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Nove minuti imperdibili, per chi ama curiosare nei discorsi degli altri e per chi ama lasciarsi trasportare dalle parole. C’è da dire che è un bar davvero strano. Sì, insomma, dove due ragazzini sono impegnati in un discorso sulla potenza delle parole, dove due tizie dibattono sull’attendibilità di voci di terza mano (ovviamente riguardo a pettegolezzi), dove un tipo solitario si legge Verne e Asimov contemporaneamente, e dove lo sfigato di turno, appena mollato dalla sua ragazza, è in depressione sul bancone assistito dalla proprietaria incredibilmente sincera.
Che c’entra tutta ’sta roba? Ma è linguaggio, è naturale. Discorsi più o meno futili, più o meno significativi, ognuno appartenente a una propria voce, fluttuanti come un liquido – e come un liquido, un unico flusso costituito da milioni di singole gocce che si mescolano ma mai miscelate fra loro. Chi scoprirà questo segreto che galleggia come in un acquario?
E se i disegni sono un po’ particolari, il tono di luce rossiccio del locale e l’atmosfera rosa-acquamarina del retro sono bellissime, e i suoni – manco a dirlo – hanno davvero grande importanza; il tutto gestito da una regia fresca e particolare che regola passaggi, inquadrature e narrazione in modo assolutamente originale e con varie trovate molto divertenti.
Piccolo spunto su una grande riflessione con un finale a sorpresa.