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Opera che ha portato la meritata gloria al genio di Miyazaki, tanto da diventare perfino il simbolo e la mascotte dello Studio Ghibli, "Totoro" è un film pieno di poesia, adatto a tutti i bambini, e anche a quel bambino che ognuno di noi conserva nel cuore.
La storia non esiste: negli anni '50 due bambine si trasferiscono in campagna insieme al padre per poter stare più vicine alla madre, ricoverata in una clinica poco distante. Fine. ^^
Tutto il film viene costruito attorno all'esplorazione della nuova casa e del circondario, sovrastato da un gigantesco albero di canfora, effettuato con infantile energia dalle due bimbe. Questo almeno fino all'entrata in scena di Totoro, un gigantesco e benigno spirito portafortuna che sembra vivere proprio all'interno dell'albero.
L'anime è un trionfo di situazioni fantasiose, a volte tenere, altre divertenti, altre ancora perfino un po' tristi e disperate, ma tutte pervase da una dolcissima magia che è quasi impossibile trovare in altre opere.
Splendida la caratterizzazione delle due sorelle: Mei, la minore, vivacissima e capricciosa senza mai essere egoista; Satsuki, la maggiore, solare e ottimista, che però soffre l'assenza della madre.
Infine spendo due parole per Totoro, uno dei pochi personaggi nella storia dell'animazione che, senza mai pronunciare una parola (al massimo "grugnendo" solo tre sillabe che Mei interpreta come "Totoro"), sia riuscito a guadagnarsi addirittura il titolo del film in cui sia comparso. Uno dei pochi personaggi che, parlando quel linguaggio universale fatto solo di mimica ed espressività, si sia conquistato un posto stabile nella galleria del grande cinema di sempre. Credete che stia esagerando? Prima osservate la meravigliosa scena alla fermata dell'autobus, e poi ne potremo riparlare...
Con questo anime (insieme alla sua controparte, "Una Tomba per le Lucciole", prodotto, realizzato e distribuito in contemporanea) lo Studio Ghibli si afferma come uno dei migliori studi d'animazione del Sol Levante: regia "a prova di bambino" di valore indiscutibile, animazioni di una naturalezza quasi "viva", e dei fondali che si mostrano come opere d'arte al servizio della descrizione della campagna giapponese nel dopoguerra.
Non solo la regia, ma anche le musiche sono "a prova di bambino". Oltre a sottolineare con garbo e squisita dolcezza le varie scene, i brani diventano anche protagonisti con le due sigle che si trovano all'inizio e alla fine dell'opera: vi ritroverete a canticchiarle dopo 30 secondi di ascolto, garantito. E le canticchierete per molti, molti giorni...
Forse ho parlato un po' troppo. È un mio difetto. In realtà per recensire quest'anime mi sarei potuto limitare ad una sola frase: guardatelo, e ve ne innamorerete.