Power Rangers RPM
Il primo impatto con "Power Rangers RPM" è spiazzante, perché è ben diverso da quanto mostrato nelle serie precedenti di questa saga. Niente soleggiate cittadine americane, niente adolescenti come tanti che vanno a scuola o al bar, fanno sport o hanno un lavoro part time. Il mondo di "Power Ranger RPM" è, anzi, apocalittico e cupo: un'immenso deserto in stile "Ken il guerriero", ma più cyberpunk, dove i pochi umani rimasti vivi vengono schiavizzati dal perfido virus informatico Venjix, che ha preso possesso di tutti i computer e spadroneggia seminando il terrore grazie all'esercito robotico di cui si è circondato. L'unico baluardo di salvezza in questo folle mondo in disfacimento è Corinth, una città-cupola in cui i rifugiati possono vivere più o meno tranquillamente, difesi dagli attacchi del virus dai coraggiosi Power Rangers.
Inaspettatamente, dunque, la serie non comincia, come si fa di solito, con la genesi degli eroi. Buona parte di loro hanno già ottenuto i poteri da Rangers, altri li otterranno di lì a poco. Non sembra neppure una serie dei Power Rangers, all'inizio, con questa storia di deserti, di uomini in fuga dalle macchine e di un improbabile duo che si incontra per caso e inizia una rocambolesca fuga nel deserto su una fiammante auto sportiva, quasi fosse l'ultimo dei buddy movies. Anche quando, solo sul finire dell'episodio, cominciano a comparire elementi familiari come variopinte tutine di spandex, goffi mostri in costume che si ingigantiscono, esplosioni e balzelli, robottoni colorati e componibili e scontri tra titani in stile film giapponese del dopoguerra, lo spettatore guarda tutto questo con un certo distacco, in un primo momento, visto che il punto di vista è quello dell'ombroso ed enigmatico "cool guy" Dillon e del suo imbranato e divertente compagno di viaggio improvvisato Ziggy. Sembrano essere loro il fulcro della storia (e sarà così, in un certo senso), anche se almeno per il momento non ci sono loro dentro a quei robot, con indosso tutine di spandex.
Una trovata innovativa e decisamente azzeccata è quella di iniziare la serie "in medias res". Se in un primo momento ci si sente smarriti, le spiegazioni arrivano, fortunatamente, ben presto, in una riuscitissima serie di episodi-flashback a scatole cinesi, che raccontano le vicende passate dei personaggi e convergono nella situazione vista nel primo episodio.
La cura dei personaggi è uno dei maggiori pregi di "Power Rangers RPM". Questa serie di flashback scandaglia per bene le loro psicologie, rendendoli vicini allo spettatore e immediatamente riconoscibili per i tratti distintivi del loro carattere, per i loro trascorsi passati o i problemi che li affliggono nel presente. C'è l'ombroso Dillon, il cui passato nasconde molti segreti che lo spettatore avrà molto piacere di scoprire a mano a mano che avanza la storia; c'è la bella Summer, che affronta con coraggio le battaglie ma si porta dietro qualche spinoso problema dal passato; c'è il gioviale Flynn, meccanico spiritoso, dal cuore d'oro e pieno di senso della giustizia; c'è il buffissimo Ziggy, che non ne combina mai una giusta e affronta sempre la vita con ironia e un sorriso, mentre cela dentro di sé un eroismo che lui stesso ancora non sa di possedere; ci sono i due fratelli Gem e Gemma, tanto esaltati quanto indomiti; c'è K, scienziato geniale con qualche problema a relazionarsi col prossimo. E poi c'è Scott - il Red Ranger e dunque, secondo i dettami della saga Power Rangers, protagonista formale della storia - che non si sente tanto a suo agio nel ruolo di leader del gruppo e di eroe salvatore del mondo. E' un personaggio interessante e ben costruito, ma, stranamente, stavolta viene lasciato un po' indietro rispetto ai suoi compagni, nonostante solo lui abbia un Megazord tutto per sé, perché la sua storia personale offre molti meno spunti rispetto a quelle di altri personaggi formalmente secondari che invece diventano, pian piano, l'ossatura di tutta la vicenda.
