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Akagi è una chicca dell'animazione giapponese. È tratto dall'omonimo manga di Nobuyuki Fukumoto, attualmente interrotto al volume 24.

Partiamo dal presupposto che la serie si basa sul Mahjong, gioco da tavolo di origine asiatica prettamente sconosciuto in Italia - nonostante esista una Federazione italiana Mahjong - e che necessita di una infarinatura generale delle regole.
Perché serve l'infarinatura? Semplice, per immedesimarsi al meglio nel genio sfrenato di Akagi, giocatore di Mahjong improvvisato che verrà ricordato negli anni come "la leggenda" negli ambienti della malavita.

Anni '60, Giappone in piena ricostruzione post-bellica. È notte, fuori piove a dirotto e il povero Nangou è intento in una partita di Mahjong insieme a tre esponenti della Yakuza, a cui deve dei soldi. Il signor Nangou gioca per ripianare i propri debiti, ma ogni mossa si rivela vana. È in una situazione disperata e invoca qualcuno che lo tiri fuori dalla situazione alquanto spinosa. All'improvviso, un ragazzino bagnato fradicio entra nella sala scommesse e Nangou, per guadagnare un po' di tempo, afferma che il ragazzino è suo nipote.
Il gioco continua, Nangou ha una mano favorevole, ma non vuole rischiare, quindi decide di scartare la tessera che gli permetterebbe una probabile vittoria. Sarà il ragazzino a fermarlo in tempo e fargli notare che il suo tipo di gioco, quello di Nangou, manca dell'essenziale, manca del rischio, dell'azzardo: "Bisogna essere pronti a morire per vivere".
Il nome del ragazzino è Akagi e subentrerà al posto di Nangou nel gioco d'azzardo apprendendo turno dopo turno le regole del Mahjong. Il talento di Akagi si rivela fuori dall'ordinario, sbaragliando il trio di Yakuza e il loro asso nella manica. La leggenda ha inizio!

L'anime ripercorre la giovinezza di Akagi, il genio che è disceso nell'oscurità, e lo fa in maniera assolutamente fantastica. Nel corso delle ventisei puntate vediamo sia l'Akagi ragazzino che l'Akagi un po' più adulto (infatti, c'è un salto temporale a circa un terzo della serie) a confronto con i campioni delle famiglie yakuza. Ciò che colpisce è che anche un approccio leggero al gioco del mahjong non inficia la godibilità dell'opera in sé. Certo, come ho detto prima, conoscere le regole, la disposizione delle tessere, le varie combinazioni aiuta e non poco a immedesimarsi nelle strategie di gioco, ma anche uno spettatore novello può godersi il genio di Akagi all'opera con i suoi Tsumo o i suoi Ron. Soprattutto quando riesce a mettere in scacco i suoi avversari con invisibili sotterfugi, scambi di tessere repentini, imbrogli a regola d'arte. I giochi si svolgono maggiormente negli ambienti malavitosi, dove l'onore personale è ciò che conta, onore per il quale si è pronti anche ad amputarsi un dito o ben altro. Akagi è anche questo, un piccolo spaccato della malavita giapponese che molti avranno apprezzato, almeno spero, nelle opere di Takeshi Kitano sulla yakuza moderna, ambiente criminale dove tuttora sussistono riti e costumi più che decennali prima citati.
La maturità dei temi di Akagi sta proprio nel carisma del protagonista, il quale ragiona, pensa, agisce in maniera totalmente differente da ogni altra persona; Akagi mette in gioco la propria vita come se non fosse niente, rischia il rotto della cuffia per puro piacere d'azzardo, attirando le ansie dello spettatore. È difficile riconoscersi nella figura di Akagi, egli rimane una figura con un'aura magica, divina, irraggiungibile, totalmente l'opposto di un altro personaggio importante di Fukumoto, cioè Kaiji.

Degna di nota è la colonna sonora, composta da Taniuchi Hideki. Un mix perfetto di brani strumentali che accompagna egregiamente ogni scena dell'anime, elevando l'atmosfera creatasi a puro piacere sensoriale. Immensa è anche l'opening Nantokanare, cantata dai Fluid, piacevoli le due ending.
Per chi crede che il chara design sia strano, brutto, mal disegnato... beh, posso solo dire che si sbaglia di grosso. Il tratto è funzionale al taglio dell'opera, ai suoi temi, alle sue atmosfere.

Akagi nasce come spin-off del manga Ten – Tenna Toori no Kaidanji, dove è presente un Akagi di mezz'età, nuovamente a confronto in epiche partite di mahjong.
La trasposizione anime di Akagi ripercorre quindi la giovinezza del leggendario protagonista, soffermandosi sulla maturazione e fioritura del suo talento innato, definito addirittura divino. Il non-finale della serie non è da vedere in senso negativo, quindi. È possibile ritrovare il genio di Akagi, seppur più maturo, fra le pagine di Ten, ma la serie anime rimane godibilissima per quella che è.
Nient'altro da aggiungere.
Anzi no: guardatelo!