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"Ponyo sulla scogliera" è probabilmente uno dei film dello Studio Ghibli più controversi, e generalmente dopo la visione le correnti di pensiero sono due: da una parte chi lo detesta, ritenendolo un film per mocciosi piuttosto sconclusionato, dall'altra chi lo adora, e le vie di mezzo per questa pellicola sono rare da trovare. Il sottoscritto fa parte della seconda categoria. Ritengo che "Ponyo sulla scogliera" sia da definirsi una delle opere più particolari di Miyazaki (un'impostazione simile la ricordo solamente per "Il mio vicino Totoro") e allo stesso tempo uno dei suoi esperimenti più felici, in tutti i sensi.

La prima cosa a colpire è il comparto tecnico, probabilmente uno dei più immensi lavori che la storia dell'animazione orientale e occidentale abbia mai conosciuto (paragonabile a opere mostruose come "Ghost in the Shell: Innocence" o "Akira"). Lo sfarzo e la fluidità delle animazioni sono assoluti, doppiando la qualità già egregia di quelle degli altri lavori Ghibli, senza contare che a tale fluidità si aggiungono fondali disegnati a pastello che creano un pregevole contrasto coi modelli in movimento, ma ancora più sbalorditiva è la resa dell'acqua, talmente ben realizzata in ogni suo minimo dettaglio e movimento, da sembrare un gigantesco essere vivente, forse il vero protagonista della pellicola stessa (tutta la sequenza della tempesta è da annali). Ma non finisce qui, dato che alle animazioni faraoniche, alla regia eccelsa del nostro amato Hayao (la cui qualità ormai è scontata) e al morbidissimo character design dello studio si aggiunge una palette cromatica vivace, iper-satura, tale da comunicare in sé stessa un senso di pura, semplice gioia: e il punto è proprio questo, poiché "Ponyo sulla scogliera" ha il pregio e il coraggio di essere un film incentrato al cento per cento sul comunicare gioia allo spettatore, e personalmente ci riesce alla grande.
Non c'è un singolo momento della pellicola, con una piccola eccezione di cui parlerò alla fine, in cui il film comunichi tristezza, o tenti di commuovere con i soliti cliché dei lungometraggi Disney (morte improvvisa di cari o amenità simili), anzi la sopracitata gioia pervade ogni singolo secondo, ogni singolo fotogramma e ogni singola azione dei protagonisti, con risultati egregi. La piccola pesciolina Brunhilde, rinominata Ponyo dal bambino di cui è innamorata nonché coprotagonista, Sosuke, è infatti un uragano, una vera forza della natura pronta a fare di tutto e ribellarsi a chiunque pur di andare sulla terraferma col proprio amato, anche a costo di scatenare una catastrofe; eppure, anche la catastrofe stessa è messa in scena in maniera tale da suscitare felicità, non quindi un evento distruttore ma vivificatore della natura stessa e delle vite dei protagonisti, bambini (prevalentemente Ponyo e Sosuke), adulti (la madre del bambino, Risa, e Fujimoto, stregone dei mari e padre della bimba dai capelli rossi) e anziani (le vecchiette del centro anziani in cui Risa lavora, a loro volta metafora della vecchiaia del regista).

Penso di aver comunicato abbastanza bene come questo film, nella sua oretta e quaranta di durata, potrebbe migliorarvi una brutta giornata senza problemi, ma vorrei soffermarmi per poco sulle critiche di insensatezza mosse dai suoi detrattori, dal mio punto di vista, se non si fosse già capito, piuttosto infondate. La pellicola è innanzitutto indirizzata a un pubblico di bambini, un po'come fu "Il mio vicino Totoro" all'epoca, ma anche messa in scena in sé stessa dall'ottica di un marmocchio di cinque anni, ancora capace di accettare la meraviglia nelle varie situazioni della propria vita senza porsi tante domande. Ecco quindi che Sosuke non reagisce alla trasformazione di Ponyo in graziosa bambina con terrore, ma con innocente stupore e felicità, in un mastodontico inno dell'infanzia dall'inizio alla fine della pellicola (sfido chiunque a rimanere impassibile di fronte al rapporto dei due protagonisti, davvero un duo straordinario). L'unico difetto personalmente imputabile alla pellicola è quell'unico già citato momento triste presente verso la fine, piuttosto superfluo, ma nulla che vada a inficiare la qualità incredibile dell'opera di Miyazaki.

"Ponyo sulla scogliera", quindi, si conferma come uno dei film più sottovalutati dello Studio Ghibli, un capolavoro con la C maiuscola, e dal mio punto di vista uno dei miei film preferiti del regista.