"Power Rangers RPM" è un "Power Rangers" strano, diverso, oscuro, che mantiene tutte le caratteristiche proprie di questo tipo di telefilm, ma, inaspettatamente, stavolta, non è negli eroi in tutine colorate, nei mostri o nei Megazord che risiede il suo fascino, quanto nell'ambientazione cupa e futuristica e nei personaggi, nelle loro psicologie, nei rapporti che intrecciano fra di loro, nel loro piccolo ma grande percorso di crescita personale, nel modo in cui affrontano e superano i traumi del loro passato.
Non manca, di certo, l'azione, ma stavolta è molto meno spettacolare del solito. Non ci sono, infatti, simbolismi, animali fantastici o trasformazioni particolarmente elaborate. I robot pilotati dai Rangers sono degli enormi giocattoloni Playmobile in computer grafica, con occhi e musi disegnati sopra a formare motivi animali: aquile, orsi, balene, squali, cani, coccodrilli, triceratopi o mammut. Occhi e musi che minano la loro serietà e stridono con l'ambientazione cupa e apocalittica, ma che non si fanno notare, fortunatamente, più di tanto, e se lo fanno è perché i personaggi stessi, con grande ironia, si rendono conto di quanto siano ridicoli i robot che pilotano.
Una ridicolaggine purtroppo inevitabile, dato che bisognava comunque adattarsi alle scene di lotta provienienti dall'originale giapponese "Engine Sentai Go-onger", che è un telefilm più infantile e giocoso a sfondo ecologico, con robot pupazzosi in stile anime che parlano e provano sentimenti, attricette idol dal faccino lindo e attorucoli idol efebici e piastrati, a differenza di "Power Rangers RPM" e del suo oscuro incubo cyberpunk. Pur non essendo troppo spettacolari, dunque, i combattimenti fra mostri e robot fanno il loro lavoro, ma non sono l'elemento di maggior interesse della vicenda, che si farà amare più per la trama intricata e avvincente e gli ottimi personaggi che la vivono.
La bellezza dei personaggi è data anche dalla bravura degli attori nella recitazione. Sono, fortunatamente, lontanissimi gli anni degli inascoltabili primi Power Rangers. Gli attori sono molto convincenti, bravi, e riescono a farsi amare anche per diverse loro caratteristiche. Difficilmente ci si scorderà dell'esilarante accento finto-scozzese di Flynn (scozzese, ma interpretato da un attore neozelandese che si è calato ottimamente nel ruolo anche dal punto di vista del parlato), del divertentissimo Ziggy che buca letteralmente lo schermo con le sue continue battute al fulmicotone, del sarcasmo della "bella di ghiaccio" Tenaya, della roboante e malvagia voce di Venjix, della tanto giovane quanto brava K e del suo sciorinare termini scientifici a velocità mach.
Una serie che sì, è cupa, drammatica e coinvolgente, ma che sa anche prendersi gioco di sé con grande ironia, sfondando spesso e volentieri la quarta parete con battute che prendono in giro la serie stessa e i suoi elementi distintivi (in vari episodi, i personaggi si chiedono il perché delle tutine di spandex, gli "occhi in stile anime" dei robot, delle trasformazioni urlate e delle esplosioni sullo sfondo delle loro azioni). Addirittura, è presente un intero episodio dove i personaggi escono dai loro ruoli e sono gli attori stessi a mostrare il set dove lavorano, il modo in cui viene realizzato il serial e bloopers vari.
Molto buoni anche i vari effetti speciali, ma, di contro, non si avverte minimamente la presenza di una colonna sonora, visto che gli accompagnamenti sonori delle puntate sono pressoché assenti o anonimi e la sigla della serie dura poco ed è bruttina.
A dispetto di come appare (i robot con gli occhioni hanno tenuto lontani molti telespettatori in patria, dove la serie è stata un flop, ed è probabilmente questo il motivo per cui è arrivata così tardi in Italia), "Power Rangers RPM" è, a sorpresa, una serie molto interessante ed avvincente, col giusto numero di episodi, che non si dilunga più del dovuto mostrando qualcosa di utile o interessante in ogni puntata. Il suo unico difetto sta, forse, nel finale, che liquida il cattivone (peraltro bellissimo e minaccioso nella sua forma finale) in una maniera un po' ingiuriosa e poco spettacolare e lascia un paio di spiragli aperti di cui mai si saprà la risoluzione. Nonostante questo, però, è un serial che si segue con grande piacere e scioltezza, grazie ad una trama incalzante, una buona realizzazione e degli ottimi personaggi.
