Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento al cinema, con i film Lamù - Only YouSi alza il vento e Puella magi Madoka magica - La storia della ribellione.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Molti registi legati alle serie TV, quando debuttano al cinema, lo fanno con dei film celebrativi. Non sono pochi i grandi nomi esordienti al cinema con tali opere, come Hayao Miyazaki o Kunihiko Ikuhara, e a questa regola non sfugge neanche colui che sarà destinato a divenire il più grande regista della Storia dell'animazione, Mamoru Oshii. Quest'ultimo a inizio degli anni '80 era il regista titolare della serie TV "Lamù - La ragazza dello Spazio", tratta dall'omonimo manga di Rumiko Takahashi, opera demenziale e un po' stupidotta per il genio di tale autore, il quale vi lavora apportando numerose licenze artistiche per esprimere le tematiche a lui care. Visti gli strepitosi dati di ascolti, i tempi sono oramai maturi per il debutto cinematografico: esce "Lamù - Only You", proiettato nelle sale giapponesi nel 1983.

La storia è semplice: nell'infanzia Ataru, mentre giocava a rincorrersi con una piccola coetanea di nome Elle, principessa di un pianeta remoto, calpesta volontariamente l'ombra della bambina e ciò, secondo le tradizioni del popolo di Elle, significa che è destinato a sposarla. Passano molti anni da tale avvenimento ma tutto scorre tranquillamente al liceo Tomobiki, finché una strana di partecipazione di nozze inviata a tutti i compagni di Ataru li invita al matrimonio che si terrà tra quest'ultimo e la regina Elle. Il ragazzo naturalmente è felicissimo di questa notizia ed è pronto a partire per lo spazio, però Lamù, dopo essersi ripresa dalla tristezza per l'insensibilità del suo "tesoruccio", non è assolutamente intenzionata a lasciarlo partire.

Dalle fonti che ci sono giunte sembra che Oshii avesse in mente di realizzare "Beautiful Dreamer" come suo primo film, ma la produzione respinge la sua idea costringendolo a realizzare un film molto più convenzionale e imponendo molte la volte la riscrittura della storia. In effetti la sceneggiatura (scritta a quattro mani con Tomoko Konparu) è "robetta di serie C", anche se presenta degli spunti interessanti che la elevano dalla media dei copioni dei film celebrativi - che vanno, narrativamente, dall'orribile al mediocre perlopiù. In sostanza, "Only You" è un film nato come frutto di un compromesso tra la vocazione commerciale voluta dallo Studio Pierrot e quella autorale di Oshii, però il risultato alla fine non è per niente malvagio, anche perché gli spezzoni musicali non voluti da lui e imposti dall'alto funzionano, e il troppo caos per via dell'alto numeri di personaggi risulta comunque accettabile visto lo spirito anarchico alla base di tale opera.
Nonostante i compromessi, il regista resta il pur sempre giovane Oshii, il quale tenta di insinuarsi nelle pieghe della sceneggiatura per far emergere le sequenze più conformi ai temi a lui cari. In questo film l'autore esplica per la prima volta uno dei pilastri della sua poetica, "la circolarità dello spazio-tempo". Il film inizia e si può dire che praticamente finisca al medesimo modo, con una bella quanto suggestiva sequenza nei ricordi del passato, dove degli Ataru e la regina Elle adulti vedono e interagiscono con i loro sé stessi del passato. Non importa che la scena sia impossibile (ricordiamoci che Lamù è un'opera demenziale), perché nel cinema contano soprattutto le idee visive di realizzazione, e il talento di tale autore in ciò è sotto gli occhi di tutti.
Anche nella sua opera più commerciale il regista ci fa comprendere come sia inutile guardare verso il futuro, perché tutto è stato già detto nel passato, il quale contribuisce a formare la nostra personalità, destinata a restare fissa e immutabile. Se per Ataru, Lamù e compagni questo significa continuare nella loro anarchica allegria, la regina Elle invece manterrà il suo freddo quanto gelido carattere, accentuato alla fine del film da un cinismo di fondo per via dalla delusione derivatole; tanto che Oshii sottolineerà ciò con una camera fissa in primo piano, atta cogliere la vacuità dello sguardo disilluso della ragazza.

