Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

9.0/10
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Con la visione dei 13 episodi della serie “Aku no Hana” mi è venuta in mente una semplice constatazione: allora esiste anche un genere di anime d’autore, coraggioso, originale e anche un po’ spregiudicato, che non rientra nel solito mainstream del “politically correct” sia a livello visivo di rappresentazione grafica, sia di contenuti.

Sui contenuti, c’è poco da discutere: l’anime prende spunto dal manga omonimo di Oshimi Shuzo e ritenuto il suo capolavoro assoluto… L’anime ne rappresenta quasi fedelmente quanto narrato nei primi quattro volumi sugli undici totali dell’opera completa, uscita nel 2009.
Ecco il primo e unico limite che trovo alla serie anime. Purtroppo la narrazione termina sul più bello quando inizia il vero viaggio nel “male” e i protagonisti -a vario titolo- iniziano ad evolvere e a manifestare i segnali di vera rottura contro il “sistema” o come si voglia chiamare quell’insieme di regole, ipocrisia, educazione formale all’eccesso, repressione del proprio ego e pulsioni che è posto alla base della vita e della società giapponese, prendendo come punto di vista privilegiato quello di due personaggi introversi e a loro modo “anormali” (nel senso di non “omologati”) o, come vengono definiti nell’anime, “hentai”: Takao Kasuga e Sawa Nakamura.

Da questo punto di vista, "Aku no hana" è un affresco autobiografico a tinte cupe dell'autore e della sua "insofferenza" al visione del mondo della società giapponese. Tale aspetto è particolarmente evidente nella difficoltà del protagonista Takao a vivere la propria esistenza in modo equilibrato all'interno delle rigide regole della società ma anche della famiglia, che brilla per il suo formalismo e la sua "assenza" dalle turbe e complicazioni psicologiche del loro ragazzo.

Il tutto prende spunto da un’opera di C. Baudelaire “Les fleurs du mal”, capolavoro del decadentismo più nichilista, permeando l’opera animata con ciò che ha rappresentato per l’autore e ciò che ha scatenato in lui lo scritto del poeta francese.
E così “I fiori del male” di Baudelaire diventa solo l’escamotage di ispirazione che viene utilizzato come miccia per scatenare l’esplosione del disagio represso di due ragazzi verso l’ambiente e il sistema in cui vivono. Non c’è una esegesi dell’opera del poeta francese, anzi, nell’anime Takao (e poi anche Nanako) dichiarano espressamente che la raccolta di poesie non l’hanno capita e che è difficile, ma di questa ne hanno percepito il messaggio dirompente anarchico/nichilista contro tutto ciò che rappresenta l’ordine delle cose in cui vivono…

Il protagonista Takao Kasuga è un ragazzo come tanti, studente e figlio unico di una normalissima coppia di un paese della sperduta provincia giapponese, con la passione per la letteratura che risulta essere il rifugio in cui rintanarsi per sfuggire alla mediocre normalità e sognare.
In un normale giorno di scuola, si accorge di aver dimenticato sotto il banco il suo libro preferito, “I fiori del male”. Tornato in classe, Takao trova i vestiti da ginnastica appartenenti alla bella compagna di classe Nanako Saeki della quale è segretamente innamorato; dopo qualche esitazione e in preda ai propri istinti irrazionali li nasconde e li porta con sé a casa.
Questo evento rappresenterà l’inizio del personale viaggio di Takao verso la scoperta (o meglio emersione) del suo lato “oscuro”. Della birichinata di Takao c’è una testimone: la sua compagna di classe Sawa Nakamura, che lo ricatterà costringendolo ad accettare di compiere quello che lei vuole, in cambio del suo silenzio.
Il clima di apparente normalità un po’ ingenua e felice della vita di Takao si trasforma in una sorta di incubo pregno di una tensione angosciosa e destabilizzante che l’anime riesce a trasmettere in modo molto diretto e marcato. A ciò contribuiscono le scelte stilistiche della produzione dello studio Zexcs sotto la direzione di Hiroshi Nagahama, del character desing di Hidekazu Shimamura e alle musiche di Hideyuki Fukasawa, con una particolare menzione alla ending "Hana - a last flower” di Asa-Chang & Junray.