Personalmente preferisco le serie dei Power Rangers che virano più sul fantasy rispetto a quelle fantascientifiche come questa, ma "Power Rangers RPM" è stata una graditissima sorpresa, per quanto sia una parentesi diversa dal solito e non classificabile come serie "tipo" di questo filone.
Inaspettatamente, dunque, la serie non comincia, come si fa di solito, con la genesi degli eroi. Buona parte di loro hanno già ottenuto i poteri da Rangers, altri li otterranno di lì a poco. Non sembra neppure una serie dei Power Rangers, all'inizio, con questa storia di deserti, di uomini in fuga dalle macchine e di un improbabile duo che si incontra per caso e inizia una rocambolesca fuga nel deserto su una fiammante auto sportiva, quasi fosse l'ultimo dei buddy movies. Anche quando, solo sul finire dell'episodio, cominciano a comparire elementi familiari come variopinte tutine di spandex, goffi mostri in costume che si ingigantiscono, esplosioni e balzelli, robottoni colorati e componibili e scontri tra titani in stile film giapponese del dopoguerra, lo spettatore guarda tutto questo con un certo distacco, in un primo momento, visto che il punto di vista è quello dell'ombroso ed enigmatico "cool guy" Dillon e del suo imbranato e divertente compagno di viaggio improvvisato Ziggy. Sembrano essere loro il fulcro della storia (e sarà così, in un certo senso), anche se almeno per il momento non ci sono loro dentro a quei robot, con indosso tutine di spandex.
Una trovata innovativa e decisamente azzeccata è quella di iniziare la serie "in medias res". Se in un primo momento ci si sente smarriti, le spiegazioni arrivano, fortunatamente, ben presto, in una riuscitissima serie di episodi-flashback a scatole cinesi, che raccontano le vicende passate dei personaggi e convergono nella situazione vista nel primo episodio.
La cura dei personaggi è uno dei maggiori pregi di "Power Rangers RPM". Questa serie di flashback scandaglia per bene le loro psicologie, rendendoli vicini allo spettatore e immediatamente riconoscibili per i tratti distintivi del loro carattere, per i loro trascorsi passati o i problemi che li affliggono nel presente. C'è l'ombroso Dillon, il cui passato nasconde molti segreti che lo spettatore avrà molto piacere di scoprire a mano a mano che avanza la storia; c'è la bella Summer, che affronta con coraggio le battaglie ma si porta dietro qualche spinoso problema dal passato; c'è il gioviale Flynn, meccanico spiritoso, dal cuore d'oro e pieno di senso della giustizia; c'è il buffissimo Ziggy, che non ne combina mai una giusta e affronta sempre la vita con ironia e un sorriso, mentre cela dentro di sé un eroismo che lui stesso ancora non sa di possedere; ci sono i due fratelli Gem e Gemma, tanto esaltati quanto indomiti; c'è K, scienziato geniale con qualche problema a relazionarsi col prossimo. E poi c'è Scott - il Red Ranger e dunque, secondo i dettami della saga Power Rangers, protagonista formale della storia - che non si sente tanto a suo agio nel ruolo di leader del gruppo e di eroe salvatore del mondo. E' un personaggio interessante e ben costruito, ma, stranamente, stavolta viene lasciato un po' indietro rispetto ai suoi compagni, nonostante solo lui abbia un Megazord tutto per sé, perché la sua storia personale offre molti meno spunti rispetto a quelle di altri personaggi formalmente secondari che invece diventano, pian piano, l'ossatura di tutta la vicenda.
"Power Rangers RPM" è un "Power Rangers" strano, diverso, oscuro, che mantiene tutte le caratteristiche proprie di questo tipo di telefilm, ma, inaspettatamente, stavolta, non è negli eroi in tutine colorate, nei mostri o nei Megazord che risiede il suo fascino, quanto nell'ambientazione cupa e futuristica e nei personaggi, nelle loro psicologie, nei rapporti che intrecciano fra di loro, nel loro piccolo ma grande percorso di crescita personale, nel modo in cui affrontano e superano i traumi del loro passato.
