Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con gli anime Smile Precure e Love Live The School Idol Movie e il manga Streghe per amore.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Smile Pretty Cure!
8.0/10
Miyuki Hoshizora è una ragazzina goffa e gentile, con la testa piena di sogni e una grande passione per i libri di favole. E' più una gioia che una stranezza per lei, dunque, imbattersi nel buffo folletto Candy lungo il cammino per arrivare alla nuova scuola. Marchenland, il regno fatato da cui proviene Candy, è caduto nelle mani dei malvagi Bad End, che ne hanno indebolito la regina e adesso vogliono espandersi nel mondo degli umani, raccogliendo l'infelicità delle persone per risvegliare il loro sovrano, l'imperatore Pierrot.
Come da tradizione, spetta a un'esaltatissima Miyuki, nei panni rosa confetto dell'eroina della luce Cure Happy, il compito di fermarli e contemporaneamente raccogliere i Cure Decor, oggetti magici che possono aiutare la regina di Marchenland a riprendere i suoi poteri. Ad aiutarla in questa ardua missione quattro inseparabili compagne: l'allegra e pimpante Akane Hino, asso del club di pallavolo e provetta cuoca di okonomiyaki che si trasforma in Cure Sunny, la guerriera del fuoco; la timida e introversa Yayoi Kise, fumettista in erba col pallino dei supereroi e dei robottoni che si trasforma in Cure Peace, la guerriera del fulmine; l'energica Nao Midorikawa, asso della squadra di calcio e premurosa sorella maggiore di numerosi fratellini che si trasforma in Cure March, la guerriera del vento; Reika Aoki, nobile e responsabile vicepresidentessa del consiglio studentesco che si trasforma in Cure Beauty, la guerriera del ghiaccio.
Rosso e giallo più rosa, verde e blu. Non sono i "Colori Power Rangers", come cantava Marco Destro negli anni '90, ma quasi. Sono i colori di Cure Rouge, Lemonade, Dream, Mint e Aqua, le cinque eroine protagoniste di "Yes! Pretty Cure 5" e "Yes! Pretty Cure 5 Go Go", quarta e quinta serie della grande saga "Pretty Cure" trasmesse fra il 2007 e il 2009.
Ma sono anche quelli di Cure Sunny, Peace, Happy, March e Beauty, le protagoniste di "Smile Pretty Cure", nona incarnazione delle guerriere Toei prodotta nel 2012, che, a distanza di tre anni dalle vicende di Cure Dream e compagne, fa un passo indietro, ignorando quasi del tutto i cambiamenti che le serie dalla sesta all'ottava avevano apportato alla popolare saga majokko, per tornare a narrare qualcosa di più classico e apparentemente già visto, che ricorda tantissimo la struttura delle prime cinque serie della saga "Pretty Cure".
Molto scarna, quasi inesistente, infatti, la struttura della trama di "Smile Pretty Cure": la riunione delle cinque guerriere nelle prime cinque puntate, qualche power up qua e là, lo scontro finale. In mezzo, una lunga serie di episodi "standard" dove i cattivi attuano questo o quel piano per rubare la felicità degli umani.
Da un lato, una trama così scarna dispiace molto, pensando al fatto che la saga, nelle sue varie incarnazioni, si era via via evoluta, regalandoci misteri, cattivi redenti, boss finali a sorpresa, colpi di scena, nuove eroine che si univano al gruppo, personaggi secondari di spessore, storie e personalità più complesse. "Smile Pretty Cure" torna a un universo dove i cattivi sono monodimensionali e dove tutta la narrazione è incentrata sulle cinque eroine, i folletti che le accompagnano e i cattivi. Ogni tanto compare qualche personaggio molto secondario, come le famiglie delle ragazze o qualche compagno di scuola, ma non sono ricorrenti né particolarmente memorabili, lasciando la sensazione di un mondo un po' spoglio.
D'altro canto, "Smile Pretty Cure" è una serie in un certo senso rassicurante nella sua voluta semplicità. Non vuole stupire lo spettatore con colpi di scena elaboratissimi, ma offrirgli ad ogni puntata un posto dove "sentirsi a casa" e divertirsi per una mezz'oretta in un mondo coloratissimo e popolato da personaggi simpatici e macchiettistici, che sembra quasi stiano solo giocando a mettere in scena un racconto fantastico di eroi e malvagi scritto, interpretato e diretto a un pubblico di bambini. Gli autori si impegnano a riempire i quarantotto episodi della serie con trovate sempre nuove, che non fanno pesare la monotonia dello schema tokusatsu.
