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'Totoro' è un film diretto e sceneggiato da Hayao Miyazaki, celeberrimo artista la cui fama riecheggia perfino oltre gli angusti confini del paese del sol levante. Si tratta di un'opera che possiede un substrato personale tale da legarsi strettamente all'autore: al suo passato, ai suoi dolori, alle sue gioie, alle sue speranze.
Il lungometraggio si presenta caratterizzato da un'ambientazione bucolica e tranquilla, estremamente pacifica e vicina alla natura. Le persone vivono coltivando, a contatto con un ambiente incontaminato. Una natura "miyazakianamente" intesa, ovverosia considerata in una accezione morale e animista. La natura infatti interagisce con le due bambine, o forse (viceversa) sono le due bambine a interagire con la natura: nella loro ingenuità (anzi proprio per la loro ingenuità e immaginazione) riescono a trovare una via per comunicare con la medesima, a instaurare con essa un rapporto, un legame, che gli adulti non possono vedere. La buffa e cicciottella divinità diventa il simbolo di come si possa instaurare con il mondo naturale un'empatia quasi spirituale, di come si possa vedere nella natura un amico che ti possa aiutare.
La prospettiva più genuina e spontanea con cui avvicinarsi al film è pertanto quella dei fanciulli. Un approccio immediato e ingenuo, privo di aspettative, offre la più autentica delle sorprese; una fiaba semplice e lineare, dove tutto è magico, è grande, è giocoso, fantastico: un sogno, perché è così che il mondo appare (dovrebbe apparire) agli occhi di un bambino. Proprio dalle più piccole cose possono nascerne di grandi, basta saper guardare con gli occhi giusti.

'Totoro' assume poi delle lievi sfumature malinconiche. Poc'anzi accennavamo al fatto che il film fosse collegato con l'esperienza di vita del suo autore, assumendo così un retrogusto nostalgico appena percettibile. Miyazaki sembra rievocare il fantasma di un passato tragico filtrato e rimaneggiato in modo puerile, mostrando una realtà idillica che va a sostituire quella sudicia e non accogliente che il mondo ci offre e da cui vogliamo proteggerci. In questo ambiente (l'infanzia), incantato e senza tempo, giacciono assopiti dolci sentimenti domestici e infinite speranze di avvenire. Tuttavia cedere a queste illusioni è una sconfitta duplice, poiché si chiudono gli occhi innanzi alla realtà, e si crea un mondo sostitutivo al suo posto. La magia rimane negli occhi ingenui dei bambini, e null'altro. Questa interpretazione è caldeggiata dalla scelta della location "arcadica" e da alcuni riferimenti autobiografici, come la situazione familiare delle due fanciulle. La madre di Miyazaki era similmente malata (di tubercolosi) e costretta a letto in ospedale. Inoltre non deve sfuggire che la collocazione storica di 'Totoro', anni '50, poco dopo la conclusione del conflitto mondiale, si potrebbe identificare in un ipotetico dopoguerra alternativo, dove viene sottratto l'orrore da questa causato. Da tale angolazione il film sembra quasi una sorta di reazione, una fuga, dall'atrocità del conflitto e della realtà che per il Giappone è stato un notevole trauma. 'Totoro' potrebbe sembrare in effetti l'altra faccia della medaglia rispetto ad "Una tomba per le lucciole" (di Takahata) dove il mondo viene al contrario palesato senza eufemismi di sorta.

Complessivamente, che si guardi il lungometraggio in una determinata prospettiva piuttosto che nell'altra, considero 'Totoro' un film pressochè vuoto, per certi versi decisamente più leggero e sottile di alcuni suoi consanguinei. Proprio per questo, tuttavia, si rivela maggiormente apprezzabile rispetto ai secondi, alle volte afflitti da una asfissiante e compatta idealità ben maggiore e fastidiosa.
Un'opera che possono apprezzare davvero tutti, atta a suscitare effetti di facile commozione presso un pubblico relativamente poco pretenzioso e acritico. Voto: 6/7.