Non manca, di certo, l'azione, ma stavolta è molto meno spettacolare del solito. Non ci sono, infatti, simbolismi, animali fantastici o trasformazioni particolarmente elaborate. I robot pilotati dai Rangers sono degli enormi giocattoloni Playmobile in computer grafica, con occhi e musi disegnati sopra a formare motivi animali: aquile, orsi, balene, squali, cani, coccodrilli, triceratopi o mammut. Occhi e musi che minano la loro serietà e stridono con l'ambientazione cupa e apocalittica, ma che non si fanno notare, fortunatamente, più di tanto, e se lo fanno è perché i personaggi stessi, con grande ironia, si rendono conto di quanto siano ridicoli i robot che pilotano.
Una ridicolaggine purtroppo inevitabile, dato che bisognava comunque adattarsi alle scene di lotta provienienti dall'originale giapponese "Engine Sentai Go-onger", che è un telefilm più infantile e giocoso a sfondo ecologico, con robot pupazzosi in stile anime che parlano e provano sentimenti, attricette idol dal faccino lindo e attorucoli idol efebici e piastrati, a differenza di "Power Rangers RPM" e del suo oscuro incubo cyberpunk. Pur non essendo troppo spettacolari, dunque, i combattimenti fra mostri e robot fanno il loro lavoro, ma non sono l'elemento di maggior interesse della vicenda, che si farà amare più per la trama intricata e avvincente e gli ottimi personaggi che la vivono.
La bellezza dei personaggi è data anche dalla bravura degli attori nella recitazione. Sono, fortunatamente, lontanissimi gli anni degli inascoltabili primi Power Rangers. Gli attori sono molto convincenti, bravi, e riescono a farsi amare anche per diverse loro caratteristiche. Difficilmente ci si scorderà dell'esilarante accento finto-scozzese di Flynn (scozzese, ma interpretato da un attore neozelandese che si è calato ottimamente nel ruolo anche dal punto di vista del parlato), del divertentissimo Ziggy che buca letteralmente lo schermo con le sue continue battute al fulmicotone, del sarcasmo della "bella di ghiaccio" Tenaya, della roboante e malvagia voce di Venjix, della tanto giovane quanto brava K e del suo sciorinare termini scientifici a velocità mach.
Una serie che sì, è cupa, drammatica e coinvolgente, ma che sa anche prendersi gioco di sé con grande ironia, sfondando spesso e volentieri la quarta parete con battute che prendono in giro la serie stessa e i suoi elementi distintivi (in vari episodi, i personaggi si chiedono il perché delle tutine di spandex, gli "occhi in stile anime" dei robot, delle trasformazioni urlate e delle esplosioni sullo sfondo delle loro azioni). Addirittura, è presente un intero episodio dove i personaggi escono dai loro ruoli e sono gli attori stessi a mostrare il set dove lavorano, il modo in cui viene realizzato il serial e bloopers vari.
Molto buoni anche i vari effetti speciali, ma, di contro, non si avverte minimamente la presenza di una colonna sonora, visto che gli accompagnamenti sonori delle puntate sono pressoché assenti o anonimi e la sigla della serie dura poco ed è bruttina.
A dispetto di come appare (i robot con gli occhioni hanno tenuto lontani molti telespettatori in patria, dove la serie è stata un flop, ed è probabilmente questo il motivo per cui è arrivata così tardi in Italia), "Power Rangers RPM" è, a sorpresa, una serie molto interessante ed avvincente, col giusto numero di episodi, che non si dilunga più del dovuto mostrando qualcosa di utile o interessante in ogni puntata. Il suo unico difetto sta, forse, nel finale, che liquida il cattivone (peraltro bellissimo e minaccioso nella sua forma finale) in una maniera un po' ingiuriosa e poco spettacolare e lascia un paio di spiragli aperti di cui mai si saprà la risoluzione. Nonostante questo, però, è un serial che si segue con grande piacere e scioltezza, grazie ad una trama incalzante, una buona realizzazione e degli ottimi personaggi.
Personalmente preferisco le serie dei Power Rangers che virano più sul fantasy rispetto a quelle fantascientifiche come questa, ma "Power Rangers RPM" è stata una graditissima sorpresa, per quanto sia una parentesi diversa dal solito e non classificabile come serie "tipo" di questo filone.