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9.0/10
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Se dovessi descrivere il film "Asura" in una parola userei sicuramente l'aggettivo "particolare".
Uscito nelle sale giapponesi alla fine di settembre del 2012, questa pellicola di animazione della durata di 76 minuti tratta con il suo particolare stile grafico "graffiante", "ruvido" e "ciondolante" svariate tematiche, per lo più oscure e truculente, insite nell'essere umano.

La genesi di questo bambino brutto, sporco e maledetto risiede nel contesto di una terra e di un mondo passati, inariditi e devastati dalla povertà e dalla carestia. In questo mondo di sangue e di dolore non nascono frutti, ma solo terrore e lacrime; non si partorisce con amore e attorniati da gente in giubilo, ma in solitudine, forse allontanati da tutti, nudi e in una notte di tempesta, presagio di sventura.
Il poco amore materno che riceve questo neonato tra una poppata e l'altra viene presto sostituito dall'istantaneo, malato momento in cui la lotta per la sopravvivenza e la fame si sostituiscono ai sentimenti di una madre e alla gioia di questo lieve evento. Tutto si eclissa, si oscura, e il senso della vita diventa una mera possibilità di non morire; "carne... carne... carne!", urla una disumana figura mentre getta il figliolo fra le fiamme prima di scappare inorridita e contrita per questo gesto dettato dalla bestialità umana.

Da questo incipit che si presenta prima della comparsa del titolo del mediometraggio scaturisce il figlio di un demone, un bimbo-bestia di 8 anni circa che non sa parlare e si comporta come una belva cannibale pronto a uccidere animali e uomini per il gusto di placare la sua "fame". In un'epoca dilaniata da carestie e sciacallaggio, dove pare che un dio non esista, compare davanti ad Asura un bonzo che percorre la via del Buddah e, vedendo in lui una divinità, si pone l'obiettivo di indicargli la retta via: pian piano gli insegnerà a parlare, dà lui degli stimoli per iniziare lentamente a diventare un uomo e riscontra i miglioramenti, rassicurandolo a suo modo quando affronta la sua prima crisi interiore profonda.
L'incontro con una giovane ragazza, Wakasa, lo rende sempre più umano e si sente amato e trattato come un figlio, ma il destino e il popolo locale riserva ad Asura un cammino non facile in cui la bestia lascia il posto ai sentimenti e all'uomo che, dilaniato dal dolore e dalla sofferenza di essere stato tradito un'altra volta, grida al cielo e si dispera per la sua condizione rimpiangendo di essere nato.

Questo mediometraggio si presenta abbastanza realistico, basti pensare alle pestilenze e carestie passate, alle cacce alle streghe e al buio periodo medioevale (il sonno della ragione umana genera mostri), ma viene accostato a una grafica "graffiante" e "ruvida". "Ruvida" nelle texture utilizzate e nel tratto decisamente inconsueto, "cartoonesco", quasi abbozzato, che traspare nella scelta stilistica dei colori non troppo brillanti. "Graffiante" per l'affresco atipico nel quale sono mostrate le scene truculente di sangue e cannibalismo, che paiono così quasi edulcorate e un pelo meno intense.
Menzione anche per le animazioni, che risultano un po' legnose e "ciondolanti", con personaggi che si lasciano andare in un leggero moto di inerzia (può darsi che sia stato voluto, suppongo) visto in alcuni videogiochi 3D di qualche decennio fa.
Molto buoni sono il lavoro di doppiaggio e il comparto sonoro, il quale acquista rilevanza solo nei titoli di coda con una buona ending.

In sostanza consiglio quest'opera oscura ma con degli sprazzi d'amore, di via d'uscita e riscatto solo a persone non facilmente impressionabili, ma per il comparto grafico non do la perfezione come voto.
Voto: 9.