L’anime è infatti molto particolare dal punto di vista tecnico soprattutto per le sue animazioni e per il character design che risulta parecchio diverso da quello del manga da cui è tratto.
Per le animazioni è stato utilizzata la tecnica del rotoscopio: una tecnica che prevede di ricalcare le figure da una pellicola precedentemente realizzata filmando degli attori veri, animandole. Il risultato finale potrebbe non essere di gradimento a tutti: è piuttosto piatto e poco dettagliato, ma dà un tocco di realismo ai personaggi, ben lontano dai classici stili tipici degli anime a cui si è abituati.
In più, per il world building, sono state usate immagini piuttosto realistiche (e tanto desolanti) di una cittadina ben lontana dalle grandi città tipiche del Giappone: case e strade piuttosto tetre, in pessimo stato di manutenzione, decadenti e povere che ben si amalgamano con la trama piuttosto lenta, angosciante e di sofferenza dei protagonisti della serie.

Il vero punto di forza di “Aku no Hana” sono comunque i personaggi. Nonostante il protagonista sia Takao Kasuga perché la trama viene raccontata dal suo punto di vista, Sawa Nakamura e Nanako Saeki non potrebbero essere considerate come dei semplici personaggi secondari, anzi… si potrebbero considerare come delle estensioni metaforiche di Takao, due “poli” della personalità tra cui oscilla il carattere ondivago di Takao. Paradigmatica una scena della serie in cui Takao si ritrova a dover scegliere proprio se seguire o l’una o l’altra: e per la prima volta dichiara chiaramente ad entrambe (e soprattutto a se stesso) che non riesce, avendo bisogno di entrambe. Ma cosa rappresentano Sawa e Nanako? Premesso che il manga è molto più esaustivo da questo punto di vista (soprattutto per Nanako), nell’anime Sawa è la ragazza ribelle e nichilista, che personifica la totale repulsione verso la società e la sua etica falsa e ipocrita. Inizialmente sembra il carnefice di Takao, ma poi si dimostrerà essere soltanto una sua complice … E da lei Takao è fatalmente attratto. Nanako rappresenta l’esatto opposto di Sawa, ossia il perfetto archetipo dell’essere “normale” nel senso di essere la migliore personificazione della “perfetta giapponese”: bella, gentile ed educata, popolare, brava a scuola… insomma la personificazione quasi “stilnovistica” degli stilemi delle virtù della società giapponese. Da lei Takao è attratto inizialmente come Dante da Beatrice, ma verso la fine della serie si intuirà che il protagonista tenderà a subire più le lunsighe del lato oscuro della forza…

Tra questi opposti, e in virtù dei “misfatti” compiuti prima in autonomia e poi in correità con Sawa, Takao ci conduce in una sorta di metaverso alienante in cui vive nelle sue percezioni del tutto personali della realtà, nei suoi costanti sensi di colpa dovuti all’impossibilità di riuscire a essere un ragazzo come tutti gli altri (ossia coerente con il sistema) e la necessità di voler spiccare il volo ed essere se stesso vivendo le sue pulsioni che fa a fatica a contenere una volta che trova in Sawa la complice per abbattere le sue barriere (paradigmatiche in questo senso le battute di Sawa a riguardo).

Purtroppo l’anime, pur nella sua originalità e valore, rappresenta un’occasione quasi sprecata per la sua incompletezza, soprattutto considerando che contiene una delle scene più belle che mi sia capitato di vedere, l’atto vandalico a scuola da parte di Takao e Sawa (riprese in slow motion) e la successiva scena di “quiete dopo la tempesta” in cui con una inquadratura “log take” e una musica lenta, ipnotica e alienante i due vengono ripresi a camminare alle luci dell’alba mano nella mano esausti e consapevoli del disvalore delle azioni appena compiute o come la la scena finale dell’ultimo episodio in cui Sawa e Takao dopo un lungo inseguimento in preda alla disperazione vedono in rapidissima sequenza in una sorta di “Aleph” alcuni frame del resto del loro viaggio verso la fioritura dei loro fiori del male…

Pur nel limite della ridotta trasposizione del manga da cui deriva, “Aku no Hana” è una sorta di viaggio che vuole documentare quel periodo critico della esistenza umana che si chiama adolescenza: una sorta di odissea o rollercoaster che può assumere molteplici sfumature esistenzialiste anche oscure e nichiliste.

