In questi giorni abbiamo avuto la possibilità di "raggiungere" Luca Tieri, artista di origini napoletane che vive e lavora in Giappone, dove ha scritto ed illustrato Vecta, uno splendido racconto editato da Coconino Press. Il fuso orario tra i due Paesi non ci ha permesso di trasmettervi l'intervista in diretta, sul nostro canale Twitch, ma vi proponiamo questo incontro tramite video intervista registrata con relativa trascrizione. 
 
 

Amici di AnimeClick, siamo in compagnia di un ospite direttamente dal Giappone, Luca Tieri. La tecnologia permette di incontrarci nonostante il fuso orario. In virtù di questo immagino che per te sia complesso collaborare con l'Italia...

Luca Tieri:
Ciao a tutti, si, anche se con le scadenze ho mezza giornata in più. Mi sveglio prima, per cui guadagno mezza giornata. 

Ti presentiamo al pubblico di AnimeClick, per chi non ti conoscesse, tu sei Luca Tieri, classe 1978, originario di Napoli, sei andato a vivere in Giappone dove lavori e dove hai illustrato Vecta, il fumetto che è stato pubblicato in Italia per Coconino Press, che ho avuto il piacere di leggere anche io. Vecta è un'opera di fantascienza, ambientata in un futuro ormai prossimo, ricca di tecnologie, dove c’è un autentico spaccato nelle fibre sociali. Si parte con ragazze bikers costrette a sfidarsi e a sottoporsi ad esperimenti e poi si allargherà ad una vera e propria cospirazione che vedrà questi intrighi sfaldarsi per opera di una ragazza molto determinata, che vuole fare luce sul proprio passato. Vuoi aggiungere qualcosa riguardo alla trama?

Il teatro è Tokyo, forse ripensandoci è stato proprio strano, non avrei mai pensato qualche anno fa di ambientare una storia in Giappone. Poi vivendoci, dopo tanti anni, mi è venuto naturale. Tutte le strade, le persone che incontro, mi vengono dal quotidiano. Mi è risultato naturale ambientarlo qui. In più c'è questa sorta di retro futuro, c'è un downgrade tecnologico, per cui è stato un escamotage per disegnare un sacco di gadget che altrimenti sarebbero stati molto più non materici. A me interessava ambientarlo nel futuro anche per questo aspetto. 
 

 
Abbiamo detto prima che Napoli è la tua terra d'origine, dove ti sei formato e hai studiato, come sceneggiatore ed illustratore. Poi sei passato alla megalopoli di Tokyo, in Giappone. Sei andato in Giappone perché avvertivi il richiamo, una sorta di vocazione per la tua carriera artistica, oppure sei andato in Giappone perché temevi che in Italia avresti avuto pochi sbocchi per il tuo lavoro?

Il primo contatto che ho avuto con il Giappone è avvenuto come per la maggior parte di tutti gli stranieri, almeno quelli della nostra generazione, ossia attraverso l'ondata di anime, giochi e poi con i manga negli anni '90. Sono venuto qui per la prima volta nei primi anni 2000, poi ci sono ritornato grazie alla musica. Ero impazzito per alcuni gruppi garage punk giapponesi. Già la prima volta avevo conosciuto persone giapponesi che curavano una rivista, un magazine di sottoculture musicali, con i quali ho collaborato qualche anno. Facevo delle cut illustration, ed altre illustrazioni da inserire tra un articolo e l'altro. Grazie a questo contatto ho fatto una mostra nel 2010, ma in quel periodo tornavo spessissimo per venire ad ascoltare queste band che esplodevano sul palco.  
 

Quindi in sostanza vivere in Giappone è stata una conseguenza delle tue passioni?

Si sono ritornato perché il Giappone è un Paese che si offre moltissimo sulla superficie, è una cartolina fantastica, ma molto superficiale. Ho subito pensato che dovessi imparare la lingua per andare a fondo, perché sono molto curioso e mi piace scavare a mano. Ho messo da parte un po' di risparmi, mi sono trasferito e mi sono iscritto alla scuola di giapponese. La mattina andavo ai corsi e nel pomeriggio lavoravo part-time. Non so come sia riuscito a superare tutti questi impegni. 

