Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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9.5/10
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"Psycho-Pass" è una serie del 2012 di ventidue episodi, realizzata dallo studio Production I.G, su soggetto originale di Gen Urobuchi; è un thriller fantascientifico del filone cyberpunk, con toni psicologici ed elementi splatter.

Le vicende si svolgono in un Giappone del futuro, autarchico e isolazionista, in cui la vita sociale è regolata di un sistema basato sul controllo continuo di quello che viene definito lo “Psycho-Pass” di tutti gli individui: attraverso la scansione delle persone il sistema (Sibyl System) determina il loro stato mentale, le loro attitudini e la probabilità che commettano dei crimini. Squadre speciali di agenti di pubblica sicurezza, costituite da Ispettori e Esecutori, ed equipaggiate con armi speciali dette “Dominator”, catturano le persone il cui coefficiente di criminalità supera una data soglia. Il racconto prende il via dal primo giorno di lavoro della giovane protagonista in una di queste unità.

Il primo elemento che mi ha colpito è il character design di Akira Amano: molto efficace e molto adatto al tono della serie, per la spigolosità del tratto e per la scelta di colori per le combinazioni occhi/capelli dei personaggi. Suggestiva anche la paletta dei colori dominanti negli sfondi, sempre in buon equilibrio fra elementi cupi e particolari brillanti, come il rosso (volutamente eccessivo) del sangue. Le animazioni sono rese bene, soprattutto nei combattimenti, la computer grafica è ben integrata nel contesto.

I personaggi sono ben caratterizzati, anche se alcuni comprimari non riescono ad emergere appieno, e ciascuno è solidamente costruito e le azioni di ognuno risultano coerenti. In particolare, emerge un quintetto composto da elementi ben costruiti e ottimo nelle interazioni reciproche: Akane Tsunemori, la protagonista, l’altro ispettore dell’unità, Nobuchika Ginoza, due degli esecutori, ovvero Shinya Kōgami (di fatto il co-protagonista) e Tomomi Masaoka (quasi un omaggio a Jet di “Cowboy Bebop”), e l’antagonista principale della serie, Shōgo Makishima.

La sceneggiatura è solida, sia a livello di impianto generale sia a livello di singoli particolari, come la scelta di dare importanza a un particolare “agricolo” in un mondo così dominato dalla tecnologia, scelta che risulta acuta e azzeccata (sul ruolo dell’iper-avena non è bene qui scrivere di più, per evitare spoiler). Alcuni avvenimenti sono forse un po’ troppo facilmente intuibili e questa è, insieme a qualche particolare non chiarito sul funzionamento del Sibyl System, l’unica pecca della serie che, per i miei gusti, arriva a un soffio dalla perfezione.

Ho particolarmente apprezzato la concretezza di questo anime, ovvero il rifuggire l’inserimento di simbolismi criptici o l’interrogarsi sul “senso della vita”, per concentrarsi su critiche e interrogativi di forte quotidianità. I temi affrontati sono quelli del rapporto fra gli esseri umani e la tecnologia (sia come singoli che come collettività), della giustizia, della solitudine e del dialogo, l’autodeterminazione, il controllo sociale, le differenze fra indole e volontà (un bell'accento sulla volontà).
Il futuro rappresentato è funzionale a una critica della società contemporanea, e la serie crea un forte senso di familiarità fra lo spettatore e le vicende rappresentate grazie a uno studiato sistema di continui riferimenti culturali che funziona su più livelli: sono esplicitamente evocati nelle conversazioni dei personaggi (si citano, fra gli altri, Platone, Pascal, Swift e Dick), o suggeriti attraverso immagini, che rimandano alla letteratura (tè e madeleinettes) o all'architettura (Fallingwater), e anche sottofondi musicali (“Inno alla gioia”).

Dal momento che il mondo rappresentato è estremamente simile a quello reale, non c’è un confine netto fra il bene e il male, il “cattivo” muove critiche sensatissime al sistema, i “buoni” sono pieni di difetti e oscurità, e la “soluzione” non è indolore per nessuno: nel mondo di “Psycho-Pass”, come nella realtà, le soluzioni semplici a problemi complessi sono inequivocabilmente sbagliate. E questo elemento vale, già da solo, la visione della serie.

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Ho visto anime noir, ho visto anime ecchi, ma non avevo mai visto un anime noir-ecchi-torture porn come "RIN - Le figlie di Mnemosyne".
L'ambientazione dell'anime spazia dagli anni '90 al futuro e, pur essendo ambientato nel mondo reale, ha una caratteristica di fantasia: la presenza costante di Yggdrasil, l'albero cosmico della mitologia nordica che rilascia di tanto in tanto dei frutti del tempo. Una donna che venga a contatto con uno di essi diventa una donna immortale; se invece il frutto viene a contatto con un uomo, lo trasforma in un angelo: un essere dalla vita breve ma dalla forza sovrumana il cui scopo nella vita è... come scoprirete, quello di alimentare il lato ecchi-torture porn dell'anime.

