Tante volte ci è stato chiesto di fare una rubrica dove inserire il bianco e il nero, Capuleti e Montecchi, Livorno e Pisa, giorno e notte...insomma due punti di vista diametralmente opposti su cui poter discutere e magari anche schierarsi.

Dobbiamo ammetterlo, il timore che tutto finisca in un inutile flame ci ha sempre frenato ma, visto che ultimamente voi utenti vi siete dimostrati meno "scalmanati", ci siamo detti in Redazione "Why not"?

AnimeRing!

Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
 

Andiamo a scoprire  il titolo su cui faremo discutere voi utenti!
 
Koyomi Araragi è uno studente liceale del terzo anno che è quasi ritornato completamente umano dopo essere diventato per breve tempo un vampiro. Un giorno, la sua compagna di classe Hitagi Senjōgahara, nota per non parlare mai con nessuno, cade dalle scale finendo tra le braccia di Koyomi. Lui scopre così che il peso della compagna è quasi nullo, sfidando le leggi della fisica. Dopo essere stato minacciato da lei, che non voleva che il suo segreto venisse scoperto, Koyomi le offre il suo aiuto, e la presenta a Meme Oshino, un uomo di mezza età che vive in una vecchia scuola abbandonata e che aveva aiutato in precedenza Koyomi a ritornare umano. Koyomi si ritrova poi coinvolto in una serie di "apparizioni" che lo portano ad interessarsi ai casi di Mayoi Hachikuji, una bambina che ha perso la strada di casa; Suruga Kanbaru, una compagna di scuola più piccola, amica tra l'altro di Hitagi; Nadeko Sengoku, un'amica coetanea delle sue sorelle; e Tsubasa Hanekawa, una sua compagna di classe.

Oggi è giunto il momento di emettere un verdetto!

La domanda è una sola: voi da che parte state?

A FAVORE

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Smemorizzante: è l'aggettivo più adatto per definire "Bakemonogatari", serie del 2009 dello studio Shaft, tratta dalla light novel di Nisio Isin, che intreccia il sovrannaturale con l'harem, la commedia sentimentale e un po' di ecchi, narrando di storie di mostri ed entità che, di volta in volta (di ragazza in ragazza), il protagonista dovrà affrontare e risolvere, grazie soprattutto all'aiuto del misterioso Oshino. Detto così sembra tutto normale, qualcosa di poco originale, ma non è così. "Bakemonogatari" è smemorizzante e un autentico teatro dell'assurdo. Gli autori raggiungono quest'obbiettivo principalmente attraverso due elementi: la regia e i dialoghi.

Per il cervello di un bambino, per "assorbire" e comprendere la visione di un film o un anime, è indispensabile che la durata minima di una scena sia di 34 secondi. Un'opera quindi che abbia scene la cui durata media è di molto inferiore ai 34 secondi, non dà il tempo necessario al cervello del bambino di elaborare e di capire ciò che sta guardando, ammassando nel cervello sequenze su sequenze che vanno a "sovraccaricare" il cervello, sovrastimolandolo e sovraeccitandolo, con i seguenti risultati: insonnia, mal di testa, iperattività o deficit da attenzione. Il cervello di un adulto è diverso, impiega molto meno tempo per "elaborare" ed è (dovrebbe esserlo, almeno) più maturo per capire un'opera visiva.