8.0/10
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«Bastardo» (originalmente “Hulejasig”) è un manhwa, ideato da Carnby Kim e disegnato da Young Chan Hwang, intricato senza esagerazioni e ricco di pathos fino all’ultima pagina.

“Quella volta mio padre non disse una parola, ma potei avvertire chiaramente quello che avrebbe voluto dire.”

Jin Sunwoo vive con il padre Dongsu, un uomo ricco, affascinante, amato da tutti per il suo modo di relazionarsi con il prossimo, altruista e disinteressato. Quel ragazzino non sembra andarci d’accordo, potrebbe essere definito un conflitto generazionale, non avendo una madre, una donna forte, da far da tramite tra i due. Il ragazzino sembra proprio non trovare un proprio posto all’interno di quella società tanto strana in cui vive. Eppure apparentemente vive una vita quasi banale, frequenta una scuola normale con compagni di classe forse non troppo amichevoli, ma nulla di più. Questo è quanto sembra, la realtà è completamente diversa, distorta, in quel buio sembra non esservi alcuna luce, alcuna speranza.

Un semplice incontro forse può cambiare le cose, un qualcosa di normale in una vita senza alcun concetto di normalità. Non servono per forza meteore provenienti dallo spazio, viaggi nel tempo, demoni infernali o quanto una fervida immaginazione riesca a concepire per cambiare il destino di un ragazzo, nella realtà basta un qualcosa di molto più semplice, una ragazza, quando “amore” è una parola troppo grande per persone davvero piccole.

“Non farmi la ramanzina, hai ripagato il debito della tua vita con un semplice barattolo di gelato. Aspetta un attimo, quindi questo è il valore della tua vita? E’ proprio economica.”

Yoon Gyoun e Kim Jaehyuk, i comprimari della storia, sono personaggi tanto originali quanto credibili per i tanti particolari, delle tante sfaccettature del loro carattere. Esistono persone dalla vita semplice, felici di viverla, altri invece viaggiano nelle tonalità di grigio più disparate non essendo la vita bianco o nero, non è facile definire una persona malvagia o buona, spesso si vive. Yoon, in tema di colori, sembrerebbe più un arcobaleno, difficile tenerle testa quando inizia un discorso. Razionale e coscienziosa il più delle volte, aiuta a far ragionare chiunque parli con lei su cosa sia giusto fare, bisognerebbe fidarsi di una dal carattere tanto solare, ma non è facile fidarsi per chi per sopravvivere ha dovuto imparare a non fidarsi di nessuno.

Sono davvero pochi i personaggi a cui verrà dato più di un nome all’interno della storia, ma proprio grazie a tale esiguo numero l’autore riesce a riempire gli spazi vuoti analizzando con perizia i personaggi, mostrando i loro pregi e i loro difetti, a volte potrebbero non sembrare comprensibili nel loro agire, ma si mostrano sempre coerenti con il loro personaggio, più complesso di quanto possa sembrare.

“Ma più di qualsiasi altra cosa non voglio che mi guardi con una tale espressione.”

Ben scritto, lettura scorrevole con ottimi dialoghi, si mostra una storia ricca di punti di riflessione. Lo stile del disegno ricalca quello reale, riuscendo nell'esprimere al meglio, in eloquenti sguardi, la natura distorta dei protagonisti.

Uno dei temi più importanti affrontati nella storia è il rapporto padre-figlio. Non essendo un legame eterno bisognerebbe viverlo apprezzando i momenti trascorsi insieme, spesso le incomprensioni creano mostri immaginari, per fortuna solo raramente quei mostri sono reali.

«Bastardo» potrebbe essere la storia di un tentativo di redenzione, un percorso irto di ostacoli e forse impossibile da affrontare da solo, l’anima si dice nasca neutra, ma si macchia fin troppo facilmente quando viene lasciata nel buio.

Consigliato a chi cerca una storia ricca di tensione, un ottimo film thriller su carta, dai sapienti colpi di scena e dai risvolti imprevedibili.

9.0/10
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Non sono una grande amante di Osamu Tezuka ma "Barbara", come mi aspettavo dalle premesse, si è rivelato una lettura bellissima. Lo possiamo annoverare tra i lavori più adulti e sensuali del maestro.