Il lato noir invece è alimentato dall'investigatrice Rin, la nostra protagonista aiutata dalla sua assistente Mimi che dovrà risolvere vari casi in diverse epoche.
La trama è segnata da una ripetitività cercata, ma non per questo meno stancante, in cui, pur cambiando l'epoca e il villain ad ogni episodio, si ripeteranno sempre gli stessi identici pattern, comprese pretestuose scene di sesso lesbo inserite a forza nella trama con la stessa cura narrativa di un hentai.
Purtroppo, finché non entreremo nel vivo della buona trama verticale, dovremo accontentarci di quelle orizzontali, brutte interpretazioni pasticciate e banalizzate di temi horror e sci-fi che altri show hanno trattato con decisamente maggior successo.

La pecca maggiore dell'anime è però data dai personaggi che, al di fuori di pochissimi casi, o sono uno stereotipo vivente oppure sono semplicemente piatti e inespressivi. I due esempi maggiori sono purtroppo proprio i due personaggi principali: l'eroe e l'antagonista principale.
Il main villain dell'anime, per ribadire la sua funzione di grande cattivo che trama nell'ombra, verrà spesso inquadrato giocare a scacchi mentre tortura una ragazza immortale, oppure comparire all'improvviso verso la fine dell'episodio a giochi chiusi, solo per farci vedere quanto il super cattivo sia cattivo, e sia super.
L'eroina Rin invece è (almeno nei primi episodi) la quintessenza dell'apatia, le sue capacità rigenerative infatti le faranno affrontare nemici e torture mortali manifestando lo stesso fastidio con cui compilerebbe il modello unico per la sua azienda di investigazione, cosa che non provoca certo nello spettatore molto trasporto. L'unica cosa che sembra scuoterla dalla sua impassibilità è la comparsa di un angelo. Ovvero l'unica creatura al mondo capace di farla secca.

Gli angeli hanno praticamente salvato quest'anime dalla bocciatura, la comparsa di un angelo trasporta tutta la scena nell'inquietudine e nella morbosità, gli episodi migliori sono infatti gli ultimi, in cui le vicende fra angeli e immortali arriveranno al culmine fra montagne di sesso sadomaso. Sempre nelle puntate finali gli sceneggiatori si degneranno di dare finalmente a Rin paure, speranze, sentimenti, insomma una caratterizzazione, trasformandola così in una protagonista che funziona. Meglio tardi che mai.
Le colonne portanti dell'anime sono quindi due: il sesso lesbico e il sadomasochismo. Il primo, fuorché dal punto di vista estetico, non mi è garbato molto, essendo infilato a forza nella trama; il secondo invece è sorprendentemente funzionale alla storia, specie verso il finale.

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Spinta dalle molteplici recensioni positive (seppur caute nell'elogiare la serie, vista la violenza e il sadismo che la pervade) ho comprato la serie in blocco con buone speranze, reduce da quel capolavoro di "Homunculus" dello stesso autore.
Una vera delusione. I disegni sono raffinati e minuziosi nei dettagli, tipici di questo fantastico autore, ma la trama è davvero deludente, poco intrigante, con personaggi piatti, dove solo la violenza e il sadismo sono i veri protagonisti.

"Ichi The Killer" è composto da dieci volumi e ho fatto fatica a finire la serie, per me troppo lunga per una trama così arida. E' stata allungata inserendo personaggi - come i gemelli - che non apportano alla trama svolti interessanti se non il piacere sadico di mostrare altre personalità disturbanti e malate che godono nel fare violenza ingiustificata e stupida.

La storia si sviluppa in Giappone, in un condominio dove è concentrata buona parte della Yakuza, e quindi si potrebbe dire che tale violenza è in qualche modo giustificata, visto l'ambiente dove il massacro e le guerre tra clan sono all'ordine del giorno. Il protagonista che dà nome alla serie si chiama Ichi, un ragazzo giovane, un assassino spietato e disumano incline al sadismo e con forti complessi a causa di alcuni abusi subiti in età adolescenziale.

Ma egli in realtà non sarà altro, come tutti i personaggi della serie coinvolti in questo teatro dell'orrore di guerre tra clan malavitosi, un mero burattino mosso dalle mani di un sadico il cui fine è soltanto un puro e semplice desiderio di divertimento messo in atto per non annoiarsi. Davvero una trama ridicola per me.

Il mio voto sarebbe un 2 se non fosse per i disegni di questo splendido autore quale è Hideo Yamamoto. Il suo meraviglioso "Homunculus" non è neanche da paragonare a un manga insipido e ridicolo come "Ichi The Killer". Davvero non mi capacito di tutti questi voti alti.

In Giappone uscì nel 1998, e fu portato in Italia da Planet Manga nel 2013, che ne fece un'ottima edizione, con buona qualità della carta, e della rilegatura.
In conclusione non lo consiglio a nessuno se non agli amanti delle trame violente sugli scontri tra vari clan mafiosi, condite con molte scene di tortura, e agli amanti delle scene forti con una buona dose di splatter.