Ciò nonostante, la visione di un'opera come "Bakemonogatari" è troppo anche per il cervello di un adulto, nel senso che la quantità enorme di sequenze concentrate in pochi secondi, spesso veri "flash" a volte talmente veloci da essere subliminali, la varietà di queste sequenze diversissime, che vanno dal cartello con scritte al "live action", con artifici registici che vanno dal primissimo piano alle carrellate, da stacchi rapidi, ad angolazioni che cambiano continuamente, a panoramiche a schiaffo, a volte tutte insieme nella medesima scena, letteralmente gettate lì mentre i protagonisti parlano, è davvero smemorizzante. Ci troviamo di fronte a un'opera di puro sperimentalismo visivo, a volte, perché no, anche un po' superfluo, un Akiyuki Shinbou completamente "free". Si tratta di una regia ultra-dinamica, una regia futuristica, perché di questo si tratta: "velocità più arte più azione" il manifesto del Futurismo, il dinamismo visivo riprodotto nell'arte, il moto assoluto secondo la visione dell'occhio umano ricreato e interpretato dalle arti visive. L'effetto è totalmente smemorizzante, decerebrante, dinamicamente spiazzante e paradossale. "Bakemonogatari" è prima di tutto un'opera concettuale, molto concettuale, ed è in quest'ottica che va inquadrata, ed è per questo che o la si ama o la si odia, perché questa festa di sperimentalismo visivo può piacere come può non piacere.

Il secondo elemento che conferisce all'opera una paradossalità unica sono i dialoghi. Tutta l'opera si caratterizza per lunghissimi dialoghi in cui si parla di tutto e di niente, più che dialoghi si tratta di veri e propri flussi di coscienza, una particolarità che conferisce ulteriore originalità, e capisco che può non piacere il fatto che i casi non si risolvano che in pochi minuti di azione, mentre il 95% dello spazio è occupato da questo "stream of consciousness" tra il protagonista e le ragazze con cui viene a contatto, che in parte produce rivelazioni e gradualmente sviscera le storie e i caratteri dei personaggi e in parte è pura divagazione, con un intreccio che spessissime volte sfocia nell'assurdo, creando, con la regia, quell'effetto nello spettatore che ho descritto prima: smemorizzazione. E per non creare ulteriore confusione, dirò che questi dialoghi sono assolutamente brillanti: sono sì prolissi, sono sì assurdi, paradossali e smemorizzanti in molti casi e non di rado anche ambigui e allusivi, ma lo sono in maniera brillante.

Può non piacere, ma non c'è dubbio che essi siano ben scritti e a tratti quasi geniali. Un'ulteriore e importantissima nota di merito sono, nei suddetti dialoghi, i continui riferimenti alla cultura giapponese (anche otaku), al folklore giapponese, in quanto tutte le entità che si presentano, tranne il vampiro, sono prese dal folklore del Sol Levante, e di deliziosi giochi di parole della lingua giapponese che contribuiscono in modo importante a rendere i dialoghi spiazzanti. Tutti questi elementi, sommati alle caratteristiche dei personaggi, contribuiscono a rendere "Bakemonogatari" un'opera parodistica, oltre che concettuale. Il massimo in questo senso sono i dialoghi tra Koyomi e Hitagi: quest'ultima è tra i più paradossali personaggi che si siano mai visti, brillantissima, intelligente e psicopatica allo stesso tempo, divertente nel suo fare serio, terribilmente serio, deliziosamente sarcastica e cinicamente tagliente nel suo essere tsundere, un atteggiamento, si scoprirà, usato come difesa, per nascondere il terribile trauma e le ferite che si porta dentro, maniacalmente possessiva e quasi sadica nell'esprimere i propri sentimenti, ma allo stesso tempo dolce, romantica, profonda e intimamente fragile. Hitagi Senjougahara è l'esempio più evidente del tipo di operazione che gli autori hanno voluto fare sui personaggi di "Bakemonogatari": ognuno di loro parte da uno stereotipo, anzi, è uno stereotipo: la tsundere, la loli, la sportiva estroversa e yuri, la timida, la capoclasse gentile, dolce e tettona. Eppure ognuno di loro è caratterizzato, chi più (Hitagi e Kanbaru su tutte, un po' meno Mayoi) chi meno (Nadeko Segoku e Tsubasa Hanekawa), da un elemento di paradossalità molto forte che le rende (chi più chi meno) degli stereotipi "sui generis": Hitagi è una tsundere, ma molto, molto "sui generis"; Kanbaru è una sportiva yuri ed estroversa, ma molto, molto "sui generis" (spettacolari i suoi doppi sensi, il suo essere spesso sboccata, abbastanza maniaca e decisamente ambigua dietro la facciata di serietà da atleta modello, ma anche lei nasconde ferite intime, fragilità profondamente nascoste e forti sentimenti. E' un personaggio splendido, il migliore dopo Hitagi). Decisamente meno "sui generis" (e meno riuscite) sono Mayoi e soprattutto Nadeko e Tsubasa, che compensano una caratterizzazione meno riuscita con una storia personale più o meno profonda.