Non vale la pena soffermarsi troppo sulla regia complessiva del film, poiché si resta molto ancorati a uno stile televisivo, anche se il regista riesce ad azzeccare il tempo di tutte le battute, che, seppur delle volte (molto rare) non risultano esilaranti, provocano comunque un leggero sorriso nello spettatore. A un'attenta esegesi tecnica, possiamo ritrovare abbozzati gli elementi tipici della regia di Oshii nell'uso delle inquadrature colme di "calore" indugianti su Lamù, la cui dolce sensualità (merito anche del "rotondo character design di Akemi Takeda") viene elegantemente enfatizzata insieme al suo dolore struggente messo in primo piano. È, certo, fanservice dettato da esigenze commerciali, il quale però non risulta per niente fastidioso, perché Lamù è sexy senza mai essere volgare nella sua femminilità, al contrario dei blockbuster odierni dove la donna serve soltanto a mostrare le sue grazie che per effettiva utilità narrativa.
Degna di menzione è la fotografia, consistente in luminosi fasci di luce bianca proiettati sul viso dei personaggi per scavare nelle pieghe del loro animo, anche se in tale film quest'ultimo aspetto è appena accennato, ma è utile segnalarlo perché già in "Only You" Oshii pone le basi per l'estetica tipica delle sue opere. Non ha invece alcuna scusante, tanto da essere passibile di denuncia penale, il montaggio del film tremendamente incerto in alcune fasi, sino a divenire imbarazzante in una sequenza (situata a un'ora e sette minuti dall'inizio del film) di dialogo tra Mendo ed Elle, dove improvvisamente Ataru e i suoi compagni si ritrovano "letteralmente" buttati sulla scena.

In sostanza, "Lamù-Only You" risulta a tutt'oggi il peggior film d'animazione di Mamoru Oshii, ma non ci si ritrova affatto innanzi a un film brutto, poiché nonostante il plot sia indubbiamente un episodio allungato, ha dalla sua un ritmo indiavolato (i 100 minuti non si sentono), delle gag spassose, un piccolo spazio (seppur insufficiente) concesso ad ogni personaggio e una bella fotografia molto al di sopra degli standard televisivi.
Il film fortunatamente ha il successo di critica e pubblico (molto raro per l'autore) che meritava, tanto da ricevere gli elogi della stessa autrice del manga. Tutto questo consentirà a Oshii di ottenere totale libertà creativa nella sua opera successiva, "Lamù-Beautiful Dreamer", anche se a tutt'oggi "Only You" resta, dopo il film citato in precedenza, il primo e il secondo "Patlabor", "Lupin III - Il Castello di Cagliostro" e qualche altra pellicola che potrei non rammentare, il miglior film celebrativo di sempre.




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Imponente all'inizio, con una spettacolare trasposizione animata del grande terremoto del Kanto del 1923, il lungometraggio si ritaglia una strada che lo differenzia da tutte le altre produzioni di Miyazaki, perdendo la più classica collocazione di intrattenimento per famiglie e prediligendo una strada più intima e personale, sfociando per diversi aspetti nel biografico. La vicenda è una di quelle che sta a cuore al regista, da sempre appassionato al volo e quindi ai suoi grandi pionieri e protagonisti. Parte così dall'italiano Caproni, per arrivare a raccontare la nascita di quel modello che all'inizio della seconda guerra mondiale era l'avanguardia per l'aviazione del tempo, ovvero il giapponese "Zero". Lo fa a modo suo, concentrandosi sulle vicende umane e sui sogni dei protagonisti, svincolandole dalla cruda realtà e dall'utilizzo che tali mezzi avranno, fatto che comunque dona una nota riflessiva per lo spettatore, in particolare nella parte finale del lungometraggio.

Jiro Horikoshi è un ragazzo che come tanti sogna di diventare un pilota di aereo, ma la sua miopia glielo impedisce. Dirotta quindi le sue aspirazioni verso la loro progettazione, arte nella quale mostra da subito grande propensione. Nonostante le difficoltà, grazie alla dedizione e al lavoro, la vita gli regala l'opportunità che cercava e anche l'amore.

Le cose non sono facili, né banali, né è scontato il lieto fine: sono i motivi che possono rendere la visione interessante. Tuttavia, l'essere interessante non comporta l'essere una visione appassionante e piacevole: su questo aspetto "Si Alza il Vento" presenta qualche incertezza, più marcata in alcune parti, come in quella centrale. Non mancano dei passaggi che ho trovato caratterizzati da un ritmo narrativo troppo letto, che si sofferma su particolari magari interessanti, ma che tolgono una certa fluidità ai climax veri e propri, non sempre sfruttati a dovere. Splendidi gli spaccati onirici che ogni tanto vengono proposti, che staccano da una realtà non sempre rosea come si vorrebbe e colmi di quella magia che tanto apprezzo nelle opere di Miyazaki.
"Si alza il Vento" è anche una storia di amore, o meglio, è soprattutto una storia di amore: vi è l'amore per la progettazione e il più classico amore per una ragazza, che cattura la restante parte del cuore di Jiro. Il loro rapporto viene raccontato mostrando il periodo del loro innamoramento, in modo dolce, semplice e poetico, per poi soffermarsi sulle difficoltà che subentreranno a causa del lavoro, la precaria situazione politica e la malattia. Altrettanto spazio è offerto alla formazione professionale di Jiro, alla sua crescita come progettista e a come ha dato vita al suo capolavoro.

Se Miyazaki sembra concentrarsi nel raccontare soprattutto una storia umana, tuttavia non manca lo spettro di una guerra che, seppur mai mostrata, getta la sua ombra sulle vite dei personaggi e le influenza. Non può far nascere questa situazione un certo spirito di frustrazione e tristezza, esasperati da un finale che accenna all'esito di quella guerra e di quel che resta del lavoro a cui Jiro dato tutto sé stesso.

