Amo i pirati da quando ero bambino e avrei voluto essere uno di loro. I pirati attraversano i mari come vogliono, senza avere nessuno che li comandi. Per loro i concetti come nazionalità, confini o età, non hanno alcun significato. Ad attrarli è la libertà. Anche da piccolo sapevo che il teschio e le ossa che sono sulla loro bandiera non servono a spaventare la gente, ma rappresentano la determinazione a battersi fino a che di loro non restano che le ossa

Leiji Mastumoto

locandina

Che ruolo può avere ancora oggi Capitan Harlock, il pirata dello spazio nato dalla fervida fantasia di Leiji Mastumoto (famoso anche per  "La corazzata Yamato" e "Galaxy Express 999") e divenuto ben presto simbolo di ribellione, quasi di anarchia? Un personaggio che, travalicando i ristretti confini del fumetto o della serie animata, è diventato lo specchio di un'epoca, quella degli anni settanta, travagliata ma colma di speranze e di desiderio di cambiamento al punto tale che, in Francia, la generazione dei trenta/quarantenni viene ancora oggi denominata “generazione Albator”, dal nome che Harlock aveva assunto nella seguitissima edizione d’oltralpe.

Partendo da questo la Toei Animation, vecchia fabbrica di sogni, ha deciso di affidare proprio al film Space Pirate Captain Harlock l'ambizioso tentativo dell’affermazione internazionale lanciando il guanto di sfida ai colossi dell'animazione made in U.S.A.
L’idea base da cui si è deciso di partire è stata quella di sfruttare il grande appeal dei personaggi dei manga giapponesi unendola a quanto di meglio possa offrire la tecnologia oggi nell'animazione, un settore in cui il Giappone intende ancora stupire.

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Avendo optato alla fine per un film in computer grafica, tecnica prediletta da tempo dalle produzioni a stelle e strisce, la produzione non poteva che affidarne la regia a Shinji Aramaki, tra i migliori interpreti odierni della CG in salsa nipponica, colui che, grazie al successo commerciale dei due film di “Appleseed”, è riuscito ad arrivare fino ad Hollywood.
Questa scelta ha però rischiato che il film cadesse in parte in quelli che erano stati proprio i limiti di "Appleseed”, cioè una storia troppo nei canoni classici del film d'azione fantascientifico americano, con tanto di complotti, battaglia finale e tanta banalità.

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In effetti gli omaggi alla filmografia fantascientifica occidentale, con un occhio di riguardo per Star Wars, sono piuttosto evidenti, ma questa volta Aramaki, almeno dal punto di vista puramente tecnico, è riuscito, a mio avviso quasi del tutto, a compiere la non facile missione che si era preposto: rimanere fedele all'iconografia storica dei personaggi del manga nonostante la scelta di uno stile fotorealistico.
Per il lavoro di rendering (cioè la visualizzazione di informazioni digitali come i riflessi calcolati e i movimenti dei personaggi), la produzione del film ha utilizzato il nuovo programma Arnold Renderer, ottenendo un’espressività davvero stupefacente. Ero infatti piuttosto scettico dato che buona parte dei film giapponesi in CG ci offrivano dei personaggi davvero inespressivi e poco realistici, ma, di fronte alla resa in questo film, mi sono dovuto ricredere. Questo è stato infatti il primo titolo cinematografico in Giappone ad impiegare Faceware, un sistema straordinario di facial capture in grado di catturare le espressioni del volto degli attori in tempo reale, già usato negli U.S.A. per il film “Lo Hobbit”.
Due componenti importanti del mito di Harlock hanno poi beneficiato di un occhio di riguardo: il mantello, animato come se fosse un personaggio a parte, in grado di simboleggiare lo stato d’animo del Capitano, e l’invincibile nave pirata Arcadia.
Quest’ultima ha un’aspetto più dark rispetto all’originale, in sintonia con la natura “maledetta” con cui questa sceneggiatura legge il personaggio di Harlock, ma credo che i fan di ogni età avranno poco da ridire a riguardo: davvero spettacolare al primo impatto.

