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Da tempo siamo stati abituati agli usuali ritmi degli shoujo manga classici: forti passioni che ardono incontrollate, e non solo in campo sentimentale, amori tragici che sopravvivono alla vita terrena e rivali che mettono in discussione anche la nostra autostima o ci spingono a migliorarci ogni giorno. Jenny la tennista riprende tutti questi parametri e rivaleggia con i manga migliori degli anni '70.
La storia di "Ace wo Nerae!" la conosciamo tutti, e tutti sappiamo del fatto che è divisa in due parti. La prima eccelsa sotto tutti i punti di vista, la seconda inutilmente ridondante e ossessiva.
Insomma, se Sumika Yamamoto, l'autrice, è famosa per solo due opere, un motivo ci deve essere e cioè che secondo me a un certo punto i suoi manga si perdono.

<b>[Attenzione spoiler]</b>
In Jenny la tennista, la nostra Yamamoto (che da una decina, se non quindicina, d'anni ha lasciato il mondo dei manga e fa la santona su una montagna!) ha deciso di far continuare la storia ben oltre il periodo di "allenamento tra Munakata e Hiromi" ed ha continuato con un semplice pretesto: Hiromi non riesce a staccarsi dal suo allenatore e questo diventa il pretesto per migliaia di inutili e straviste rivisitazioni del passato di Munakata e di quello che i personaggi principali hanno provato nel perderlo. Non voglio dire che questa parte del manga sia inutile, ma se fosse stata più breve o meno Munakata-centrica, sicuramente il manga ne avrebbe giovato. È chiaro che dopo un finale della prima metà così possente, devastante e svuotante (ho pianto tutte le mie lacrime durante le ultime comparsate di Munakata che non fossero dei flashback, chi conosce la storia sa di cosa parlo), fosse impossibile realizzare un altro punto di così grandiosa maestosità a fumetti, quindi, per me, la Yamamoto avrebbe dovuto fermarsi lì. Inoltre, la metà dei personaggi, se non tutti, vivono quasi in funzione di Hiromi e questa cosa diventa spesso molto difficile da digerire: dove sono finite la Madame Butterfly e l'Orchidea della prima parte? Com'è possibile che certi personaggi così belli debbano subire una tale sorte?
<b>[Fine spoiler]</b>

Come se non bastasse, a complicare le cose ci si è messa l'edizione italiana: non solo volumetti smilzissimi che hanno inutilmente prolungato l'agonia, un'edizione che da 28 volumi è diventata di 25 (a causa delle scarse vendite, gli ultimi volumi sono stati presentati nel formato originale), cambiando formato e periodicità, ma anche un improvviso appesantimento delle onomatopee che sono passate, durante la seconda parte, nelle mani del bravissimo Francesco Barbieri, che purtroppo questa volta risultava inadatto per una serie come quella di Hiromi.
Francesco Barbieri è l'adattatore grafico della maggior parte della serie di Jojo e di tantissimi manga per Star Comics ed il suo lavoro è riconoscibilissimo grazie ad onomatopee pesanti e invadenti come quelle di Jojo devono essere, ma che in Jenny la tennista non funzionano e rendono la lettura della seconda parte ancor più pesante.

Che dire? Un manga partito normalmente, diventato immenso e distruttosi nel giro di nulla.
Voto: 7. Per la nostalgia, per tutta la prima parte e per le scene sentimentali, ma soprattutto per il personaggio di Munakata.

Una curiosità: ad un certo punto, Munakata sostiene che il Giappone (negli anni '70!) abbia vinto al mondiale della pallavolo. Io di storia della pallavolo non ne so nulla, ma viste le similitudini e il fatto che "Ace wo nerae" era pubblicato su Margareth di Shueisha, la cosa mi ha fatto pensare che fosse un omaggio a Mimì (Attack number 1), dato anche il grande contributo che questo titolo ha avuto nello sviluppo dei futuri (come "Ace wo nerae") manga sportivi. Ma questa è solo una mia divagazione.