Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Kill la Kill, La malinconia di Haruhi Suzumiya Love Live.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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7.0/10
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""Sfondamento dei cieli Gurren Lagann" ha fatto un lavoro migliore di "Kill la Kill"".

Come direbbero gli inglesi, l'elefante nella stanza: nei dibattiti legati a "Kill la Kill" aleggia sempre lo spettro del confronto con "Gurren Lagann", un anime che condivide non solo molte scelte stilistiche con "Kill la Kill", ma anche una nutrita parte di staff che ha partecipato ad entrambe le opere. Le similitudini sono così invitanti da scatenare accese discussioni in tutto il web, delineando i difetti dell'anime più recente ("Kill la Kill") e i pregi dell'anime più vecchio ("Gurren Lagann"), per dimostrare come il secondo sia superiore al primo. Come la serie legata ai mecha abbia realizzato un lavoro migliore rispetto a quella relativa ai vestiti.

Ma il confronto è rilevante? No, perché le due serie avevano messaggi e obiettivi diversi da raggiungere: "Kill la Kill" è un anime caotico e frenetico in cui il vero messaggio di fondo è abbracciare la contraddizione. Tutto e niente; vestiti e nudo; bianco e nero; ordine e caos. In contrapposizione e poi in unione nella seconda parte della serie.

La storia getta le premesse per questa realtà: Ryuko Matoi è la nuova iscritta presso il liceo Honnouji, porta con sé una spada la quale è in realtà una delle due lame di una forbice gigante. L'altra metà ce l'ha l'assassino di suo padre, misteriosamente ucciso al ritorno di Ryuko a casa. Satsuki Kiryuin, presidentessa del consiglio studentesco del liceo, sembra saperne qualcosa e Ryuko vuole scoprire a tutti i costi se sia la ragazza la responsabile della morte del suo genitore. Aiutata da Senketsu, un abito in grado di fornirle straordinari poteri in combattimento, Ryuko affronterà mano a mano ogni avversario dotato di ultra-divisa che si frapporrà fra lei e Satsuki, sperando finalmente di far luce sul mistero di suo padre.

Sin dal primo episodio, è uno dei personaggi più complessi di tutto l'anime, se non forse il più complesso di tutta la serie, Satsuki Kiryuin, a pronunciare le parole che simboleggiano la filosofia che l'anime stesso costruisce, disfa e poi ricompone: "La paura è libertà! La sottomissione è liberazione! La contraddizione è verità!".

Affermazioni di chiaro stampo orwelliano che introducono già alle palesi contraddizioni che subito ci vengono presentate: Ryuko deve lottare indossando Senketsu che paradossalmente la protegge meglio riducendosi a un abito striminzito, il quale lascia ben poco all'immaginazione. Ryuko è imbarazzata e più risulta infastidita dal dover combattere in quelle sembianze seminude, più Senketsu non è in grado di liberare il suo vero potere e di permettere alla ragazza di combattere a lungo. E' solo grazie allo scontro fra Junketsu e Satsuki che viene mostrata l'immaturità di Ryuko, il voler credere a un'idea insensata che vede la nudità solo come una situazione in cui sentirsi umiliata. Non solo una velata critica nei confronti del modo di pensare della ragazza, ma anche all'immaturità degli spettatori che vedono negli abiti rivelatori della serie una colpa e non un semplice elemento narrativo. La nudità è un punto focale della serie, prima in contrapposizione con i vestiti e come elemento di cui vergognarsi, poi abbracciata nei punti cruciali, dove i personaggi si spogliano dei vestiti prima di ricongiungersi.

"Kill la Kill", in un vortice di colore, di azione e di personaggi super deformati, prende ogni dicotomia presente nella prima parte per renderle un unico nella seconda: la nudità è sia imbarazzo sia potere; i vestiti definiscono il nostro potere e al tempo stesso limitano; l'ordine è sia libertà sia oppressione; il caos è sia sottomissione sia forza. E sono gli stessi protagonisti, Ryuko e Senketsu, a incarnare alla perfezione l'unione di tutte queste sfaccettature, della complessità che la stessa vita rappresenta. L'ultimo scontro è la dimostrazione di quanto sia importante abbracciare la contraddizione contro la logica della divisione, delle dualità sterili.

Ma la domanda più opprimente, quella che definisce davvero il lavoro della serie, è la seguente: l'anime riesce a trasmettere appieno questo messaggio? O esso rimane seppellito dall'ammontare di tematiche introdotte e da uno stile narrativo troppo esuberante?