Perchè "Bakemonogatari" è anche questo: si struttura come una commedia ecchi-harem sovrannaturale a "saghe", in cui ogni saga è dedicata a una ragazza specifica (e a una particolare entità), con il nostro protagonista (Koyomi Araragi) che da buon samaritano le aiuta nel superare i propri problemi. Per quanto l'anime manchi di una solida trama, anzi, la trama è quasi inesistente in quanto l'unico, sottile filo conduttore è la storia d'amore tra Hitagi e Koyomi, ognuno dei personaggi ha una storia personale inaspettatamente profonda, con picchi di pathos non indifferenti e sconosciuti agli harem medi e rivelazioni più o meno profonde e sorprendenti. Su tutte le vicende di Hitagi, Mayoi e Tsubasa. E a proposito della storia d'amore tra Hitagi e Araragi, personalmente l'ho trovato una tra le più belle storie d'amore dell'animazione: non perché ci sia una profonda dimostrazione d'amore e romanticismo tra i due, tutt'altro! Soprattutto grazie a Hitagi, questa storia d'amore è caratterizzata da un continuo senso dell'assurdo, è fuori da ogni schema shoujo o harem, è quanto di più strano, paradossale, "sui generis" ci possa essere e in questo contesto si creano molte delle scene più divertenti e demenziali dell'anime; eppure, pur nel suo essere così assurda, maniacale, strana, folle, paradossale, demenziale, questa storia sa dimostrare (episodio 12) una profondità, una dolcezza, una sincerità e un romanticismo superiori a quello della grande maggioranza della storie d'amore shoujo e harem. E finalmente, il protagonista si mette insieme alla ragazza non alla fine, ma all'inizio dell'anime, e nonostante durante il corso dell'anime non nasconda certe tentazioni, le resta fedele e gradualmente ammetterà i propri sentimenti, rivelando, in mezzo a tante storie di mostri ed entità sovrannaturali e in mezzo a tanto sperimentalismo e paradossalità, una dolcezza e un sentimentalismo non indifferenti, sorprendentemente dolci ma tutt'altro che smielati.

Un altro elemento, che può piacere o meno, ma che sicuramente conferisce ulteriore originalità all'opera è che i "casi" che di volta in volta si presentano non li risolve il protagonista: Araragi-kun calamita su di sé tutti i casi e l'attenzione delle ragazze, tutte a vario titolo attratte da lui (in pieno stile harem), cerca di aiutarle, ma lo fa portandole da un "esperto", Meme Oshino, un senza tetto che vive in una scuola abbandonata, una via di mezzo tra un monaco e un esorcista. E' lui che spiega di volta in volta di che caso si tratta, con quale entità si ha a che fare e che materialmente (anche se sempre con l'aiuto di Araragi e ovviamente del soggetto affetto dall'entità) risolve i casi (tranne l'ultimo). Ciò può non piacere perché così si toglie potere al protagonista, ma è sicuramente originale e anche più realistico, e lo preferisco nettamente alla soluzione "classica" e iper-abusata del protagonista che all'improvviso diventa supereroe e con le sue sole forze e la sola forza dei suoi sentimenti risolve tutti i problemi.

