La vita dell’animatore è davvero dura, avevamo affrontato già l’argomento qualche tempo fa nell'articolo Animatore in Giappone: un sogno da 2 dollari l'ora, ora il tema torna più che mai attuale e scuote l’opinione pubblica nipponica, intenta a parlare del suicidio di un membro dello staff del famoso studio di animazione A-1 Pictures.

L’argomento è di grande interesse giuridico e sociale poiché si riconosce per la prima volta la relazione di causa effetto tra eccessivo sfruttamento di un animatore e il suo conseguente suicidio, attribuendo alla famiglia indennizzi per morte del lavoratore causata dall'infortunio o dalla malattia professionale, aprendo altresì alle azioni risarcitorie avverso le società datrici di lavoro.

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Nel caso specifico il difensore legale della famiglia del defunto ha annunciato pubblicamente che, a seguito di un’indagine dell’ispettorato del lavoro di Shinjuku (Tokyo), è stato rilevato un nesso causale tra lo sfruttamento eccessivo sul posto del lavoro dell’animatore, la sua depressione e il conseguente suicidio, avvenuto nell’ottobre 2010. Secondo quanto dichiarato dell’avvocato, il 28enne suicida ha lavorato a tempo pieno presso l’A-1 Pictures dal 2006 al 2009, nel triennio i cartellini di presenza sono stati manomessi della società al ribasso, facendo figurare un monte ore lavorative inferiore a quello realmente lavorato, che raggiungeva le 600 mensili, come suffragato da informazioni acquisite interrogando i medici che seguivano lo staff e da annotazioni su agende personali del suicida. Inoltre gli straordinari non venivano retribuiti.

La famiglia del defunto riceverà un indennizzo da ricomprendere nella materia degli infortuni sul lavoro, la depressione è considertata come un malattia professionale e l'avvocato ha così commentato la decisione dell'autorità amministrativa: “ Le condizioni di lavoro disumane rappresentano già da tempo una piaga per il settore dell’animazione, il governo giapponese spinge le società coinvolte a presentare una facciata di 'Cool Japan' a livello internazionale, ma in verità finisce per esportare prodotti frutto “sweatshops” (fabbricche sfruttatrici che violano i diritti dei lavoratori e i loro diritti umani). Ora più che mai è indispensabile che l’industria dell’animazione crei un ambiente di lavoro più decente ed umano.” Tale configurazione apre la via a pretese risarcitorie nei confronti dello studio di animazione tramite la via giudiziaria.

L’A-1 Pictures ha rilasciato la seguente dichiarazione ufficiale: "Se la decisione è vera, giunge inaspettata e non prossimo rilasciare commenti nel merito, anche perché le motivazioni della decisione ci paiono poco chiare”.

Dal canto suo il regista Daiki Nishimura (School Rumble, Valvrave the Liberator) ha commentato la situazione su Twitter: "A-1 Pictures non ha colpe... lo stato attuale di tutto il settore, che include the A-1 Pictures, è da ritenere responsabile dell’accaduto. Far cadere tutte le colpe solamente sull’A-1 Pictures è un errore". Il regista continua descrivendo le precarie condizioni in cui lavorano gli animatori e confessa che egli stesso, in un periodo della sua vita, era caduto nel tunnel della depressione proprio a causa dell’eccessivo carico di lavoro.


Fonti Consultate:
Anime News Network
japan-press