La parte del leone la fa proprio il trio di cattivi composto dal lupo mannaro Wolfrun, dall'Orco Rosso (Akaoni) e dalla fattucchiera Majorina. Non sono granché come minaccia per l'umanità, non evocano possanza o malvagità, non hanno tragiche storie dietro né maturano nel corso della serie, ma si rivelano personaggi di una simpatia incredibile, capaci di creare episodi ricchissimi di gag e comicità, nonché spassosissimi grattacapi alle cinque eroine.
Le povere Pretty Cure, infatti, finiranno trasformate in folletti, in bambine dell'asilo, in robot giganti, saranno chiamate a interpretare la storia di Cenerentola, saranno miniaturizzate alle dimensioni di una formica, diventeranno invisibili, parteciperanno a una serie di strambi "Giochi senza frontiere" (espediente già visto nella quinta serie e poi ripreso anche nella decima, ma sempre divertente), viaggeranno in giro per il mondo, gireranno un film in costume e molto altro, a causa delle bizzarre invenzioni che gli imbranati cattivi continuano a perdere nel mondo umano.
Che dire, poi, del geniale sfondamento della quarta parete con cui Yayoi/Cure Peace, durante la trasformazione, si mette a giocare a morra cinese con gli spettatori, facendo un gesto diverso ad ogni puntata?
"Smile Pretty Cure" è quindi una serie che difficilmente annoia, grazie alla sua spiccata comicità.
I personaggi sono pochi, ma ben caratterizzati, anche se dispiace che alcuni di loro vengano raccontati solo in relazione a pochi, specifici aspetti della loro vita (Reika è e sarà sempre e solo "la studiosa", così come Nao "la sorella maggiore").
Alle cinque eroine ci si affeziona subito e con facilità. Si impara subito ad amare la sensibilità e la fantasia di Miyuki, che adora le fiabe ed è cresciuta da bimba timida e solitaria a ragazzina coraggiosa e sorridente, così come la contagiosa allegria di Akane o la dolcezza di Yayoi, eroina "moe" dei telespettatori giapponesi al tempo della trasmissione e forse il personaggio che maggiormente cresce, acquistando coraggio e fiducia in sé man mano che la sua missione di Pretty Cure va avanti.
Fra una risata e l'altra, "Smile Pretty Cure" si rivela, ogni tanto, anche inaspettatamente dolce e profonda, trattando temi come i rapporti familiari, la crescita personale, la morte di una persona cara, il primo amore, i sogni per il futuro, l'amicizia, la lotta per la difesa dei propri ideali in maniera delicata e toccante. Non sono rare le scene in cui le eroine si abbracciano fra loro e si concedono a liberatori pianti: scene un po' stucchevoli, che han fatto la felicità degli amanti dello yuri, ma che riescono con facilità a toccare il cuore dello spettatore.
Una serie che è sempre in bilico fra le risate, la dolcezza e l'azione, che ci regala combattimenti adrenalinici e spettacolari. Gli attacchi delle eroine, tutti legati a un colore e a un elemento, riflettono la loro personalità e i loro hobby: Akane, che gioca a pallavolo, lancia una palla di fuoco "schiacciandola" come la miglior Mila Azuki; Nao, che gioca a calcio, tira di destro palloni luminescenti come Mark Lenders; Reika, che fa tiro con l'arco, scocca frecce di ghiaccio. Ogni guerriera, andando avanti con la serie, padroneggerà sempre più il proprio elemento ottenendo potenziamenti sempre più spettacolari e arrivando persino a mischiare gli elementi con le compagne creando fantastici attacchi combinati.
Menzione d'onore per il bellissimo power up di metà serie, dove le eroine, vestite con gli abiti bianchi ed eleganti di affascinanti principesse, evocano pegasi di luce facendo esplicitamente il verso a Seiya e al suo Pegasus Ryuuseiken e al Moon Gorgeous Meditation di "Sailor Moon". Peccato che, raggiunto l'apice della spettacolarità con questo attacco, i potenziamenti successivi saranno semplici variazioni sul tema, con una fenice al posto del pegaso, una musica diversa (più brutta) ma la stessa sequenza.
