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La celebrazione per il <i>restyling</i> di Ken il Guerriero continua con questo film, quarto di cinque lungometraggi che compongono il progetto completo, ma edito, così come era stato già fatto per “La leggenda di Julia” (il secondo movie), soltanto per home video.
“La leggenda di Toki” non è altro che un titolo di contorno per i prodotti che hanno avuto la fortuna di comparire sul grande schermo cinematografico (inaspettatamente anche in Italia), una storia senza troppe pretese che cerca di imporre a se stessa di raccontare la storia del fratello di Hokuto più sfortunato.

Partendo dalla trama, possiamo dire che un acquirente che si trovasse quest’opera in mano si aspetterebbe, una volta giunto a visionarla, almeno di scoprire risvolti inaspettati sulla vita di Toki, un personaggio cardine nella storia di “Hokuto no Ken” ma di cui non possiamo dire di avere conoscenze, così come per altri personaggi.
Con “La leggenda di Julia” questo sistema di “analisi dei retroscena” aveva funzionato in maniera discreta, qui al contrario il succitato sistema pecca abbastanza di superficialità, anzi, sembra addirittura fare un passo indietro al confronto con il manga e con l’anime classico.
A sostegno di questa tesi, basta considerare che la vita di Toki viene riassunta in meno di mezz’ora nonostante ci sia tantissimo da raccontare, infatti l’imbroglio del “falso Toki” non viene nemmeno citato, e le vicende inerenti la prigione di Cassandra, che ho sempre considerato importanti e piene di pathos, vengono solamente sfiorate.
Per l’altra metà, invece, viene illustrato il combattimento ultimo tra Toki e Raoul.

Tuttavia, si gioca molto sulla sfida dei due fratelli, costretti ad affrontarsi per adempiere al destino della loro scuola di arti marziali e per rispettare le reciproche promesse di sangue, si calca sul dilemma della successione a maestro di Hokuto e su quanto sia dura essere obbligati a dare ascolto alle dure leggi della lotta piuttosto che a quelle del cuore.
Molto significativi, durante lo scontro, sono i flashback sull’infanzia dei due fratelli, che illustrano il loro inizio, il loro processo di crescita, di apprendimento, di fortificazione del corpo e della mente, ma soprattutto del loro legame fraterno, tanto da risultare a volte anche commoventi.

Viene anche presentato, per l’occasione, un personaggio filler, una tale Sarah, mai apparsa in nessuna altra opera dedicata ai maestri dell’Orsa Maggiore, la quale segue Toki nel suo girovagare per il mondo e che ha il solo scopo di impersonare un punto di riferimento per il solitario protagonista, il quale non ha mai avuto un reale legame con un qualche personaggio preciso della vecchia serie, ma si è solo adoperato per essi fino alla morte.

In sostanza, ritengo che meno di un’ora sia un tempo relativamente breve per delucidare tutto il possibile su questo personaggio, che poco si è visto comparire ma sul quale ci sono state proiettate una dose massiccia di informazioni, alcune più accurate, altre forse solo accennate, facendogli acquisire un’importanza a dir poco fondamentale.

Il disegno non è di certo quello a cui siamo abituati di solito, anzi, in questo film più che in quelli precedenti i personaggi vengono di molto rielaborati, ma ciò non toglie che, nonostante le visibili imperfezioni, resti comunque gradevole raggiungendo la sufficienza.
Lo stesso vale per le animazioni: nonostante l’aiuto della computer grafica, ormai presenza costante nelle produzioni nipponiche, non sempre raggiunge lo scopo desiderato risultando a volte strana nel contesto della scena.

“La leggenda di Toki” resta sempre e comunque un’opera creata appositamente per gli appassionati di “Ken il Guerriero”, mi sento di sconsigliarla a chi non ha mai “masticato” l’opera primaria di Buronson e Hara, dato che sarebbe impossibile cogliere tutti i riferimenti e seguire per bene la storia.