Ho fatto riferimento all'ecchi; in effetti esso è presente in discrete quantità nel complesso, ma nulla di eccessivo, anzi tutt'altro, visto che si inserisce benissimo nel tessuto della storia; a volte è funzionale, e come detto è abbastanza moderato. Le scene ecchi importanti si hanno solo nell'episodio due e otto. La prima mostra Hitagi che fa la doccia e si veste davanti ad Araragi, ed è la scena ecchi più lunga e la più sexy; la seconda si ha con Nadeko che, per mostare gli effetti dell'entità-serpente sul proprio corpo si spoglia davanti a Kanbaru e Araragi rimanendo in shorts; a queste al massimo si può aggiungere l'inquadratura di 3 secondi sul seno e il corpo prorompente di Tsubasa Cat (ovvero Tsubasa posseduta dal Sawarineko). Per il resto si trovano solo un paio di inquadrature del corpo (vestito e abbottonato) della durata di 2 secondi contati, così come di 2 secondi contati sono due-tre inquadrature a un paio di mutandine/pantaloncini da ginnastica/costume della scuola; sono decisamente di più le allusioni e le ambiguità nei discorsi - quelle sì abbastanza numerose e che partecipano per lo più alle scene divertenti -, che l'ecchi vero e proprio.

Infine la realizzazione grafica e il sonoro: la prima è all'insegna anch'essa dello sperimentalismo, caratterizzata da sfondi asettici, bidimensionali, essenziali, con colori atipici e luci particolari; il chara dei personaggi è piuttosto bello, anche qui luci e colori rendono il tutto molto particolare, così come sono particolarissime e sperimentali le animazioni. Il sonoro è molto bello, le OST devo dire che sono ben al di sopra della media degli anime e partecipano, di volta in volta, nel creare una certa atmosfera; opening ed ending (le prime sono diverse per ogni saga) sono orecchiabili e carine e caratterizzate da animazioni particolari e sperimentali; benissimo anche il doppiaggio.

In sintesi, "Bakemonogatari" è un'opera concettuale, con una trama quasi inesistente, una serie suddivisa in mini-saghe per ogni ragazza in pieno stile harem, ma allo stesso tempo parodia di un harem, con personaggi che rappresentano uno stereotipo, ma allo stesso tempo sono originali e "sui generis", spesso parodia essi stessi degli stereotipi che incarnano, e in più con storie personali inaspettatamente profonde e sorprendenti. Le stesse entità con cui Araragi e co. hanno a che fare non sono di solito né buone né cattive, ma sono solo espressioni sovrannaturali e visibili di un malessere o di una situazione drammatica dei protagonisti. Il tutto è diretto con uno stile futuristico e ultra-sperimentale, puro ludibrio visivo che nei suoi concettualismo e sperimentalismo (a volte anche fine a se stesso) sa anche creare nelle scene clou un certo pathos. Questo è un anime caratterizzato da particolarissime animazioni, luci e disegni, e soprattutto da lunghi dialoghi sviluppati in forma di flusso di coscienza, pieni di citazioni e giochi di parole, brillanti, a tratti geniali nel loro essere non di rado assurdi e paradossali, a cui si accompagna una buonissima colonna sonora.
Il mio voto a "Bakemonogatari" è 8,5.


CONTRO 

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Pregno di un surrealismo visivo, iconografico e quasi tangibile, Bakemonogatari stupisce con un gioco di parole già dal titolo, un curioso neologismo composto da Bakemono (letteralmente, mostro) e Monogatari (ovvero storia, racconto), contratto in un simpatico Bakemonogatari, che possiamo interpretare come Mostracconto).
L'anime è proprio la storia di creature note ai più come classiche nell'immaginario collettivo orientale che fanno la loro comparsa già dal primo episodio. Araragi, semplice ragazzo liceale un tempo malato di vampirismo (!) incontra una fanciulla atletica, snella, carina seppur bizzarra, dai modi rigidi e desueti di nome Hitagi.

Eccentrico, quasi insensato sin dall'inizio, nonostante i bizzarri particolari che delineano i personaggi appena descritti, l'incipit è una sorta d'archetipo classico dell'animazione odierna giapponese, capace d'intrecciare a questo classicismo una visionarietà inaspettata: il giovane Araragi incontra Hitagi mentre questa precipita da una tromba delle scale, all'interno della scuola che entrambi frequentano. Il ragazzo l'afferra al volo e appena i due hanno contatto egli si accorge di quanto la fanciulla sia leggera, o per meglio dire, impalpabile.
Bella - ma pericolosa - e dal carattere odioso, Hitagi si rivelerà un personaggio clamorosamente tsundere, una coprotagonista complessa ma intermittente, capace prima di minacciare il suo salvatore per tornaconto personale per poi stringersi a lui in una particolare amicizia, sempre più intima, in perfetto, folle ed estremo stile tsundere.