Fra divertentissimi demoni col nasone da pagliaccio come avversari, attacchi visivamente spettacolari e delle eroine di grande coraggio, i combattimenti della serie risultano sempre interessanti e ricchi di emozioni. Dispiace, però, che "Smile Pretty Cure" mostri le sue debolezze quando c'è da fare sul serio: l'ambiguo Joker e il boss finale Pierrot sono presenze praticamente impalpabili, le cui caratterizzazioni potevano decisamente essere curate meglio.
A livello grafico, "Smile Pretty Cure" è davvero una gioia per gli occhi, coi suoi colori accesi e i suoi disegni curatissimi, classici e moderni al tempo stesso. Dispiace un po' l'abbondanza di riflessi di luce in stile "brufoli col pus" sui volti delle protagoniste, ma a parte questa piccolezza, questa nona serie è probabilmente la più bella a livello grafico fra quelle della saga "Pretty Cure".
Il doppiaggio è ispiratissimo: ricco di grandi nomi (Ikue Ohtani, Marina Inoue, Tesshou Genda, Miina Tominaga, Yuji Mitsuya) e di buone interpretazioni, su tutte quella di Asami Tano e della sua spassosissima Akane con l'accento del Kansai.
Epica e maestosa come sempre anche l'ultima (escludendo il recente film "Haru no Carnival") prova di Yasuharu Takanashi come compositore per la saga: c'è persino, negli episodi finali, una versione ballad (sempre accompagnata da solenni cori come da caratteristica dello stile di Takanashi) del bellissimo tema delle trasformazioni! Carine e orecchiabili, nonché meno "usa e getta" del solito, le varie sigle d'apertura e chiusura con divertenti balletti in computer grafica annessi.
Chi cerca innovazione, non la troverà per niente in questo "Smile Pretty Cure", che non è originale nella trama (inesistente) né nei personaggi. Eppure, anche alla luce di taluni successivi, inferiori, capitoli della saga, di serie come questa si sente la mancanza.
Non ha una storia ricca di risvolti o complessità, non ha un universo narrativo che vive insieme allo spettatore, non aggiunge nulla al genere a cui appartiene, ma è una delle visioni più piacevoli che la saga "Pretty Cure" ci abbia regalato. La simpatia dei suoi personaggi, i colori vivaci, le musiche epiche, le battaglie spettacolari, le sue vicende che emanano un certo calore, che sanno essere insieme spassosissime, adrenaliniche, poetiche, pedagogiche e commoventi, fanno della deliziosa "Smile Pretty Cure" una serie che difficilmente si dimentica.
Come da tradizione, spetta a un'esaltatissima Miyuki, nei panni rosa confetto dell'eroina della luce Cure Happy, il compito di fermarli e contemporaneamente raccogliere i Cure Decor, oggetti magici che possono aiutare la regina di Marchenland a riprendere i suoi poteri. Ad aiutarla in questa ardua missione quattro inseparabili compagne: l'allegra e pimpante Akane Hino, asso del club di pallavolo e provetta cuoca di okonomiyaki che si trasforma in Cure Sunny, la guerriera del fuoco; la timida e introversa Yayoi Kise, fumettista in erba col pallino dei supereroi e dei robottoni che si trasforma in Cure Peace, la guerriera del fulmine; l'energica Nao Midorikawa, asso della squadra di calcio e premurosa sorella maggiore di numerosi fratellini che si trasforma in Cure March, la guerriera del vento; Reika Aoki, nobile e responsabile vicepresidentessa del consiglio studentesco che si trasforma in Cure Beauty, la guerriera del ghiaccio.
Rosso e giallo più rosa, verde e blu. Non sono i "Colori Power Rangers", come cantava Marco Destro negli anni '90, ma quasi. Sono i colori di Cure Rouge, Lemonade, Dream, Mint e Aqua, le cinque eroine protagoniste di "Yes! Pretty Cure 5" e "Yes! Pretty Cure 5 Go Go", quarta e quinta serie della grande saga "Pretty Cure" trasmesse fra il 2007 e il 2009.
Ma sono anche quelli di Cure Sunny, Peace, Happy, March e Beauty, le protagoniste di "Smile Pretty Cure", nona incarnazione delle guerriere Toei prodotta nel 2012, che, a distanza di tre anni dalle vicende di Cure Dream e compagne, fa un passo indietro, ignorando quasi del tutto i cambiamenti che le serie dalla sesta all'ottava avevano apportato alla popolare saga majokko, per tornare a narrare qualcosa di più classico e apparentemente già visto, che ricorda tantissimo la struttura delle prime cinque serie della saga "Pretty Cure".