Yosuke Mikura è un famoso scrittore di romanzi, un esteta raffinato che un giorno qualunque, nella stazione di Shinjuku, trova una barbona raggomitolata e puzzolente che dice di chiamarsi Barbara, e decide di portarla con sé senza uno scopo preciso, lei diventa una parassita alcolista a casa sua.
Va detto che Mikura non è un santo anzi, se si presenta l'occasione, cerca di andare a letto con belle donne, e Barbara inizialmente si comporta come un'amica che cerca di tirarlo fuori dai casini, i due litigano spesso violentemente, si lasciano senza rivedersi per mesi, per poi tornare inevitabilmente vicini, come uniti da uno strano legame.
Barbara è un'anima inafferrabile, non appartiene a nessuno, è decisamente alcolista, pigra, sudicia, spudorata, capricciosa, irresponsabile e un po' pazza... come Mikura. Ella è come una musa, suscita ispirazioni e sentimenti contrastanti nello scrittore che, da quando lei è entrata nella sua vita, nota l'avvenire di fatti alquanto strani e misteriosi: un suo amico venuto dal lontano, a sorpresa gli rivela che Barbara fu anche sua musa e la fortuna lo abbandonò, insieme a lei, anni prima; l'esistenza di un negozio sotterraneo gestito dalla madre di Barbara con innumerevoli quadri prestigiosissimi dal valore inestimabile... per scoprire poi che quel negozio appare e scompare in quella via magicamente; la comparsa di inquietanti bambole vudù, seguite da morti misteriose...

Un indovino predice al nostro protagonista un avvenire sconcertante: Mikura sta scrivendo un romanzo (ispirato da Barbara), ma non deve assolutamente far morire il protagonista, il destino di quest'ultimo infatti è legato al suo creatore: "Se lo lascia vivo, lei sarà baciato dalla fortuna e il libro sarà un best-seller, ma se il protagonista verrà ammazzato, in quel momento anche lei, Mikura morirà!"
Il nostro protagonista, scettico, non ascolterà l'indovino, ma incredibilmente alcuni fatti nella vita reale che gli succederanno a breve, saranno proprio quelli che aveva scritto nel suo romanzo!
Inoltre l'ispettore di Polizia conosce bene Barbara: è stata arrestata innumerevoli volte per reati di poco conto, ma alcuni per violenze e gli consiglia di tagliare quanto prima i legami con lei. Il nostro protagonista ci riuscirà?

Il personaggio di Yosuke Mikura mi è piaciuto tantissimo, meravigliosamente sfaccettato, psicologicamente ben costruito, con pregi, debolezze e difetti come tutti, come la sua maschera di famoso e posato scrittore all'esterno in contrapposizione con la sua essenza, brutale nel privato con Barbara.
Il sentimento che lo lega a questa ragazza stracciona, libera, spregiudicata, sensuale, con un'aura maledetta e malefica è qualcosa di estremamente intenso e totalizzante per lui, inizialmente nemmeno lui capisce questa necessità inconscia di avere vicino Barbara, data la natura di lei alcolista, rissosa e vagabonda, per poi scoprire di esserne pazzamente innamorato e di essere disposto a qualsiasi cosa pur di averla vicino, anche se lei dovesse essere un diavolo, un demone o una strega, entrando in un turbine di violenza e delirio. Il sentimento ad un certo punto sarà ricambiato e nascerà una storia d'amore, condita da avvenimenti inaspettati e singolari. I colpi di scena sono numerosi e porteranno il lettore inchiodato fino all'ultima pagina.

Indubbiamente una lettura per un pubblico adulto, con una trama avvincente, ottimamente strutturata fino al finale, per nulla scontato.

Il tratto di Tezuka è semplice, pulito e preciso.
Nonostante la pubblicazione in patria tra il 1973 e il 1974, la lettura gode di una certa freschezza e originalità anche ai giorni nostri.
Lode alla J-Pop per aver portato in Italia un'opera così interessante, in un volume unico di ottima qualità.

Ringrazio le biblioteche che al momento investono molto sui manga e mi hanno permesso di leggere questo volume ( e anche "I tre Adolf") gratuitamente prendendolo in prestito.
Consiglio a tutti di chiedere alla vostra biblioteca comunale titoli manga a catalogo, ciò vi permetterà di risparmiare spazio e denaro. Poi, se vorrete averlo in libreria, lo si può sempre acquistare.

Lo consiglio a tutti in generale.
E, ovviamente, ai fan di Osamu Tezuka.