"Si alza il Vento" lo posso definire interessante, bello sotto tanti aspetti, ma per quel che mi riguarda non appassionante. L'ho visto con piacere, lo consiglio, ma non ha catturato il mio cuore come altri lavori di Miyazaki, ed è questo che voglio ribadire per concludere: sappiate che è un'opera particolare, a suo modo unica, e che va vista con la consapevolezza di quello che vi aspetterà o potrebbe deludervi.




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"Puella Magi Madoka Magica - La storia della Ribellione" è l'ultimo della trilogia di film sequel della serie animata. I primi due, usciti nel 2012, erano film riassuntivi, mentre il terzo, prodotto nel 2013, presenta una storia inedita. E che storia.

Personalmente, ho amato il film, sotto tutti i punti di vista, l'ho guardato cinque volte e lo rifarei ancora, come per la serie. Quest'ultima, come la ricordate? Com'era finita? Un susseguirsi di tristezza e disperazione, mai una risata e pochi momenti felici, che tuttavia terminava con un messaggio di speranza. Madoka non è mai esistita, Sayaka, invece di trasformarsi in una strega, è scomparsa e ha raggiunto l'amica, e le uniche sopravvissute sono Homura, Mami e Kyoko (e non solo Homura in uno scenario apocalittico, come qualcuno ricorda, tant'è che è stato lo stesso Urobuchi ad affermare che le altre non erano morte). Ebbene, all'inizio del film ci ritroviamo con tutte e cinque le maghette, con tanto di Homura con trecce e occhiali, che combattono tutte assieme contro i Nightmare, nuovi nemici spuntati da chissà dove, con trasformazioni coreografate e attacchi con nomi, in pieno stile ragazza magica, estraneo però all'universo di Madoka. E qui tutti si chiedono: "Che è successo? É un sogno per caso? (Tutto il film lo è?!)" Questo è quello che hanno sempre voluto! E infatti la chiave del film è proprio in quest'ultima frase: un universo idilliaco, felice, in cui Homura può vedere Madoka, Kyoko vive a casa di Sayaka e Mami ha un'amichetta che ricorda tanto la strega che le ha mangiato la testa nel terzo episodio... Uno dei punti di forza del film sta proprio nel fatto che lo spettatore non farà che chiedersi che sta succedendo, che dirà, nonostante si tratti di un mondo perfetto, che non è quella la verità - e non sarà il solo - e sarà quindi accompagnato in uno splendido viaggio fino all'ottenimento di quest'ultima: poco a poco i dubbi si scioglieranno e i nodi verranno al pettine, e alla fine capirà - forse un po' confuso - cos'ha ingegnosamente architettato lo sceneggiatore.

Questo cervellotico cammino sarà impreziosito dagli elementi oramai familiari a "Madoka Magica": le musiche della Kajiura, forse non memorabili come quelle della serie - ma di sicuro io non riesco a togliermi dalla testa il suono del carillon e della fisarmonica, tanto in linea con l'atmosfera del film; gli scenari ad opera di Gekidan Inu Curry, che avevano caratterizzato le barriere delle streghe, sono presenti in enorme quantità, giustificata da un punto essenziale della trama, sempre molto simbolici e magnifici; per finire i combattimenti, all'ordine del giorno, realizzati superbamente, e vi sarà impossibile dimenticare quello tra Mami e Homura.

Parliamo ora del finale: non vorrei spoilerare niente, quindi vi do solo un indizio. Mai titolo fu più azzeccato. Urobuchi stesso disse che questo doveva essere il finale dell'intera opera, ma poi ci ha ripensato, regalandoci un finale sorprendente, degno di "Madoka Magica". In molti l'hanno odiato, io l'ho apprezzato, perché assistiamo alla completa rivoluzione di un personaggio, un drastico cambiamento nella sua psicologia più che logico, visto quello che le è successo, che ai miei occhi l'ha reso più affascinante e interessante di prima. Questo è dunque, insieme agli altri sopracitati, un altro aspetto positivo del film. Ovviamente c'è da dire che questo film, come la serie del resto, sia definito da molti "commerciale", e non lo nego: hanno aggiunto un nuovo personaggio, cosicché le maghette siano tutte "accoppiate", ci sono molte scene di fanservice leggermente shoujo-ai per far felici i più appassionati (compresa me), trasformazioni allungate e combattimenti epici realizzati per catturare lo spettatore, nuove - chiamiamole così - "vesti" per produrre action figure. Però il film non è solo questo: è qualcosa di travolgente, appassionante e anche spiazzante, nel senso positivo del termine, che forse solo i veri fan della serie potranno apprezzare, cioè quelli capaci di amare "Madoka Magica" per i suoi pregi e i suoi difetti, e di restare ancora piacevolmente colpiti dai suoi caratteristici colpi di scena.