Molto scarna, quasi inesistente, infatti, la struttura della trama di "Smile Pretty Cure": la riunione delle cinque guerriere nelle prime cinque puntate, qualche power up qua e là, lo scontro finale. In mezzo, una lunga serie di episodi "standard" dove i cattivi attuano questo o quel piano per rubare la felicità degli umani.
Da un lato, una trama così scarna dispiace molto, pensando al fatto che la saga, nelle sue varie incarnazioni, si era via via evoluta, regalandoci misteri, cattivi redenti, boss finali a sorpresa, colpi di scena, nuove eroine che si univano al gruppo, personaggi secondari di spessore, storie e personalità più complesse. "Smile Pretty Cure" torna a un universo dove i cattivi sono monodimensionali e dove tutta la narrazione è incentrata sulle cinque eroine, i folletti che le accompagnano e i cattivi. Ogni tanto compare qualche personaggio molto secondario, come le famiglie delle ragazze o qualche compagno di scuola, ma non sono ricorrenti né particolarmente memorabili, lasciando la sensazione di un mondo un po' spoglio.
D'altro canto, "Smile Pretty Cure" è una serie in un certo senso rassicurante nella sua voluta semplicità. Non vuole stupire lo spettatore con colpi di scena elaboratissimi, ma offrirgli ad ogni puntata un posto dove "sentirsi a casa" e divertirsi per una mezz'oretta in un mondo coloratissimo e popolato da personaggi simpatici e macchiettistici, che sembra quasi stiano solo giocando a mettere in scena un racconto fantastico di eroi e malvagi scritto, interpretato e diretto a un pubblico di bambini. Gli autori si impegnano a riempire i quarantotto episodi della serie con trovate sempre nuove, che non fanno pesare la monotonia dello schema tokusatsu.
La parte del leone la fa proprio il trio di cattivi composto dal lupo mannaro Wolfrun, dall'Orco Rosso (Akaoni) e dalla fattucchiera Majorina. Non sono granché come minaccia per l'umanità, non evocano possanza o malvagità, non hanno tragiche storie dietro né maturano nel corso della serie, ma si rivelano personaggi di una simpatia incredibile, capaci di creare episodi ricchissimi di gag e comicità, nonché spassosissimi grattacapi alle cinque eroine.
Le povere Pretty Cure, infatti, finiranno trasformate in folletti, in bambine dell'asilo, in robot giganti, saranno chiamate a interpretare la storia di Cenerentola, saranno miniaturizzate alle dimensioni di una formica, diventeranno invisibili, parteciperanno a una serie di strambi "Giochi senza frontiere" (espediente già visto nella quinta serie e poi ripreso anche nella decima, ma sempre divertente), viaggeranno in giro per il mondo, gireranno un film in costume e molto altro, a causa delle bizzarre invenzioni che gli imbranati cattivi continuano a perdere nel mondo umano.
Che dire, poi, del geniale sfondamento della quarta parete con cui Yayoi/Cure Peace, durante la trasformazione, si mette a giocare a morra cinese con gli spettatori, facendo un gesto diverso ad ogni puntata?
"Smile Pretty Cure" è quindi una serie che difficilmente annoia, grazie alla sua spiccata comicità.
I personaggi sono pochi, ma ben caratterizzati, anche se dispiace che alcuni di loro vengano raccontati solo in relazione a pochi, specifici aspetti della loro vita (Reika è e sarà sempre e solo "la studiosa", così come Nao "la sorella maggiore").
Alle cinque eroine ci si affeziona subito e con facilità. Si impara subito ad amare la sensibilità e la fantasia di Miyuki, che adora le fiabe ed è cresciuta da bimba timida e solitaria a ragazzina coraggiosa e sorridente, così come la contagiosa allegria di Akane o la dolcezza di Yayoi, eroina "moe" dei telespettatori giapponesi al tempo della trasmissione e forse il personaggio che maggiormente cresce, acquistando coraggio e fiducia in sé man mano che la sua missione di Pretty Cure va avanti.
Fra una risata e l'altra, "Smile Pretty Cure" si rivela, ogni tanto, anche inaspettatamente dolce e profonda, trattando temi come i rapporti familiari, la crescita personale, la morte di una persona cara, il primo amore, i sogni per il futuro, l'amicizia, la lotta per la difesa dei propri ideali in maniera delicata e toccante. Non sono rare le scene in cui le eroine si abbracciano fra loro e si concedono a liberatori pianti: scene un po' stucchevoli, che han fatto la felicità degli amanti dello yuri, ma che riescono con facilità a toccare il cuore dello spettatore.