La risposta è legata profondamente alla serie: entrambe le cose. Il messaggio è visibile, ma il ritmo al cardiopalma, il numero incredibile di rivelazioni che si riversano in pochissime puntate, le forti personalità dei personaggi e la grafica sgargiante confondono irrimediabilmente persino il pubblico più attento. E' difficile restare concentrati sul contenuto della serie quando ogni cosa è fatta per attirare l'attenzione, difficile seguire tante star intente a contendersi il palco. Se solo la serie avesse cercato di prendere un po' di respiro prima di ritornare all'usuale e caotica velocità, forse sarebbe stata capace di svelare tranquillamente alla prima visione il suo reale intento. Occorre, però, un momento di pausa e una seconda riflessione per comprendere l'altro aspetto dell'anime, per capire quanto non sia solo una serie animata dal facile intrattenimento, ma anche un messaggio relativo all'importanza dell'abbracciare ogni parte del tutto.

Una sbavatura decisamente importante, ma comunque parte indissolubile di "Kill la Kill", una piccola opera che è sia una gemma nel buio, sia un semplice pezzo di stagnola appallottolato.

Sette, perché è sia un buon voto, sia una valutazione mediocre.




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"La malinconia di Haruhi Suzumiya" è un anime di quattordici episodi del 2006, tratto da un'omonima serie di light novel, scritte da Nagaru Tanigawa e illustrate da Noizi Ito. E' prodotto dalla Kyoto Animation.

"Mi chiamo Haruhi Suzumiya e vengo dalla scuola media Higashi. Non nutro il minimo interesse verso i comuni esseri umani: se in questa scuola ci sono alieni, viaggiatori del tempo, creature di altre dimensioni, esper, io li prego di farsi avanti e di venire da me. È tutto."
Con queste parole si presenta ai suoi nuovi compagni la protagonista, il primo giorno di liceo. Irrequieta, stravagante, arrogante e prepotente al limite del sopportabile, costei non nutre alcun interesse per tutto ciò che è comunemente definito come normale, banale, quotidiano. Nella sua continua ricerca dell'assurdo, del misterioso e del fantascientifico, e con la sua inesauribile energia, la bella Haruhi stravolge la tranquilla esistenza di Kyon, suo vicino di banco. Il poveraccio verrà costretto a entrare a far parte del club fondato di punto in bianco dalla sua compagna, la Brigata S.O.S. (acronimo di Sekai wo Oini moriagerutame no Suzumiya Haruhi no dan, ovvero la Brigata di Haruhi Suzumiya per spargere ovunque la simpatia), per poi assistere al reclutamento forzato di tutti quegli studenti e studentesse che Haruhi troverà "particolari" e degni di attenzione.
Questa serie non presenta una vera e propria trama, ma solo una serie di eventi, che vedono gli impotenti membri della Brigata far fronte ai continui capricci e alle insolite trovate della loro presidentessa. Dopo un inizio che faceva presagire una commedia scolastica più o meno esagitata, ben presto si scopre, in realtà, che il mondo ruota attorno a Haruhi, in più di un senso. Si sfocia spesso e volentieri nel sovrannaturale, condito da discorsi complessi e intricati su dimensioni parallele, linee temporali distorte e inquietanti scenari apocalittici, senza però perdere un generale senso di leggerezza che rende la narrazione godibile e scorrevole, nonostante qualche intoppo.

Tra tutti, il personaggio più riuscito è sicuramente Kyon, filtro attraverso il quale percepiamo ogni avvenimento, e che svolge il ruolo di voce narrante. Fin dalla prima puntata ci accompagnerà, con i suoi commenti a volte sarcastici, a volte speranzosi, a volte disillusi, in quello che si configura presto come un roboante conflitto tra la sua assoluta normalità e le eccezionali caratteristiche delle persone da cui si ritroverà circondato e a cui, dopo l'iniziale sorpresa, comincerà a non fare nemmeno più caso.
Egli dimostra anche una grande forza, riuscendo, da solo, a sostenere il peso della responsabilità di essere probabilmente l'unica persona realmente vicina a una creatura straordinaria come Haruhi Suzumiya. Su di lui, inoltre, fanno affidamento gli altri compagni di club, sia per quanto concerne il mantenimento dello stato emotivo di Haruhi in una condizione pacifica, sia per le sconvolgenti informazioni che gli rivelano e su cui deve mantenere il più stretto riserbo.
Haruhi, nonostante dei fastidiosissimi comportamenti che la rendono più simile a un'antagonista che a un personaggio positivo, resta una figura estremamente interessante e complessa. Ho trovato più che intriganti i motivi che l'hanno spinta a rinnegare la banalità del mondo attuale, per arrivare a desiderarne uno molto più divertente e imprevedibile, e che l'hanno resa una persona capace di innescare inarrestabili trasformazioni nell'universo circostante.
Esclusi Kyon e la presidentessa, tutti i restanti componenti della Brigata presentano caratterizzazioni ben definite, sono scarsamente approfonditi psicologicamente e svolgono un ruolo spesso marginale ai fini della trama e dello sviluppo della stessa. Sono sfruttati principalmente ai fini comici e dimostrando raramente una reale incisività, ad eccezione di poche occasioni. Possono quasi essere considerati dei silenziosi spettatori.