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Dal punto di vista tecnico quindi, si deve ammettere che questo film è una vera gioia per gli occhi ma possiamo definirlo riuscito anche dal punto di vista della trama?
Il compito di rendere attuale il personaggio di Harlock è stato affidato allo scrittore Harutoshi Fukui, apprezzato autore di fantascienza, che ha deciso di puntare su un film che fosse una “rivisitazione” più che un remake o una riproposizione di quanto già visto e letto, proponendoci un eroe iconico che però è preda di non poche angosce e ripensamenti.
Volevamo fare un passo indietro ed analizzare Harlock come personaggio. Viviamo in un’epoca talmente complessa che non potevamo limitarci alla sua dimensione originaria, cioè il cupo eroe solitario che nasconde un’ombra del suo passato.” ha spiegato Kiyoto Takeuchi, co-autore della sceneggiatura.
I bimbi di un tempo potranno così rivedere i personaggi conosciuti e amati, come anche alcuni riferimenti alle varie opere matsumotiane con Harlock come protagonista, ma, per l'appunto, rivisitati in una storia nuova, che si sforza di mantenere una certa fedeltà agli ideali per cui il pirata spaziale aveva alzato la sua bandiera nell'ormai lontano 1976.
Niente di nuovo, chi conosce i personaggi di Mastumoto sa che questo è già capitato più volte in passato. L'universo narrativo dell'artista (chiamato Leijiverso) è sempre stato indipendente da logica e coerenza narrativa: l'autore reinventava ogni volta i suoi personaggi, facendoli quasi sembrare attori veri alle prese con copioni differenti.
In questo film Harlock non affronta minacce aliene, bensì un'umanissima e corrotta coalizione che distorce l'informazione per il suo tornaconto in quella che dovrebbe essere una denuncia, forse però troppo velata, alla politica del Giappone di oggi.

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La trama è piuttosto lineare.
Anno 2977. Il pianeta Terra, ormai abbandonato da centinaia d'anni da una popolazione troppo numerosa per contenerlo, è diventato un luogo inviolabile e quasi sacro, mantenuto tale con pugno di ferro e fermezza militare dalla coalizione Gaia. Ad essa si contrappone Capitan Harlock e la sua ciurma a bordo dell'Arcadia, a cui si è appena aggiunto un nuovo elemento: Yama, il cui compito segreto è quello di uccidere il Capitano.

In questo contesto Harlock dovrebbe assurgere al ruolo di ideale forza trainante di un gruppo che fa della lotta al sistema il suo credo, ma, è proprio qui che il film non convince in pieno: che sia tra battaglie stellari ed esplosioni o durante i momenti più tranquilli del film, Harlock appare molte volte solo sullo sfondo, quasi un fantasma prigioniero del suo stesso mito.
In alcuni frangenti allo spettatore sembrerà non essere neanche lui il vero protagonista della storia!
Quando sembra però sul punto di cedere ad una fine che sembra inevitabile, forse addirittura desiderata, l'oscuro Capitano, anche se limitato dalla struttura di un film nato per essere un blockbuster, riuscirà a far giungere comunque il suo messaggio allo spettatore.
Essere un simbolo significa avere un fardello davvero pesante da sostenere ma sono proprio i simboli che con il loro esempio danno la forza all'umanità per lottare e non arrendersi, ecco perché quindi “ci dovrà sempre essere un Capitan Harlock”, per noi bimbi di ieri come per quelli di oggi, nella speranza che almeno qualcuno decida di aprire i propri occhi, smettendo di guardare la "realtà" con quelli di altri.
Le ultime considerazioni sono per l'edizione italiana del film e non possono che essere positive. Ottimo il doppiaggio con una menzione speciale per Gianfranco Miranda: la voce del suo Harlock esprime in pieno il calore e la forza del leader carismatico. Buono anche l'adattamento, che non scontenterà i fan più incalliti delle avventure del pirata delle stelle.

Il film Capitan Harlock risulta, in conclusione, davvero quanto di meglio la CG ha oggi da offrire al cinema, pur non snaturando la figura epica del personaggio di Matsumoto. La pellicola è però nata per una distribuzione internazionale e non è quindi esente da richiami ad un certo modo di intendere la fantascienza tipicamente americana. Non delude nel messaggio che intende offrire allo spettatore ma non è in grado di raggiungere la vena anarchica dell’originale. Dal punto di vista del puro intrattenimento lo spettatore resterà soddisfatto da questa pellicola. Un mito di molti bambini di ieri riproposto in grande stile al cinema e che riesce a non sfigurare neanche di fronte al più moderno dei 3D.