Una serie che è sempre in bilico fra le risate, la dolcezza e l'azione, che ci regala combattimenti adrenalinici e spettacolari. Gli attacchi delle eroine, tutti legati a un colore e a un elemento, riflettono la loro personalità e i loro hobby: Akane, che gioca a pallavolo, lancia una palla di fuoco "schiacciandola" come la miglior Mila Azuki; Nao, che gioca a calcio, tira di destro palloni luminescenti come Mark Lenders; Reika, che fa tiro con l'arco, scocca frecce di ghiaccio. Ogni guerriera, andando avanti con la serie, padroneggerà sempre più il proprio elemento ottenendo potenziamenti sempre più spettacolari e arrivando persino a mischiare gli elementi con le compagne creando fantastici attacchi combinati.
Menzione d'onore per il bellissimo power up di metà serie, dove le eroine, vestite con gli abiti bianchi ed eleganti di affascinanti principesse, evocano pegasi di luce facendo esplicitamente il verso a Seiya e al suo Pegasus Ryuuseiken e al Moon Gorgeous Meditation di "Sailor Moon". Peccato che, raggiunto l'apice della spettacolarità con questo attacco, i potenziamenti successivi saranno semplici variazioni sul tema, con una fenice al posto del pegaso, una musica diversa (più brutta) ma la stessa sequenza.
Fra divertentissimi demoni col nasone da pagliaccio come avversari, attacchi visivamente spettacolari e delle eroine di grande coraggio, i combattimenti della serie risultano sempre interessanti e ricchi di emozioni. Dispiace, però, che "Smile Pretty Cure" mostri le sue debolezze quando c'è da fare sul serio: l'ambiguo Joker e il boss finale Pierrot sono presenze praticamente impalpabili, le cui caratterizzazioni potevano decisamente essere curate meglio.
A livello grafico, "Smile Pretty Cure" è davvero una gioia per gli occhi, coi suoi colori accesi e i suoi disegni curatissimi, classici e moderni al tempo stesso. Dispiace un po' l'abbondanza di riflessi di luce in stile "brufoli col pus" sui volti delle protagoniste, ma a parte questa piccolezza, questa nona serie è probabilmente la più bella a livello grafico fra quelle della saga "Pretty Cure".
Il doppiaggio è ispiratissimo: ricco di grandi nomi (Ikue Ohtani, Marina Inoue, Tesshou Genda, Miina Tominaga, Yuji Mitsuya) e di buone interpretazioni, su tutte quella di Asami Tano e della sua spassosissima Akane con l'accento del Kansai.
Epica e maestosa come sempre anche l'ultima (escludendo il recente film "Haru no Carnival") prova di Yasuharu Takanashi come compositore per la saga: c'è persino, negli episodi finali, una versione ballad (sempre accompagnata da solenni cori come da caratteristica dello stile di Takanashi) del bellissimo tema delle trasformazioni! Carine e orecchiabili, nonché meno "usa e getta" del solito, le varie sigle d'apertura e chiusura con divertenti balletti in computer grafica annessi.
Chi cerca innovazione, non la troverà per niente in questo "Smile Pretty Cure", che non è originale nella trama (inesistente) né nei personaggi. Eppure, anche alla luce di taluni successivi, inferiori, capitoli della saga, di serie come questa si sente la mancanza.
Non ha una storia ricca di risvolti o complessità, non ha un universo narrativo che vive insieme allo spettatore, non aggiunge nulla al genere a cui appartiene, ma è una delle visioni più piacevoli che la saga "Pretty Cure" ci abbia regalato. La simpatia dei suoi personaggi, i colori vivaci, le musiche epiche, le battaglie spettacolari, le sue vicende che emanano un certo calore, che sanno essere insieme spassosissime, adrenaliniche, poetiche, pedagogiche e commoventi, fanno della deliziosa "Smile Pretty Cure" una serie che difficilmente si dimentica.
Streghe per Amore
6.0/10
"Streghe per amore" narra le vicende di due ragazzine molto differenti, Nina la maghetta e Ayu la studentessa modello.
Devo ammettere che all'inizio mi ero immaginata la storia più simile a quella del più moderno "Sugar Sugar", due maghette spedite per non si sa quale motivo nel mondo degli umani.
