Negli ultimi anni in più di in occasione ci si è interrogati sulla natura dei manga lolicon, ed in particolare ci si è chiesti se le forme sessualmente esplicite di tale genere siano in qualche modo assimilabili alla pornografia minorile.

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Per dare una risposta a tale domanda, è innanzitutto opportuno precisare che la tematica della pornografia virtuale è tutto sommato una novità all'interno del nostro ordinamento, dato che, non essendosi proprio posto il problema all'epoca di redazione del codice penale (1930), solo in tempi più recenti, ed in particolare nel 2006, il Legislatore italiano ha sentito il bisogno di disciplinare una fattispecie che sino a quel momento era pacificamente irrilevante dal punto di vista penale (Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali).

Il risultato di questo intervento legislativo è stato l'introduzione nel codice penale dell'art. 600-quater 1, il quale, rubricato "Pornografia virtuale", stabilisce che "Le disposizioni di cui agli articoli 600-ter [reato di pornografia minorile] e 600-quater [reato di detenzione di materiale pornografico] si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo" e che "Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali".

Ovviamente, se la legge fosse chiara non vi sarebbe motivo alcuno di discussione, perché a quest'ora la soluzione al quesito iniziale sarebbe già nota, ma, come spesso capita quando si tratta di leggi, l'art. 600 quater 1 c.p. è una di quelle tipiche situazioni in cui la fattispecie descritta è tutt'altro che chiara (eh si che c'è pure la spiegazione!).

In effetti, limitandosi ad un'interpretazione letterale del testo della norma la conclusione più logica sarebbe quella di far ricadere le immagini hentai lolicon nella fattispecie di reato prevista dall'art. 600 quater 1, tuttavia è necessario ricordare che ogni frase è collocata all'interno di un contesto più ampio fatto di principi e regole generali, e proprio rifacendosi ad essi il Tribunale di Milano ha fornito una risposta all'annoso quesito iniziale.

In tale sentenza, i giudici milanesi osservano che "Da una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 600, quater.1, c.p., si evince infatti che il bene giudico tutelato dalla norma incriminatrice della pornografia virtuale, collocata tra i delitti contro la persona, è lo sviluppo morale, sociale e psico-fisico del minore, la cui immagine sia stata fittiziamente associata a contesti sessuali, e non già la moralità pubblica o il buon costume. Ne consegue pertanto che il materiale pornografico oggetto delle condotte incriminate dall'art. 600 quater.1. c.p. deve rappresentare necessariamente, anche se solo in parte, l'immagine di un minore reale (ad es., il viso, associato a un corpo virtuale), e che, per contro, devono essere esclusi dalla previsione normativa i disegni pornografici, compresi i cartoni animati, che rappresentino esclusivamente bambini e adolescenti di fantasia" (Trib. Milano, 11-11-2010, fonte Corriere del Merito, 2011, 5, 501).

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Per i giudici milanesi, dunque, i lolicon, anche se sessualmente espliciti, non possono essere assimilati in alcun modo alla pornografia minorile, e la detenzione e il commercio degli stessi non costituiscono condotte perseguibili dal punto di vista penale.

Tale conclusione appare pienamente condivisibile, perché, a prescindere da valutazioni etico/morali, è bene ricordare che ogni norma penale presuppone alla sua base un bene giuridico meritevole di tutela, e che il ricorso a sanzioni pesanti, come ad esempio la privazione della libertà personale, rappresenta pur sempre un'extrema ratio. Proprio per tale ragione alcuna logica può essere rintracciata nel sanzionare con la reclusione da uno a cinque anni una persona la cui unica colpa è possedere manga lolicon, tanto più che appare oggettivamente difficile comprendere persino quale bene giuridico possa essere leso da tale condotta.