Prima di passare a Vecta, editato da Coconino Press, vorrei approfondire bene le tue influenze. Leggendo quest’opera un lettore navigato come me, ha visto veramente tante similitudini con altre opere o autori. Ti potrei citare Akira di Otomo, Alita di Kishiro, le atmosfere cyberpunk di Blade Runner, richiami ai Bōsōzoku degli anni ’70, solo per citarne alcuni. Sono omaggi voluti e ricercati oppure sono parte della tua cifra stilistica e quindi ti sono usciti senza pensare a chi, direttamente o indirettamente ti ha influenzato?

Ti dirò, è un periodo in cui stavo attraversando una crisi riguardo al colore, ti parlo di stile figurativo, non al racconto in quanto storia. Cercavo di capire dove volevo andare a parare. Poi ho capito che la strada giusta era quella della linea. Non so se si può chiamare linea chiara il mio lavoro, però comunque è un lavoro di linea che quasi si chiude. Sono tavole che hanno un sapore legato alla cromia acrilica, anche se ultimamente sto lavorando anche in maniera più piatta. Ho scoperto che gli autori giapponesi che escono dagli anni '80 e che portano con sé tutte le tecniche del manga giapponese, si sono poi aperti al manga straniero. Lo stesso Otomo, che ha radici quasi gekiga, poi si è aperto al fumetto europeo, con tavole belle ampie, divise in tre vignette panoramiche. C'è quasi un sapore da bande dessinée, un continuo rimando tra occidente ed oriente. Mi sono immerso in maniera quasi naturale. Ci sono degli autori che fanno parte della mia rosa di preferiti, ma non saprei mostrarti gli ingredienti della ricetta. Ho sentito che la linea era la strada da seguire ed era un periodo in cui ero stato influenzato da alcune mostre di artisti giapponesi. Riprendendo il discorso di Otomo, abbiamo questa divisione in tre vignette, molto cinematografica, ma in realtà possiamo trovare anche molti tagli verticali, che sono invece molto giapponesi. Pur avendo delle immagini statiche di natura, di animali e di figure umane hanno molto ritmo nella loro verticalità. Per la nostra generazione è stato uno shock visivo non indifferente. Il mio non è sicuramente un modo di disegnare "alla maniera di", anche perché poi si entra in un labirinto. Quando disegni molte tavole se all'inizio pensi: "questo tot numero di linee va bene per quello che voglio comunicare? È troppo dettagliato? È troppo bianco?", poi è la storia che ti porta avanti e ti dice: "questo fai bene a non disegnarlo, mentre questo fai bene ad illustrarlo". 
 

Quali sono i manga che porti nel cuore e quali sono i gruppi musicali che accompagnano le tue giornate?

Il primo che ho letto è Akira in edizione Granata Press. Poi ho comprato e mi sono riletto la nuova edizione giapponese di Doumu - Sogni di Bambini di Otomo, che per me è anche migliore. Secondo me è l'apice di Otomo. Poi ho letto molto di Taniguchi, Go Nagai con Devilman, Lamù e Dr. Slump e Arale. Come gruppi musicali sono partito con il garage punk americano, ad esempio i The Devils Dogs, poi quando ho ascoltato gruppi giapponesi come i Teengenerate o i Guitar Wolf, che erano come gli americani ma ancora più sporchi e veloci, con il loro inglese giapponese, mi è arrivata questa botta che è stata una folgorazione. Ora ascolto un po' di tutto. Per esempio io ascolto musica rumorosissima quando vado in treno, mi aiuta a calmarmi. So che può sembrare un controsenso, però aiuta. In Giappone, a Tokyo ci sono tante sottoculture, tanti generi, è sempre una scoperta, quando magari vai ad ascoltare una band di amici che suona trovi tanta musica nuova. 

Tornando a Vecta, vuoi parlarci di come hai appreso la notizia della sua pubblicazione in Italia? Come hai reagito?  