E invece il manga mi ha saputo sorprendere con una storia per niente banale.
Nina e Ayu sono due personaggi all'antitesi, la prima sbadata e un po' incapace, la seconda interessata della propria immagine e sempre perfetta in tutto.
Per quanto stereotipati, penso che nessuno dei due personaggi possa esistere senza l'altro, infatti è proprio la coppia a far ingranare vicende divertenti, sfruttando la serietà di Ayu e la capacità di Nina d'impicciarsi e creare scompiglio nella vita sentimentale della sua amica.
Forse le situazioni che si vengono a creare possono sembrare un po' banali e dallo spunto semplice, ma di certo non mancheranno di essere piacevoli e spiritose.
Tutto, la trama, le vicende, sono tratteggiate con incredibile bravura, riusciamo infatti a comprendere ciò che sta dietro i personaggi, senza bisogno di una descrizione approfondita e prolissa del loro passato.
La storia non diviene quindi né troppo superficiale né troppo complessa per il pubblico che deve accontentare. Bisogna tenere conto anche di questo, “Streghe per amore” non è un manga indirizzato a un pubblico maturo o che si divertirà a leggere storie impegnate, misteriose, bensì a un tipo di lettore che gradirà un racconto leggero, romantico, forse un po' infantile.
Per quanto riguarda i disegni Wataru Yoshizumi ha uno stile inconfondibile che, non mi stancherò mai di ripeterlo, fa pensare a “Piccoli problemi di cuore”, qualsiasi sua opera legga non c'è niente da fare, il mio pensiero corre sempre al suo lavoro più famoso.
Mi è capitato di leggere manga shoujo con il medesimo stile grafico ma niente, per quanto semplice è un qualcosa di caratteristico dell'autrice che credo nessuno riuscirà mai ad imitare.
Pregevole che un'autrice riesca a determinare il suo marchio di fabbrica in modo così indelebile, al giorno d'oggi ci sono mangaka che sembrano disegnare tutti allo stesso modo e disegnatori che cercano di creare un loro stile, diverso, rivoluzionario, ma che concludono solo di avere per le mani tavole complesse e disegni sproporzionati.
La Yoshizumi invece viene apprezzata proprio per la sua semplicità.
Semplice il disegno, semplice la storia, consiglierei quindi questo manga a chi non si aspetta chissà quale capolavoro da un fumetto e che desidera passare qualche oretta in tranquillità con una commedia romantica dal retrogusto magico.
Devo ammettere che all'inizio mi ero immaginata la storia più simile a quella del più moderno "Sugar Sugar", due maghette spedite per non si sa quale motivo nel mondo degli umani.
E invece il manga mi ha saputo sorprendere con una storia per niente banale.
Nina e Ayu sono due personaggi all'antitesi, la prima sbadata e un po' incapace, la seconda interessata della propria immagine e sempre perfetta in tutto.
Per quanto stereotipati, penso che nessuno dei due personaggi possa esistere senza l'altro, infatti è proprio la coppia a far ingranare vicende divertenti, sfruttando la serietà di Ayu e la capacità di Nina d'impicciarsi e creare scompiglio nella vita sentimentale della sua amica.
Forse le situazioni che si vengono a creare possono sembrare un po' banali e dallo spunto semplice, ma di certo non mancheranno di essere piacevoli e spiritose.
Tutto, la trama, le vicende, sono tratteggiate con incredibile bravura, riusciamo infatti a comprendere ciò che sta dietro i personaggi, senza bisogno di una descrizione approfondita e prolissa del loro passato.
La storia non diviene quindi né troppo superficiale né troppo complessa per il pubblico che deve accontentare. Bisogna tenere conto anche di questo, “Streghe per amore” non è un manga indirizzato a un pubblico maturo o che si divertirà a leggere storie impegnate, misteriose, bensì a un tipo di lettore che gradirà un racconto leggero, romantico, forse un po' infantile.
Per quanto riguarda i disegni Wataru Yoshizumi ha uno stile inconfondibile che, non mi stancherò mai di ripeterlo, fa pensare a “Piccoli problemi di cuore”, qualsiasi sua opera legga non c'è niente da fare, il mio pensiero corre sempre al suo lavoro più famoso.
Mi è capitato di leggere manga shoujo con il medesimo stile grafico ma niente, per quanto semplice è un qualcosa di caratteristico dell'autrice che credo nessuno riuscirà mai ad imitare.
