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Credo fermamente che ogni recensione (o almeno una buona) non sia un consiglio per gli acquisti, ma una riflessione, un dialogo tra scrittore e lettore in cui, purtroppo, solo il primo può esporre la propria opinione. Quello che seguirà è infatti un sentiero di considerazioni (ponderate o meno) che potrà aiutare il fruitore ad arrivare a una scelta autonoma sul tema fondamentale di questa e ogni critica: "Ne vale la pena?".

Ogni opera legata al manga di "Berserk" vive e soffre di una contraddizione fatale: benché il fumetto non sia ancora terminato, esso contiene una sezione della trama fondamentalmente autoconclusiva e ciò rappresenta una tentazione troppo forte per chi desidera sfruttare il fascino dell'opera per trarne un film animato; ecco che così nasce "Berserk Ougon Jidaihen I: Haou no Tamago", primo capitolo che tratterà il ciclo dell'"Età dell'oro", un mastodontico flashback sul passato dei protagonisti del manga. Si segnala infine che tale tentazione, dall'essere forte, diventa assolutamente irresistibile se si considera che tale parte è anche, fuori da ogni dubbio, la più riuscita dell'opera.

In un immaginario medioevo occidentale, Gatsu è un giovane mercenario di straordinaria forza dal passato ignoto che pare lottare senza nessuno scopo in particolare, uccidendo brutalmente i suoi avversari con un'enorme spada e rifiutando ogni autorità imposta. Un giorno viene adocchiato da Grifis, leader indiscusso della più nota compagnia di mercenari delle Midlands, la squadra dei falchi, che lo vorrebbe al suo fianco. All'inizio riluttante, ma sconfitto in duello, Gatsu è costretto ad accettare di fare parte della compagnia e, per tre anni, vi milita facendo carriera e diventando velocemente il braccio destro di Grifis. Quando i successi militari della squadra dei falchi portano il loro capo a essere eletto Conte, i suoi ambiziosi piani di conquista presso la corte del Re iniziano a venire a galla e costringeranno Gatsu a riflettere sul suo rapporto con quello che è il suo generale, padrone e migliore amico.

Così sembrerebbe piuttosto semplice ricavare tutta una serie di elementi che renderebbero la pellicola degna di essere presa in considerazione, poiché le qualità di quella sezione del fumetto dovrebbero essere le stesse riproposte in modo fedele nella trasposizione. È però facendo solo qualche passo oltre nella riflessione che si capisce con maggior lucidità non solo quanto il film non sia riuscito, ma quanto il manga sia un'opera ancora più straordinaria di quanto si sia abituati a credere. Male perciò per la pellicola, meglio ancora per la carta stampata.

Si è detto infatti che la sezione del flashback è la preferita dalla maggior parte dei fan per le sue indubbie qualità; ci si chiede allora perché il film abbia così poco mordente. La verità è che tale parte non è straordinaria in se stessa, ma solo (e soprattutto) se inserita nel suo contesto di flashback. Gatsu ragazzino è un personaggio meno interessante se non sappiamo che diventerà il Cavaliere nero; Grifis che filosofeggia nella sua splendente armatura sarebbe misterioso e intrigante solo se lo spettatore sapesse il suo destino; senza l'assaggio fantasy dei primi capitoli del manga, una creatura mostruosa come Zodd non può che stonare nello scenario del film che sembrerebbe quasi realistico. Dopo una prima visione, si capisce perfettamente che è il presente di "Berserk" a reggere il flashback, non viceversa. Senza l'incipit accuratamente presente nel fumetto, la struttura della scoperta del passato di Gatsu crolla, e non dal punto di vista di coerenza della trama, ma di struttura stessa della narrazione. Oltre al contenuto della storia, in opere come quelle in analisi è fondamentale il "come" tale storia viene raccontata: se, prima del flashback, nel fumetto sono stati presentati i due personaggi principali nel presente, un motivo, evidentemente, c'era.

Scavando di un ultimo livello più a fondo nella riflessione su "Berserk Ougon Jidaihen I: Haou no Tamago", possiamo chiederci le motivazioni dietro la decisione di raccontare un ciclo abbastanza indipendente, ma comunque inutile se considerato da solo. La ragione è nella scelta del target, cioè i fan del manga. Per costoro non è infatti difficile appassionarsi nel rivivere le epiche battaglie e i momenti più importanti letti nelle ruvide pagine del fumetto. Loro sì conoscono il presente di Gatsu e non hanno bisogno che nel film ne venga accennato alcunché. Partendo da questo banale presupposto, ecco giustificate tutte le scelte stilistiche del film: essere fedeli al fumetto in modo infantile, ingenuo e quasi reverenziale; non preoccuparsi dello sviluppo dei caratteri dei personaggi; insistere nelle scene di battaglia con una dose di spettacolarità notevole. Questi tre elementi (ce ne sarebbero altri), accontentano la fetta di fedelissimi dell'opera originale, i quali non devono imparare a conoscere le pedine in gioco perché ne seguono le gesta da anni, non vogliono rinunciare agli episodi storici del manga, ma il cui motivo di interesse nella visione non sono le situazioni (loro già note), ma le emozionanti battaglie e lo spargimento di sangue. A questo punto non rimane molto da svelare sul perché gli eventi nel film siano così sconnessi, i personaggi piatti e non ci si preoccupi di dare coerenza alla trama. In una scena, Gatsu grida a un personaggio di non essere lo stesso uomo di tre anni prima: lo spettatore non se ne era accorto! La prova più evidente di tale atteggiamento disinteressato è il finale, totalmente in sospeso e che si esaurisce nella sezione più tediosa di tutto il film, rifiutando anche il più banale climax. "Berserk Ougon Jidaihen I: Haou no Tamago" è una successione (peraltro breve) di strizzatine d'occhio rivolte, purtroppo, solo a chi sa già cosa vedere.

Il problema maggiore non è perciò tanto la realizzazione, quanto gli intenti che hanno portato proprio a questo tipo di realizzazione. Il film vive come corollario del manga, ne è un'appendice, senza il quale non potrebbe vivere e senza il quale non avrebbe senso. La fedeltà all'opera di partenza è un diritto del regista che non deve soffocare. A confronto, sarebbe preferibile ignorare personaggi o fonderli, saltare degli episodi, cambiare il finale o il tono! Tutto va bene, purché l'opera funzioni a sé. Una trasposizione può essere anche poco fedele, purché sia riuscita - un esempio noto: "Blade Runner".

Il film dà poi il meglio di sé nelle scene di battaglia, proprio dove è stato progettato per appassionare e dire qualcosa di nuovo agli spettatori, con animazioni rese fluide da una CG elegante ma maldestra nell'essere troppo evidente: molte scene sembrano filmati tratti da un videogioco. Sarebbe però ingiusto non ammettere che le sequenze di guerra e assedio (meno i duelli) restituiscono grandi emozioni. Tutto ciò che vi sta nel mezzo è poco più di un ripasso distratto per qualche nostalgico. Un film buon è altra cosa. "Berserk" è altra cosa.