La parola onomatopea deriva dal greco onomatopoiia e significa "parola creata per imitare i suoni prodotti da esseri animati o oggetti". Per capirci, è il bau bau del cane o il miao miao del gatto, ma anche il bang della pistola o lo sbam della porta che sbatte.
Per chi legge i fumetti di qualunque genere, l'onomatopea è pane quotidiano, perché è tramite essa che possiamo dare un suono a quello che stiamo leggendo. Ma, anche se potrebbe sembrare strano, ogni lingua ha le sue onomatopee e visto che qui su Animeclick parliamo di Giappone e leggiamo manga, scopriamo perché per gli abitanti del Sol Levante il gatto non fa miao ma fa nyan!
 

La lingua giapponese ha un numero davvero alto di termini per descrivere i suoni e in questo batte moltissime altre lingue.
Infatti sono previsti sia termini per riprodurre i rumori (distinti in giongo se il suono è prodotto da un oggetto e in giseigo se invece proviene da una persona o un animale) sia per spiegare uno stato fisico o emotivo, cioè gli ideofoni, che rappresentano qualcosa che non ha suono (e allora parliamo di gitaigo per le condizioni, gli stati in cui ci troviamo, giyougo per i movimenti e gijougo per i sentimenti).
Le onomatopee hanno un largo uso nella lingua parlata e non sono riservate solo ad un linguaggio infantile: se il cane sarà indicato ad un bambino come il "wan wan" facendo riferimento appunto all'abbaiare (un po' come facciamo anche noi in italiano, dicendo "Hai visto il bau bau?"), non dovremo stupirci se due persone adulte diranno che hanno affrettato il passo perché si era messo a piovere "para para" (abbastanza forte) e hanno dovuto cercare velocemente un riparo perché la pioggia era diventata "zaa zaa" (cioè si era scatenato il diluvio).
 

In linea di massima, le onomatopee sono scritte usando l'alfabeto katakana, ma a volte potreste trovare anche l'hiragana, se l'autore ritiene che sia più adatto a rendere meglio il suono che ha in mente. Potrebbe essere che sia una persona a emettere quel suono e non l’animale oppure si vuole far intendere che il suono non sia potente come dovrebbe essere: per esempio per un cane adulto si userà il katakana, ma magari per un cucciolo sembrerà più appropriato l'hiragana.
Inoltre, anche se non sapete il giapponese, potete comunque avere un'idea del suono che si vuole riprodurre ricordando che le vocali "i" e "e" sono usate di solito per rumori flebili o acuti, mentre le altre per quelli forti e gravi. Allo stesso modo le consonanti "k", "s" e "t" descrivono suoni deboli mentre le "g", "z" e "d" quelli forti.
Ad esempio: Ton ton è l'equivalente del nostro toc toc (bussare piano ad una porta) mentre don don esprime un tocco decisamente più deciso. Se calpesto le foglie secche faccio kasa kasa, mentre il vento forte che scuote le cime degli alberi farà gasa gasa.
 

Gli animali sono forse i più strani se li confrontiamo con i nostri, d'altronde sono giapponesi, pure loro hanno diritto alla loro lingua!
Quindi il cane abbaia facendo wan wan, il gatto miagola dicendo nyan nyan (ma se fa le fusa invece si dice goro goro, esattamente come il rombo del tuono), il maiale fa buu buu (??), la rana gracida come kero kero (o anche gero gero se è molto grossa). La mucca fa moo moo, mentre il corvo fa kaa kaa (e qui le differenze sono poche).
 

E poi ci sono i gitaigo, cioè le parole che imitano uno stato, quelle che indicano qualcosa che non ha davvero un suono, come appunto un'emozione, rendendole però come se il suono lo avessero davvero.
Questo perché secondo alcuni studi per i giapponesi questi sono suoni a tutti gli effetti: è stato scientificamente provato infatti che, sentendo queste onomatopee, nel cervello di un giapponese si attivano contemporaneamente due parti del cervello, sia quella preposta al linguaggio che quella preposta al riconoscimento dei semplici suoni.
 

Quindi se sono agitata (sia in senso positivo che negativo) farò waku waku, mentre se sono raggiante scintillerò facendo pika pika. Se il mio cuore batte all'impazzata, lo sentirò fare doki doki (letto in tutti i manga shojo, quando la protagonista incontra l'amore della sua vita), mentre se sono arrabbiata lo descriverò con ira ira (questo è facile da ricordare).
Se faccio niko niko (Love Live docet), sto sorridendo in maniera amichevole, mentre se leggete gyaa gyaa vuol dire che sto piangendo a dirotto (ma anche che sto parlando con un tono di voce incredibilmente alto e fastidioso).
 

Come non ricordare poi il fuwa fuwa di K-on! per esprimere qualcosa di morbido, leggero, delicato, della stessa materia delle nuvole. Oppure il rin rin delle biciclette, il guru guru di chi si volta e cambia direzione, il gohon della tosse o il wai wai di una discussione animata.
Insomma, nella lingua giapponese le onomatopee sono davvero molto importanti e non si limitano allo scritto per rendere nero su bianco qualcosa di difficile da tradurre a parole, ma si usano molto anche nella lingua parlata.
 

Sarà perché il giapponese, con i suoi kanji, è una lingua molto visiva o per le spiegazioni scientifiche di cui vi parlavo poco sopra?
Ai posteri l'ardua sentenza! E agli studenti un nuovo capitolo di cose da imparare!

Fonti consultate:
Nippon
StudiareGiapponese