Falco il superbolide
In Giappone, "Ken Falco - Falco il superbolide" sarà anche stato un flop (21 episodi, per una seria autombilistica come questa, sono una miseria), ma per me, invece, è un mito. "Ken Falco" è l'ennesima lotta fra il bene e il male, combattuta, stavolta, sui circuiti di rally e di Formula Uno, fra le macchine truccate della "Black Shadow" e i bolidi stratosferici della "Squadra di Sayongi". Una lotta senza quartiere, dove il padrone mascherato della "Black Shadow", Ayab Mobil Dick (Sigh), è ossessionato dalle continue vittorie del pilota principale della "Sayongi", Ken Hayabusa, che rallentano il suo sogno di dominio sul mondo delle corse. Il mezzo che guida Ken, però, è qualcosa di strepitoso, un incrocio fra un'auto da corsa e un jumbo jet: in poche parole, un capolavoro su quattro ruote, difficile da battere! Notevoli sono anche gli altri quattro veicoli ideati dall'ingegner Sayongi, veramente futuristici per gli anni '70. Il mondo di Ken Hayabusa è fatto di corse senza regole, dove ogni trucco è permesso e dove si può anche morire, a causa di drammatici e voluti incidenti di pista. Eppure, davanti a tanta slealtà, c'è chi crede ancora qui nell'altruismo e nel sacrificio. Da ricordare, oltre a Ken e Sayongi, tutti i membri della squadra giapponese, specie il grosso Gatezu, il piccolo Kamikaze e la bella Sakura, sorella di Sayongi. Fra i cattivi, non si può non nominare Baron, o Barone Nero, braccio destro di Ayab, che, come il Mister X de "L'Uomo Tigre il campione", va in giro per il mondo a reclutare piloti e sportivi sleali. Ayab può anche contare su un subdolo ingegnere, chiamato Mephist, che ha le fattezze di uno dei tanti scienziati pazzi che si vedono nei film. Da ricordare, inoltre, le figure di Ryu e di Romy, che, pur lavorando per la "Black Shadow" di Ayab, preferiscono competere lealmente con Ken, il quale, a sua volta, li stima chiamandoli amici.
Fra le trovate più belle dell'anime, ci sono i percorsi di prova della "Black Shadow", che si svolgono al castello di Ayab, preparati al computer, che sono dei veri e propri tour infernali. Comunque, anche la Hayabusa di Ken non scherza, con i suoi motori speciali, che vanno da uno a cinque turbo-jet.
Indimenticabile è la sigla italiana dei "Superobots", che è divenuta un hit dell'epoca.
Otto.
Fra le trovate più belle dell'anime, ci sono i percorsi di prova della "Black Shadow", che si svolgono al castello di Ayab, preparati al computer, che sono dei veri e propri tour infernali. Comunque, anche la Hayabusa di Ken non scherza, con i suoi motori speciali, che vanno da uno a cinque turbo-jet.
Indimenticabile è la sigla italiana dei "Superobots", che è divenuta un hit dell'epoca.
Otto.
Innanzitutto è giusto ricordarvi che il falco pellegrino è l'animale più veloce del mondo,raggiunge in picchiata quando cattura la preda una velocità quasi pari a 200 kmh, ebbene la traduzione del nome dell'auto e del pilota protagonisti di quest'opera fanno riferimento proprio a questo velocissimo animale.
Qui assistiamo ad una serie in cui le corse sono le assolute protagoniste, quasi come se ci trovassimo ad assistere ad un rally vero e proprio, in cui la sportività e la velocità dovrebbero fare da padroni, ed invece la narrazione dell'opera ci dice che non è affatto così.
Rispetto ad altre serie conosciute in cui le corse sono l'elemento formante di questo tipo di anime, dove si dà più spazio al chara del protagonista e alle traversie che lo portano al volante del bolide per poi vincere la gara, qui assistiamo ad una inversione di tendenza, ovvero le scorrettezze durante la gara.
E ce ne sono un'infinità nell'arco di tutti gli episodi, messe a punto col solo obiettivo della squadra avversaria di uccidere il protagonista, per un fine che riguarda il capo della bieca squadra avversaria.
Difatti l'antagonista può sembrare che sia distaccato come elemento dall'intera opera, ed invece così non è, visto che è il motore, è proprio il caso di dirlo, su cui si fonda l'anime in questione.
Oltre alle scorrettezze, si corre per delle promesse fatte, per la voglia di vincere, per un senso di vendetta, che non andrebbe mai coltivato, per la voglia di dimostrare di essere il più forte sia fuori che dentro il circus.
E l'opera qui ci mostra il suo lato più umano, più concreto, laddove il protagonista sembra essere un tutt'uno col proprio mezzo, capce di grandi cose, laddove l'autore ci dice che l'onestà è il biglietto da visita che ci permette di farci conoscere sempre come delle brave persone, delle persone che s'impegnano e non utilizzano strani trucchetti per arrivare a traguardi importanti.
Altro fattore che va accompagnato all'onestà è l'umiltà: è anche vero che nella vita per vincere bisogna sgomitare e pazientare, ma non fino al punto di credere di essere i migliori e avere la presunzione di esserlo sempre, è in queste occasioni che si va incontro a cocenti delusioni, e l'opera qui menzionata ne è una valida testimonianza di tutto ciò che è stato affermato qui in questa recensione.
Qui assistiamo ad una serie in cui le corse sono le assolute protagoniste, quasi come se ci trovassimo ad assistere ad un rally vero e proprio, in cui la sportività e la velocità dovrebbero fare da padroni, ed invece la narrazione dell'opera ci dice che non è affatto così.
Rispetto ad altre serie conosciute in cui le corse sono l'elemento formante di questo tipo di anime, dove si dà più spazio al chara del protagonista e alle traversie che lo portano al volante del bolide per poi vincere la gara, qui assistiamo ad una inversione di tendenza, ovvero le scorrettezze durante la gara.
E ce ne sono un'infinità nell'arco di tutti gli episodi, messe a punto col solo obiettivo della squadra avversaria di uccidere il protagonista, per un fine che riguarda il capo della bieca squadra avversaria.
Difatti l'antagonista può sembrare che sia distaccato come elemento dall'intera opera, ed invece così non è, visto che è il motore, è proprio il caso di dirlo, su cui si fonda l'anime in questione.
Oltre alle scorrettezze, si corre per delle promesse fatte, per la voglia di vincere, per un senso di vendetta, che non andrebbe mai coltivato, per la voglia di dimostrare di essere il più forte sia fuori che dentro il circus.
E l'opera qui ci mostra il suo lato più umano, più concreto, laddove il protagonista sembra essere un tutt'uno col proprio mezzo, capce di grandi cose, laddove l'autore ci dice che l'onestà è il biglietto da visita che ci permette di farci conoscere sempre come delle brave persone, delle persone che s'impegnano e non utilizzano strani trucchetti per arrivare a traguardi importanti.
Altro fattore che va accompagnato all'onestà è l'umiltà: è anche vero che nella vita per vincere bisogna sgomitare e pazientare, ma non fino al punto di credere di essere i migliori e avere la presunzione di esserlo sempre, è in queste occasioni che si va incontro a cocenti delusioni, e l'opera qui menzionata ne è una valida testimonianza di tutto ciò che è stato affermato qui in questa recensione.