Io all'epoca disegnavo questa serie di ragazze in sella a queste turbo moto. Cercavo di distruggere lo stereotipo della "donnina e motocicletta", da poster di camionista. In quel periodo mi contattò Francesco Ratigher chiedendomi se avessi una storia nel cassetto da proporre a loro. Mi presi qualche settimana per confezionare uno scritto. Mi risposero positivamente e cominciai a lavorare alla storia, circa un annetto, poi un altro anno per il volume, perché stato lavorando anche ad altre cose. La storia è stata la parte più difficile, perché era la mia prima storia lunga, dovevo fare i conti con molti aspetti. Ho imparato molto anche dei miei limiti. Anche nelle illustrazioni ho sempre avuto un approccio legato al fumetto o comunque legato al racconto di sequenza. Faccio molte sintesi, ho un segno abbastanza grafico, dovevo chiudere una storia lunga, sentivo proprio che dovevo fare qualcosa per arrivare a delle sintesi. Queste diventano tue quando disegni un mondo sempre con gli stessi personaggi, o quando disegni per la prima volta qualcosa che non ti sogneresti mai di disegnare. Ho imparato molto, ho chiuso molti cerchi. Sono molto contento di aver pubblicato con loro perché in Coconino trattano sempre benissimo i loro volumi. 

Lo diciamo sempre anche noi, la cura che Coconino mette nelle sue opere volge sempre di più alla qualità che alla quantità. Poche opere, ma tutte con molto lavoro e cura. Lavoro poi ripagato anche dai sondaggi sul nostro sito. 

Si, tenevo molto al volume, alla scelta delle carte. Hanno scelto una patinata che non è consueta per Coconino. È stato un esperimento anche da parte loro, ma ho ricevuto molti commenti positivi per questa scelta. 
 


Permettimi di dire che sei veramente un’artista eccezionale quando si parla di tavole a colori. I primi capitoli, e gli ultimi, di Vecta sono qualcosa di veramente favoloso e ricco. Una vera esplosione cromatica, che è raro vedere in tutte le altre opere, credo che sia l’aspetto che più di ogni altro ti contraddistingue. Da dove arriva questa tua grande capacità?

In realtà qui a Tokyo, nel quartiere in cui vivo, c'è una forte dimensione umana. Vengo catturato da una serranda di un negozio degli anni '80 o da una tendina di un altro negozio. Sono tutti abbinamenti che poi faccio miei. Mi piace stravolgere i colori, c'è un approccio abbastanza pop, come anche rendere colorate le ombre. Mi sono divertito. In realtà il volume era colorato in maniera diversa in origine. Siccome ha una colorazione digitale, all'inizio mi vedeva lavorare su molti strati di livelli con photoshop, e si perdeva molto. Questo rendere artificioso il lavoro di colorazioni su livelli mi ammazzava la pagina. Quando ho concluso il volume e sono ritornato sulle prime ho pensato che dovevo ricolorarle tutte, perché così non andavano. Il digitale ti offre molto e anche di più, ma finisci per disperderti. Per cui ho scelto di ridurre al massimo i livelli e di lavorare quasi su un unico strato, ho semplificato ancora di più il lavoro, trasformandolo quasi in analogico. Penso che il digitale abbia molte comodità, ma bisogna saperle usare, altrimenti si perde la sicurezza nel tratto. Il foglio ha un limite, che però non è un limite, perché quello che disegni rimane, anche una linea sbagliata è una linea sentita, mentre con il digitale sei più portato a cancellare subito. 

Vecta vede protagonista principale una ragazza, ma non solo, sono molte le donne presenti in quest’opera  e possiamo dire che siano il vero e proprio fulcro di tutta la sceneggiatura. Nel corso degli anni cominciano ad essere molti i titoli, rispetto al passato, parlo ovviamente di fumetti ma anche film, serie TV, ecc, che vedono protagoniste le donne. Quanto pensi che sia importante che il pubblico femminile possa finalmente trovare molte più rappresentanti rispetto a 20/30 anni fa?