Le animazioni sono fluide e improntate a un forte dinamismo. Sono, inoltre, spesso al servizio di uno spudorato e insistente fanservice, la cui causa principale è Haruhi, tendenzialmente priva di pudore e sempre pronta a svestire Mikuru, pudica studentessa del secondo anno dal corpo minuto ma esplosivo, la prima a iscriversi ufficialmente e più o meno volontariamente al club.
Il design dei personaggi è, tutto sommato, caruccio, mentre le ambientazioni sono dettagliate e suggestive, specie quando si entra di prepotenza nell'ambito fantascientifico. Qua e là ci sono sprazzi di CG poco rilevante e realizzati con una certa cura.
La colonna sonora è orecchiabile, specialmente per quanto riguarda l'opening, l'ending e un paio di brani eseguiti da Suzumiya stessa durante il festival della cultura. Buono il doppiaggio italiano, che rende alla perfezione l'espressività e le personalità dei personaggi.
Ho apprezzato quelle particolari scelte registiche adottate in alcuni episodi e anche qualche simpatica citazione.

Gli aspetti negativi de "La Malinconia di Haruhi Suzumiya" sono relativi più che altro a una trama praticamente inesistente, con tanto di finale sconclusionato e un po' deludente (vedrò cosa mi riserva la seconda serie), l'inserimento di episodi che non forniscono nemmeno un po' di introspezione e che presentano i soliti cliché da commedia scolastica alquanto abusati e un ricorso troppo frequente d un fanservice ripetitivo.
Insomma, si tratta di una serie molto valida e ricca di spunti affascinanti, ma che non si capisce dove voglia andare a parare e che non riesce ad esprimere tutta l'originalità che dovrebbe né, tantomeno, ad affrontare efficacemente i temi proposti, specie quelli di carattere più psicologico ed esistenziale.




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"Love Live!" è proprio quel che appare. Alcuni cercheranno di dire il contrario, addurranno timide e labili argomentazioni per dimostrare che dietro alla facciata di questo prodotto esiste qualcosa d'altro, ma, in fondo, anche loro sono ben consci che quest'atteggiamento altro non è che semplice autodifesa, tentativo di scampare le critiche altrui e il giudizio di sé stessi. D'altronde ciò che lo studio Sunrise voleva creare non era certo un'idra a nove teste dagli occhi di Medusa, capace di ipnotizzare milioni di individui sparsi per il globo con faccine moe e sorrisi kawaii; o meglio, probabilmente non pensavano di esserne capaci. Eppure, il simulacro aureo delle nove "μ's", l'idolo pagano cui sempre più adepti rivolgono le loro preghiere, miete vittime più velocemente di un'epidemia di colera in una bidonville.

Ma "Love Live!" in sé non ne ha poi troppe di colpe, ha dato al mercato esattamente quello che il mercato richiedeva, più faccine moe e più sorrisi kawaii; dovranno pur campare anche alla Sunrise. Non sono più i tempi in cui l'otaku medio si accontentava di vedere un ragazzino complessato pilotare un robot in cerca di riscatto, giacché una trama e una sceneggiatura che siano coerenti - originali o innovative sarebbe chiedere troppo - sono facilmente sostituibili, senza eccessivo sforzo intellettuale, da un seno prosperoso in un corpo da lolita, per citare la veneranda "Suzumiya". Comunque, dai, bisogna riconoscerlo, le canzoni sono orecchiabili; forse non carine, ma orecchiabili sì, almeno per la maggior parte, ed è quello che non affossa la serie. Sulle voci qualcosa da ridire ci sarebbe, ma ricadremmo nel circolo vizioso dell'invettiva anti-moe che un po' come l'oggetto della sua inquisizione ha saturato blog e piattaforme di ogni genere; limitiamoci a dire che si poteva scegliere di meglio. Se c'è invece una cosa che non va, è sicuramente il comparto grafico, ma non tanto il chara design, ci mancherebbe, quello è very extra moe, ma le animazioni, diamine, siamo nel 2013 e ancora non si riesce a mettere in piedi una computer grafica che risulti meno dolorosa per gli occhi di un gancio di Clemente Russo.

Eppure il successo è arrivato, anzi, sembra che "Love Live!" fosse esattamente ciò che il mercato stava aspettando, quasi come se "Suzumiya" nel suo vangelo ne avesse annunciato in modo più o meno recondito la venuta e vi avesse affidato la propria intera eredità. Quel che gli otaku hanno visto è stato un nuovo culto, ma agli occhi dei super partes, "Love Live!" è ancora una volta esattamente quel che appare, un lampo abbagliante dal quale i più si lasciano accecare in una sorta di eutanasia della mente, ma il cui bagliore è solo atto a mascherare la serie di rovinose cadute che la serie, a braccetto con l'animazione dei suoi tempi, inevitabilmente compie.