È scientificamente provato che odori, sapori e suoni sono in grado di rievocare istantaneamente ricordi ed emozioni con un'estrema intensità.
Questo perché attivano una parte del cervello legata in maniera molto profonda alla parte più primitiva ed istintiva di noi. Un profumo, una pietanza o una melodia possono trasportaci immediatamente in un altro tempo e in un altro luogo. Un oggetto che può avere questa funzione (e non solo) è il Furin.

Il termine furin è composto dagli ideogrammi di "hu" (che vuol dire "vento") e di "rin" (che significa "campana") e quindi assume in italiano il significato di "campanella al vento".
La pronuncia esatta è fuurin e sarebbe meglio evitare la pronuncia "furin" con una sola "u" altrimenti il termine cambia il suo significato in "immoralità".
 

Il furin è stato introdotto in Giappone dalla Cina secoli fa, tanto che se ne ritrova traccia in ogni genere di opera artistica o fonte storica sin dal periodo Heian. Inizialmente si pensava che potesse tenere lontani gli spiriti malevoli dai luoghi abitati.
Il monaco buddista Honen Shonin (1133-1212) di Kamakura lo definì "tesoro nazionale", per il suo supposto potere benefico, mentre almeno fin dal periodo Muromachi (1333-1568) il suo suono gradevole fu associato all'estate.

Infatti è proprio in questa stagione, la più calda ed umida del paese, che i furin sono appesi e lasciati tintinnare al vento, producendo un suono che pervade le campagne ed i centri più piccoli, ma anche le metropoli.
Grazie al forte attaccamento dei Giapponesi nei confronti delle loro tradizioni, non sarebbe estate senza i suoi rumori caratteristici: quelli generati appunto dai furin, insieme all'onnipresente frinire delle cicale ed ai botti dei fuochi artificiali che punteggiano i cieli notturni durante i matsuri.
 

Inoltre il furin, non ha solo una funzione decorativa: si ritiene infatti che, grazie al suo suono molto delicato, renda il caldo afoso dell'estate meno pesante ed opprimente e allontani gli insetti.
Ne esistono poi anche alcuni molto particolari che sono usati con una funzione meteorologica: con essi si studiano i venti, fenomeno molto rilevante nelle isole giapponesi, data l'alta densità di tifoni ed eventi atmosferici simili dovuti al clima sub-tropicale.

I furin di solito sono appesi alle grondaie ed agli infissi delle abitazioni, ma anche alle verande e nei portici di queste o degli esercizi commerciali; si usa inoltre farli pendere ai rami più bassi degli alberi.
Questa estrema diffusione però ha obbligato numerosi centri urbani ad emettere ordinanze per regolarne l'utilizzo, soprattutto durante la notte e in caso di maltempo.
 

Il furin è tradizionalmente costituito da un involucro tondeggiante (all'inizio di ghisa, ora sempre più spesso di vetro, ceramica, porcellana ma anche di legno, PVC e bamboo) con un bordo irregolare che permette variazioni sonore quando è colpito in vari punti.
Da esso pendono uno o più tubicini (di acciaio, alluminio, ottone, altri tipi di metalli e legno) che, al soffiare del vento, producono uno scampanellio molto caratteristico e dipendente anche a seconda del materiale di cui sono fatti.

Dai tubicini, inoltre, pende una strisciolina di carta di riso (tanzaku), ma anche di altri tessuti, su cui sono raffigurati volute, onde, piccoli pesci rossi, erbe o insetti, ma anche paesaggi, frasi o scritte di vario genere che richiamano particolari legati alla tradizione giapponese come: matsuri, matsu, fugu, tsurigane, ecc.
Se all'inizio erano di realizzazione artigianale, solitamente pezzi unici, oggigiorno si producono soprattutto in serie.
 

Restano però ancora pochi artigiani che continuano la tradizione: a Tokyo esiste un laboratorio, lo Shinohara Furin Hompo, dove vengono fatti a mano gli Edo Furin, i più antichi furin di vetro soffiato. Si chiamano così perché fu proprio nel periodo Edo che nella capitale degli shogun iniziarono ad essere fabbricati.
All’epoca, infatti, il procedimento della soffiatura del vetro era una novità in Giappone e possedere un oggetto in questa materia così fine e leggera diventò una moda molto apprezzata.

Il gestore dello studio, Yoshiharu Shinohara, è stato insignito nel 2004 della cittadinanza onoraria di Tokyo per le sue realizzazioni e il suo contributo nello sviluppare l'abilità dell'artigiano di Edo. L'artigiano soffia la palla di vetro a mezz'aria (come fanno i nostri mastri vetrai) utilizzando dei tubi di vetro fuso, poi taglia la forma e lo vernicia dall'interno.
La bocca della campana è volutamente robusta in modo da ottenere un suono migliore, che è anche la sua peculiarità.
Qui di seguito potete ammirare l'abilità dell'artigiano nel costruire un oggetto tanto semplice quanto artistico.
 


Fonti consultate:
Wikipedia
Japannotes
RossellaMarangoni