Pregevole che un'autrice riesca a determinare il suo marchio di fabbrica in modo così indelebile, al giorno d'oggi ci sono mangaka che sembrano disegnare tutti allo stesso modo e disegnatori che cercano di creare un loro stile, diverso, rivoluzionario, ma che concludono solo di avere per le mani tavole complesse e disegni sproporzionati.
La Yoshizumi invece viene apprezzata proprio per la sua semplicità.
Semplice il disegno, semplice la storia, consiglierei quindi questo manga a chi non si aspetta chissà quale capolavoro da un fumetto e che desidera passare qualche oretta in tranquillità con una commedia romantica dal retrogusto magico.
Nel 2015 esce nelle sale nipponiche il film "Love Live! The School Idol Movie", ultimo progetto animato dedicato alle µ's, sempre a cura dello studio Sunrise.
Per quel che riguarda la trama, le nostre beniamine dovranno volare a New York per aumentare la visibilità delle school idol e riempire l'Akiba Dome, destinato ad accogliere la terza edizione del Love Live. Tuttavia, la storia vera e propria (a mio parere) inizia dopo circa quaranta minuti, nel momento in cui le ragazze ritornano in Giappone, e cominciano a porsi la stessa domanda che le aveva tormentate nella seconda stagione: ci sciogliamo oppure no?
Facendo quest'analisi, possiamo dunque dividere il film in due parti: New York e ritorno in Giappone. La spartizione che ho operato non è comunque casuale, perché, secondo me, la seconda parte è alquanto superiore alla prima. Basti pensare al fatto che le ragazze si siano spostate in un'altra città: a cosa vi fa pensare? Giusto, al film di "K-On!", al quale ho più volte associate "Love Live!" - e la cosa non è fuori luogo, visti i molti elementi che hanno in comune. Sebbene per motivi diversi, come le HTT hanno visitato la capitale britannica, le µ's si sono recate, nel film a loro dedicato, in quella americana, hanno visitato un po' la città e ci hanno deliziato con le loro canzoni. Questa prima parte è ricca di momenti comici, anche se, a dire la verità, non è che mi abbiano fatto ridere molto... molto più divertenti, invece, le gag della seconda stagione. In sostanza, le scene ambientate nella Grande Mela servono, più che altro, per prepararsi alla seconda parte, molto più intensa e significativa. Forse il quesito sulla sorte del gruppo delle µ's era stato già posto troppe volte in precedenza, quindi non è che nel film ci siano chissà quante novità: solamente la domanda avrà finalmente una risposta definitiva, e per fortuna è la migliore che si poteva dare. Nell'opera, però, c'è una scelta che non ho particolarmente gradito, ovvero quella di inserire l'elemento soprannaturale, poco pertinente, direi. Ho invece apprezzato in quale modo hanno ribadito l'amore delle ragazze per il loro essere "school idol", attraverso un evento davvero memorabile. Sono tuttavia incerta se sia stata una buona idea inserire alcune performance a mo' di musical, anche perché ho l'impressione che le abbiano realizzate solo per aumentare la lunghezza del film (soprattutto quella con Nozomi, Nico ed Eli).
I personaggi li ritroviamo così come nella serie precedente, senza particolare crescita a livello caratteriale. Da ricordare, però, l'ottimo lavoro fatto con Honoka, che è quella che splende di più nel film, come anche nelle opere precedenti. Ulteriore delusione, invece, l'ho avuta da Umi, che non fa che piagnucolare la maggior parte del tempo. É stato introdotto anche un nuovo personaggio che non ricopre chissà quale ruolo importante, ma è essenzialmente una "guida" per Honoka: di lei si ricorda di più la splendida voce.
Come succede in tutti i film, il lato tecnico è sempre molto curato: belli i disegni e le animazioni, e credo che anche la CG sia stata un tantino aggiustata (anche se avrei di gran lunga preferito se non l'avessero usata per la disegnare la folla). Rischio di ripetermi, ma a me il genere musicale delle µ's non fa impazzire, tra l'altro sembra che le canzoni siano quasi tutte uguali. Tra i pezzi più orecchiabili "Angelic Angel" e "Bokutachi wa Hitotsu no Hikari" (quest'ultimo rimane impresso per un motivo ben preciso).
In conclusione, il film di "Love Live!" non riesce a superare la seconda stagione, per ora l'opera che preferisco per quanto riguarda questo famoso brand, ma è tuttavia un prodotto che si lascia guardare piacevolmente, di cui ho particolarmente gradito il finale, il quale chiude al meglio il lungo percorso intrapreso assieme alle µ's. Per me è un 7 e mezzo.
