglior maestro in questo campo verrà vista con disapprovazione, sarà fonte di commenti offensivi e negherà l'accesso a diversi luoghi pubblici, primi fra tutti le terme e il fatto di essere turisti stranieri non vi salverà: ben lo sa uno dei partecipanti al 4 viaggio di Animeclick.it.
Ma come mai questo atteggiamento verso un'arte che ha radici molto antiche e una tecnica particolare? Vediamo di scoprire assieme il misterioso, affascinante e pericoloso mondo del tatuaggio giapponese!

Storia dell'Irezumi, il tatuaggio giapponese

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L'origine dei tatuaggi giapponesi è molto antica: le prime apparizioni sembrano risalire al periodo Yayoi (300 AC-300 DC). Ma già nei secoli successivi, con l'apertura del paese verso il continente, arrivò dalla Cina la pratica di marchiare i criminali con strisce nere sulle braccia (bokukei) o addirittura con l'ideogramma della parola “cane” impresso sulla fronte e ciò non rese certo popolare questa pratica fra le persone comuni.
Fu solo durante il periodo Edo-Tokugawa (1600-1868 DC) che il tatuaggio decorativo entrò a far parte delle arti giapponesi così come è conosciuto oggi, complice anche la nascita della nuova cultura del divertimento e dei quartieri del piacere. In questo ambito spesso il tatuaggio divenne un simbolo delle relazioni d'amore anche fra prostitute e clienti e nacque l'irebokuro, cioè l'applicazione di un punto nero sulla mano, a metà strada tra l’attaccatura del pollice e il polso. In questo modo, quando i due innamorati si fossero stretti la mano, la punta del pollice dell’uno avrebbe toccato il neo tatuato dell’altra e viceversa. Altra tecnica simile era il kishibori, cioè un tatuaggio che univa insieme il nome dell'amato/a all'ideogramma della parola "vita" ma che venne presto soppressa dal regime militare dei Tokugawa che combatteva ogni tipo di individualità.

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Ma fu soprattutto grazie allo sviluppo della xilografia e alla divulgazione della novella cinese Suikoden, che quest'arte subì una vera e propria impennata. In questo romanzo infatti si narrava una storia di coraggio e ribellione e le stampe che raccontavano queste gesta pullulavano di uomini dai corpi riccamente decorati di dragoni, fiori, tigri feroci ed immagini religiose. Il successo della novella fu tale che moltissime persone richiesero tatoo simili a quelli degli eroi delle illustrazioni, primi fra tutti i pompieri di Edo (l'attuale Tokyo). Essi infatti, dovendo controllare costantemente la città contro gli incendi (essendo tutto costruito in legno, il fuoco era un vero problema), condividevano valori molto simili a quelli della cavalleria dei personaggi di Suikoden. Quindi per emulare i loro eroi, iniziarono a farsi tatuare tutto il corpo, lasciando liberi solo mani, testa e piedi e i temi rappresentati erano di solito simboli di acqua (come la carpa o il dragone) come buon auspicio contro i pericoli del lavoro.
Fu durante il periodo Meiji (1868-1912) con l'apertura verso l'Occidente che l'Irezumi venne di nuovo osteggiato: il governo infatti voleva proteggere l'immagine della nazione agli occhi degli stranieri, quindi il tatuaggio venne relegato in soffitta e tornò appannaggio della criminalità. Fu reso legale solo dopo la II Guerra Mondiale, anche se ormai i veri maestri tatuatori erano sempre meno e l'associazione con la Yakuza, la mafia giapponese, difficile da estirpare.

La tecnica dietro all'Irezumi

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Il tatuaggio giapponese è eseguito attraverso una tecnica e con uno spirito molto diversi rispetto a quelli occidentali. Innanzitutto l'Irezumi ama gli ampi spazi. Un tatuaggio piccolo in stile giapponese non è una buona cosa e per dare il meglio di sé ha bisogno di grandi porzioni di pelle. La tecnica è molto particolare e molto dolorosa, tanto che si dice che per tatuare alcune parti del corpo, come inguine, ascelle o pene, alcuni Maestri mischiassero della cocaina nel colore come anestetizzante. Il Maestro tatuatore utilizza vari tipi di hari, cioè di aghi, che variano da punta a singolo ago a punta a trenta aghi e sono fissati ad un’impugnatura in legno, avorio o bambù. Quando inizia il suo lavoro, il Maestro appoggia la sua mano sinistra sulla parte del corpo da tatuare, tenendo un pennello e tirando la pelle, mentre la destra impugna gli aghi legati all’apposito manico. In questo modo gli aghi, prima di bucare la pelle, passano attraverso i peli del pennello, impregnandosi di colore. La pelle è così punta con gli aghi intinti di inchiostro a una velocità che può arrivare fino a 120 colpi al minuto.

