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Ora, io non vorrei confrontare Solid State Society con i due Film di Oshii. Non vorrei proprio – perché il secondo è un capolavoro del cinema… e il Primo è un opera assoluta. Ma Kamiyama si tira il paragone da solo, con continui rimandi e sequenza ispirate ai due predecessori. E se non bastasse mette in gioco pure il nome del marionettista (come ha osato!!!) stravolgendo in modo assurdo e imperdonabile l’essenza di un personaggio che è entrato nel mito; e tanto per gradire copia in modo speculare da Ghost in the Shell la connessione del Maggiore con quest’ultimo. Va da sé che ne esca totalmente sfasciato su qualsiasi aspetto lo si voglia confrontare.
E con questo non è che voglio distruggere il film in questione, ma ridimensionarlo sì – e di parecchio anche, visto che vado sempre contro. Così, essendo uno special televisivo ad altissimo budget ideato per concludere con un lungometraggio le due serie Stand Alone Complex, c’era da aspettarsi un’opera altissima. E quando è finito ho detto: “Vabbe’, è che l’hai visto dopo il 2nd GIG che è superlativo. Non dare giudizi veloci e prenditi un po’ di tempo”. Be’, invece era proprio quello che avevo pensato a caldo.

L’aspetto tecnico è stato ulteriormente rifinito rispetto alle due serie, con dei disegni pulitissimi, con lo stesso inimitabile character design e con una fotografia splendida, oltre alla OST da brivido (ed è inutile che vi dica di chi è…). La narrazione si svolge due anni dopo la conclusione di 2nd GIG, con una sezione 9 superpotenziata diventata un organo di sicurezza finalmente di peso ma che per questo è dovuto scendere a compromessi. Così Motoko s’è scassata e li ha piantati in asso. Quindi ritroviamo un Batou serissimo e perennemente imbronciato per la nostalgia della sua dolce metà e l’ex pivellino Togusa che è diventato il capo sul campo della squadra (e fa davvero strano vederlo imborghesito in giacca e cravatta comandare la sezione ed essere una figura responsabile), con un Aramaki prossimo alla pensione e tutta la sezione speciale che chi non la conosce non è un appassionato di anime. Queste le premesse che fanno da sfondo alla trama vera e propria di questo caso Solid State Society, che come da abitudine Stand Alone Complex è un poliziesco strutturato su più livelli. Trama che si dipana partendo da dei casi di attentati collegati a un generale agli arresti domiciliari e che finisce a un caso di bambini rapiti (20.0000 bambini!!!) e di sanità pubblica legata ai vecchi pensionati senza famiglia e alle strutture che monitorano le loro condizioni di salute. Il tutto sotto l’ombra misteriosa e oscura delle due torri della Solid State Society, con la figura occulta del Maggiore che assume dei contorni sinistri.

Tu dirai “Sembra ’na figata”.
E invece la storia in sé è inferiore anche alle due serie. Perché non è coinvolgente e accattivante come l’intrigo stratificato dell’ “uomo che ride”, e perché non regge minimamente il confronto con l’affresco meraviglioso, intensissimo e struggente della seconda serie (e siamo sempre lì – in quella c’è la manina di Oshii). Il problema fondamentale è che il film non ha un carisma che lo faccia spaccare di brutto; manca di un’identità ben precisa e di profondità. I temi sociali e la critica corrosiva delle istituzioni e dei sistemi che hanno fatto la differenza nelle precedenti serie vengono solo sfiorati, e non basta la riflessione finale di Motoko per risollevare il tiro. Gli splendidi dialoghi e la filosofia e il pensiero impegnati che sono quello che contraddistingue l'universo Ghost in the Shell sono assenti. E poi tranne alcuni momenti o scene davvero degne di nota, non è veramente appassionante. Forse Kamiyama voleva ricercare un taglio più cinematografico, ma è rimasto solo nell’intenzione, dimostrandosi strettamente (e di gran lunga) affine alla strutturazione seriale. E il film resta a metà fra la sua regia classica molto statica e improvvisi stacchi e accelerate di ritmo decisamente male integrati – dando la sensazione di un ibrido per nulla riuscito. Piacevole per gli occhi perché l’impianto scenico è sempre di alto livello – ma assolutamente nulla in confronto alle atmosfere, alle ambientazioni e alla visionarietà Oshiiana – , si lascia guardare senza annoiare e se non si conosce per niente il mondo Stand Alone Complex può dare delle buone soddisfazioni. Ma per chi è stato hackerato da Motoko e dal Signore dei pupazzi, è una delusione bella grossa. Per me (e scusatemi se mi sono lasciato andare, ma c’è n’erano di cose da dire…) Ghost in the Shell si chiude con 2nd GIG. Difatti il film non ha un Ghost – ed è gravissimo!

P.S.
Non essendo stati ancora acquistati i diritti da nessuna casa di distribuzione italiana, ho ascoltato per la prima volta l’audio originale dei protagonisti del filone Ghost in the Shell. Ed è una delle rare volte in cui mi sia dispiaciuta l’assenza del doppiaggio, notando come le voci storiche italiane (il primo film e le due serie) siano decisamente ottime e forse anche meglio adatte di quelle giapponesi alle caratteristiche dei personaggi – ’na volta tanto.