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Un anime molto semplice, delicato e zuccheroso, graficamente gradevole e con una bella colonna sonora...e la mia recensione di Inari Konkon Koi Iroha potrebbe anche finire qui.
La trama è molto lineare: Inari, una liceale un po' svampita e un po' ingenua, per averlo umiliato pubblicamente si ritrova ad essere evitata da Tanbabashi, il compagno di classe di cui è innamorata e che -sfiga delle sfighe- pare essere interessato alla perfetta Sumizome. Un aiuto inaspettato in questa situazione apparentemente senza speranza viene dalla dea Uka la quale per ripagarla per aver aiutato un suo familio, le offre la possibilità di veder esaudito un proprio desiderio. Ingenuamente Inari chiede di essere trasformata in Sumizome ma ciò servirà solo a complicare tutto, costringendo la dea a donarle parte dei propri poteri per permetterle di riassumere le proprie sembianze.
Quello che mi ha colpita è che pur restando estremamente semplice e sostanzialmente statico, questo anime non scade nella banalità ed offre con leggerezza (ma senza superficialità) alcuni spunti notevoli sull'accettarsi e sullo scoprire che i famosi "altri", con cui costantemente ci si paragona durante l'adolescenza, non sono poi così diversi da noi nelle proprie insicurezze e paure. A questo si aggiunge un'atmosfera rilassata con sprizzi di simpatica commedia che rende il tutto utile per passare una mezz'ora senza pensieri.
Per me è un anime troppo "buono", nel senso che tutti i personaggi possono essere descritti con tre aggettivi: bravi-belli-puri (e dalla lacrima facile) e non c'è una sfumatura neanche grigina sul loro modo di essere, ma questo può essere considerato un punto di forza o debolezza a seconda dei gusti ed è senz'altro coerente con la struttura narrativa.
Per quanto riguarda i personaggi ci si concentra prevalentemente sul rapporto Inari-Uka, calcando forse un po' troppo sull'emotività della prima, entrambe sono dolci e con tratti divertenti. Attorno a questa affiatata coppia di amiche si muovono i personaggi secondari, quali le amiche di Inari, il fratello Touka e le varie divinità shinto (rappresentate graficamente in modo davvero spassoso), tutti abbastanza ben caratterizzati. In generale ho apprezzato la scelta di privilegiare i rapporti affettivi in senso lato senza cadere nel baratro dell'innamoramento trito e ritrito.
Ciò che invece mi sembra oggettivamente un punto a sfavore è il finale. Trattandosi di una serie breve non mi aspettavo certo grandi sorprese, ma l'ultima puntata mi sembra concepita davvero male sia per i contenuti (esigui e che non voglio spoilerare) sia per la struttura intrinseca con lunghe panoramiche inutili e dialoghi ai limiti dell'insensato.
Graficamente siamo difronte ad un disegno sobrio, dal tratto anonimo ma con un'animazione ben fatta. Molto bella la colonna sonora, soprattutto l'opening.
È un prodotto adatto ad un pubblico giovane che ha in sé un po' dello shojo classico e un po' dello slice of life con appena un pizzico di magia (che per fortuna non incappa nel revival delle maghette di fine anni '80 come avevo temuto nella prima puntata). Tendenzialmente l'associazione delle etichette "sentimentale" e "scolastico" è per me una ragione sufficiente per evitare una serie, ma stavolta sento di poter consigliare questo titolo anche a chi come me non è un grande amante del genere proprio in virtù della sua leggerezza e particolarità.