Per quel che riguarda la trama, le nostre beniamine dovranno volare a New York per aumentare la visibilità delle school idol e riempire l'Akiba Dome, destinato ad accogliere la terza edizione del Love Live. Tuttavia, la storia vera e propria (a mio parere) inizia dopo circa quaranta minuti, nel momento in cui le ragazze ritornano in Giappone, e cominciano a porsi la stessa domanda che le aveva tormentate nella seconda stagione: ci sciogliamo oppure no?
Facendo quest'analisi, possiamo dunque dividere il film in due parti: New York e ritorno in Giappone. La spartizione che ho operato non è comunque casuale, perché, secondo me, la seconda parte è alquanto superiore alla prima. Basti pensare al fatto che le ragazze si siano spostate in un'altra città: a cosa vi fa pensare? Giusto, al film di "K-On!", al quale ho più volte associate "Love Live!" - e la cosa non è fuori luogo, visti i molti elementi che hanno in comune. Sebbene per motivi diversi, come le HTT hanno visitato la capitale britannica, le µ's si sono recate, nel film a loro dedicato, in quella americana, hanno visitato un po' la città e ci hanno deliziato con le loro canzoni. Questa prima parte è ricca di momenti comici, anche se, a dire la verità, non è che mi abbiano fatto ridere molto... molto più divertenti, invece, le gag della seconda stagione. In sostanza, le scene ambientate nella Grande Mela servono, più che altro, per prepararsi alla seconda parte, molto più intensa e significativa. Forse il quesito sulla sorte del gruppo delle µ's era stato già posto troppe volte in precedenza, quindi non è che nel film ci siano chissà quante novità: solamente la domanda avrà finalmente una risposta definitiva, e per fortuna è la migliore che si poteva dare. Nell'opera, però, c'è una scelta che non ho particolarmente gradito, ovvero quella di inserire l'elemento soprannaturale, poco pertinente, direi. Ho invece apprezzato in quale modo hanno ribadito l'amore delle ragazze per il loro essere "school idol", attraverso un evento davvero memorabile. Sono tuttavia incerta se sia stata una buona idea inserire alcune performance a mo' di musical, anche perché ho l'impressione che le abbiano realizzate solo per aumentare la lunghezza del film (soprattutto quella con Nozomi, Nico ed Eli).
I personaggi li ritroviamo così come nella serie precedente, senza particolare crescita a livello caratteriale. Da ricordare, però, l'ottimo lavoro fatto con Honoka, che è quella che splende di più nel film, come anche nelle opere precedenti. Ulteriore delusione, invece, l'ho avuta da Umi, che non fa che piagnucolare la maggior parte del tempo. É stato introdotto anche un nuovo personaggio che non ricopre chissà quale ruolo importante, ma è essenzialmente una "guida" per Honoka: di lei si ricorda di più la splendida voce.
Come succede in tutti i film, il lato tecnico è sempre molto curato: belli i disegni e le animazioni, e credo che anche la CG sia stata un tantino aggiustata (anche se avrei di gran lunga preferito se non l'avessero usata per la disegnare la folla). Rischio di ripetermi, ma a me il genere musicale delle µ's non fa impazzire, tra l'altro sembra che le canzoni siano quasi tutte uguali. Tra i pezzi più orecchiabili "Angelic Angel" e "Bokutachi wa Hitotsu no Hikari" (quest'ultimo rimane impresso per un motivo ben preciso).
In conclusione, il film di "Love Live!" non riesce a superare la seconda stagione, per ora l'opera che preferisco per quanto riguarda questo famoso brand, ma è tuttavia un prodotto che si lascia guardare piacevolmente, di cui ho particolarmente gradito il finale, il quale chiude al meglio il lungo percorso intrapreso assieme alle µ's. Per me è un 7 e mezzo.
Oddio, nuovo personaggio, è la (o una delle possibili) Honoka del 'futuro' visto aspetto, comportamento e frasi che dice.
La mia personale teoria si basa sul fatto che Honoka, in difficoltà per via della difficile decisione da prendere, avesse iniziato a fare uso di droghe.
Gli incontri si spiegano quindi con un trip mentale.
Semplice modo per rendere meno sceme decisioni di sceneggiatura assurde utilizzando teorie implausibili per spiegarle.
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