È una cosa che a me fa sempre piacere. Ci sono molte ragazze che vengono e vogliono comunicarmi qualcosa in merito alle cose che faccio. Le ragazze leggono molti shōnen, così come io ho letto shōjo manga. Tra l'altro quasi tutti gli autori giapponesi che mi piacciono, come ad esempio Atsushi Kamijo, pubblicato da poco in Italia da parte di Saldapress, hanno un approccio ed un'eleganza molto vicina agli shōjo, quindi in realtà stiamo abbattendo i muri tra fumetto per ragazzi e fumetto per ragazze. Alcune scelte stanno andando in quella direzione. C'è questa diga che è appena stata rotta da cui deriva questa valanga di titoli con protagoniste ragazze o donne. Più che l'esigenza del momento credo che sia fondamentale averle. Io sono contento della risposta avuta dal pubblico femminile, arrivano ragazze che mi dicono di aver apprezzato il personaggio di Reiko, la cattiva del fumetto. Hanno queste simpatie. Per me venire in Italia l'anno scorso è stata una gioia incredibile. Abbiamo fatto qualche incontro con i lettori, in giro per l'Italia, poi sono stato al Comicon. Molti si sono portati il volume da casa, nonostante sia un volume pesante da portare con sé, mi ha fatto molto piacere. 
 
 
Ti vedremo in qualche fiera italiana prossimamente?

Sarò al Comicon di Napoli. Sarò ospite di Coconino e poi sarò protagonista ad un panel all'Asian Village.  

Ci sono tantissimi generi in Vecta, alcuni li abbiamo citati come la fantascienza, ma ci sono anche tante tematiche importanti, che soprattutto riguardano la compagine sociale. Insomma c’è della denuncia sociale tangibile e viva. Quali sono secondo te le battaglie più grandi che deve affrontare la protagonista in questo senso?

In realtà penso che sia proprio il sentimento di rivalsa, sia di Irina che di Telemaco.  

Mirka Andolfo, Elena Vitagliano, Federica di Meo, prima di loro Zerocalcare, e altri autori e autrici italiane stanno ritagliandosi sempre più spazio in ambito internazionale. Come vedi questo aumento di popolarità degli autori italiani attuale e questo potrebbe spingerti un giorno a tornare in Italia?

È una cosa positiva. Noi italiani abbiamo la nostra maniera di rompere tutto ciò che è accademico. Mi rendo conto che romperlo piazzandosi su altri approcci che non sono nostri è difficile, è facile cadere in tentazione. Bisogna trovare la maniera più personale possibile per poi rompere ciò che è accademico. Abbiamo questa rigidità, sia nel racconto che nel disegno. Troviamo conforto nel manga, che ha un segno più libero, ma anche nel fumetto francese, belga o americano. Proprio perché c'è questa esigenza di uscire dalla vecchia scuola, dal vecchio metodo delle scuole di fumetto. Io mi reputo molto fortunato perché pur frequentando una scuola negli anni '90, ossia all'inizio della scuola del fumetto, sono stato seguito da professionisti che guardavano anche oltre. Chi trova la propria cifra stilistica anche guardando fuori e poi fa suo quello stile secondo me vince. I colleghi che hai nominato riescono in questo, bisogna trovare il proprio equilibrio. È sempre difficile allontanarsi dal proprio stile, ma poi diventa tuo personale. Per cui viva l'Italia, viva tutti, l'importante è portare storie interessanti. In Italia si sente il profumo di storie e stili nuovi, figli di un fumetto underground che oggi arriva anche in libreria.

I lettori possono trovare Vecta sul sito di Coconino Press, in fumetteria e in libreria, con le sue 240 pagine, di cui 25 a colori, formato 19,5x26cm a 22 euro.  


Il progetto è stato seguito da me, anche se purtroppo non sono potuto andare in stamperia personalmente. In Coconino sono stati bravissimi a seguirmi anche a distanza. Poi quando l'ho ricevuto era ancora meglio di come me lo immaginavo. Sono molto contento.

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AnimeClick ringrazia Luca Tieri per la disponibilità e Paolo La Marca e Coconino Press per l'opportunità di questa intervista.