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Ma ad essere particolare non è solo la tecnica: esiste un complesso e rigido cerimoniale a cui sia il Maestro che il cliente devono sottostare. Si inizia con una visita del cliente a casa del Maestro che, prima di iniziare, parla con il futuro tatuato, cercando di capire quali siano le reali motivazioni dietro a questa decisione. Se la spiegazione non dovesse soddisfare il Maestro, non se ne farà niente. Molti sono infatti i rifiuti perché i Maestri non vogliono creare opere che possano rovinare la loro reputazione e la loro arte. Inoltre l'esecuzione di un Irezumi richiede tempi molto lunghi e grosse quantità di denaro. Per farvi un’idea, per un tipico tatuaggio su braccia, schiena, parte superiore delle gambe e del torace, può volerci da uno a cinque anni, con una seduta ogni settimana, ed un costo che può superare di molto i 25.000 euro. Una volta finito, l’artista pone la sua firma, di solito sul retro, in uno spazio appositamente riservato.

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Uno dei più grandi Maestri giapponesi ancora in vita è Horiyoshi III. Nato nel 1943, il suo vero nome è Yoshihito Nakano, ma è conosciuto nell’ambiente con il suo titolo onorifico, Horiyoshi appunto (Hori vuol dire infatti incidere). Egli è famoso soprattutto per i suoi splendidi corpi interamente rivestiti di disegni intricati. Se ci si reca a Tokyo e si vogliono ammirare alcuni lavori di Horiyoshi III, un luogo da visitare assolutamente è il “Museo del Tatuaggio” di Yokohama. Ma se non avete in mente di partire e volete farvi un’idea del lavoro del Maestro, questo video potrà soddisfare la vostra curiosità.



Tatuaggio=Yakuza=Criminale


Yakuza è il nome della storica organizzazione criminale giapponese, suddivisa a sua volta in Boryokudan cioè bande rivali o clan. I loro appartenenti a volte le definiscono ninkyo dantai traducibile come "onorata società". La sua origine non è rintracciabile con precisione, ma sembra nasca da varie organizzazioni legali o semi-legali dell'era feudale giapponese. Il nome invece deriva da tre numeri, 8-9-3, che si pronunciano appunto ya-ku-za, che costituivano il punteggio più basso di un gioco di carte, l'Oicho-Kabu, proprio perché uno degli originali campi d'azione della mafia giapponese era il settore del gioco.

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Ora invece le attività illegali si sono evolute in speculazioni finanziarie e immobiliari, traffico di droga e armi, estorsioni, gioco d'azzardo (soprattutto il pachinko), sfruttamento della prostituzione, e infiltrazione nelle attività aziendali. Il segno distintivo dei membri della Yakuza sono appunto i grandi tatuaggi che tutti gli affiliati si fanno eseguire ma che di solito nascondono; sono come codici segreti che risalgono alla storia dei samurai. Guerrieri violenti, immagini dell’inferno, prostitute e predatori (dalle tigri ai draghi) sono alcuni dei temi classici tatuati sui corpi degli yakuza. Gli horimono, questo il nome di questi tatuaggi tradizionali, non sono solo un simbolo di appartenenza, ma anche di coraggio e resistenza al dolore. Nessun gruppo criminale al mondo è più strettamente identificato con i tatuaggi e il Giappone conta 80.000 elementi facenti parte di questa casta. La loro esistenza è nota al grande pubblico e molti dei loro non temono di rendersi identificabili da tutti, vestendo in maniera appariscente ed esprimendosi con un gergo peculiare.

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Quindi per il comune uomo giapponese, l’equazione è semplice: una persona che esibisce tatuaggi sul suo corpo appartiene alla Yakuza, quindi fa parte della criminalità organizzata, quindi non è persona gradita e per evitare discussioni e qualunque cosa che possa turbare l’armonia non verrà ammessa in numerosi luoghi, come le terme e i bagni pubblici.
Questo vale anche se è palese la non appartenza alla Yakuza: a settembre in Hokkaido è stato vietato l'ingresso ad una decina di persone di etnia Maori, in visita nella città di Biratori per una conferenza sulle lingue indigene, per il fatto che avevano sul viso il Ta Moko, il tatuaggio tradizionale neozelandese che copre mento e labbra.
Perciò chi ha tatuaggi per semplice passione, tende a portarli in segreto e a questo scopo, esiste una tradizionale “tuta” tatuata che ricopre braccia, schiena, gambe e petto, ma che lascia una parte pulita al centro del petto, permettendo di indossare camicie senza mostrare il tatuaggio. Purtroppo l’antica arte dell’Irezumi si sta via via estinguendo, poiché i maestri che conoscono le antiche tecniche stanno scomparendo e i giovani preferiscono utilizzare macchinari moderni.

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Pur non essendo (ancora) tatuata, trovo che sia un vero peccato se dovesse perdersi un’arte del genere. E voi? Amate i tatuaggi? Ne avete? Oppure li trovate disdicevoli?

Fonti consultate:
www.giapponizzati.com
www.enatatatoo.jimdo.com
www.fiftyfour.it
www.tuttotattoo.com
www.japancoolture.com
www.puntoj.it
www.japandailypress.com/