Bakemonogatari è un lavoro che si svela pian piano, una sorta di affresco postmoderno rispetto al plot degli anime che vanno per la maggiore; si dona allo spettatore come un'onirica follia intrisa di dialoghi criptici e trasversali, capaci di confondere, e, a tratti, complicare eccessivamente la concezione dell'astrattismo che tenta - malamente - di comunicare.
L'idea di mixare gli elementi più classici e stereotipati del genere anime moderno e cuocere il tutto con un pizzico di nonsense e una buona dose di sottile ironia è, tuttavia, dannatamente geniale. Un protagonista ex vampiro, una sorta di esorcista sfaticato e canzoniere, un ventaglio di coprotagoniste che fungono da spalla ad Araragi fra cui si annoverano la solita tsundere (già citata), le classiche sorelline, la lolita di turno, l'ennesima compagna d'infanzia che torna invaghita e la pseudo-lesbica dal carattere maschiaccio indecisa fra protagonista maschile e quello femminile, sono varianti viste e riviste. Se si mescola ogni cosa con una trama spezzettata, scenari piatti e afoni, colonna sonora volutamente fastidiosa e capace di trasmettere le giuste emozioni allo spettatore, sequenze d'immagine alternate a testi scritti più simbolici che metaforici, ne viene fuori una devastante follia capace di fuorviare chiunque.
Eppure le prime puntate riescono a intrigare, intrecciando una storiella d'amore appena accennata a situazioni grottesche, quasi spaventose, tinte scure e graffianti degne dei più tetri episodi del celebre anime horror "Higurashi no naku koro ni".

L'intento degli autori è sicuramente quello di stupire, forzare la mano oltre ogni concezione e senza dubbio l'obbiettivo viene centrato, ma a scapito della tensione e di una trama lineare a lungo termine: se dapprima l'anime risulta gradevole e divertente, la continua esasperazione delle scene, i prolungati dialoghi che lasciano spazio a una confusionaria introspezione - a tratti demenziale - dei protagonisti e i discorsi lasciati cadere nel vuoto spezzano il pathos, rallentano e confondono oltremodo. La parte centrale della trama è probabilmente la più tediosa, ferma, immobile su riflessioni ridondanti che ci si aspetta cambino direzione, nell'appropinquarsi di un finale che purtroppo è ben sotto le aspettative.
Grande è però la sapienza degli autori nel saltare di stile in stile man mano che gli episodi sfilano sotto gli occhi dello spettatore, e curioso nonché eccentrico l'uso del fanservice, capace di fare la sua comparsa anche in un prodotto del genere e non risultare la solita lampada di Aladino pronta a essere strofinata per chi lo desidera, ma di rendersi parte integrante della follia che fa da vettore guida.

La sensazione che si ha in fondo è, a ogni modo, di sottile e impalpabile amarezza: se gli autori, invece di continuare a mescolare generi, frasi, battute e icone, si fossero concentrati su uno di questi elementi pur lasciando ruotare attorno a esso tutti gli altri ne sarebbe scaturito, con tutta probabilità, un crescendo più adeguato e intellegibile. La somma dei caotici addendi di questa folle operazione è invece disordinata, quasi belluina, un caos che dapprima diverte, poi si cerca di decifrare, infine rischia davvero di annoiare.
Come molti altri hanno già sottolineato, Bakemonogatari o si ama o si odia. E temo proprio di non averlo amato.



Potete far sentire la vostra voce, oltre che nei commenti, anche con un mini sondaggio che durerà tre giorni!

Cosa ne pensate di Bakemonogatari?