Devo dire che mi fa piacere leggere come un professionista dia gli stessi consigli e utilizzi la stessa metodologia che uso io quando adatto in maniera amatoriale.
KUMA-29
- 10 anni fa
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Il lavoro di traduttore è per pochi "fortunati"... Comunque è stata una bella e utile intervista
anonimo
- 10 anni fa
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Intervista molto interessante, soprattutto visto che approfondisce un ambito (quello del traduttore di manga) in cui ognuno di noi, o quasi, ha sempre sperato di entrare ^^
Diventare traduttrice per una casa editrice di manga/anime è il lavoro a cui aspiro, perciò mi ha fatto super piacere leggere quest'intervista, molto franca, di Marco. E' stata utile. Ringraziai anche sotto il post su facebook della J-POP. Dà ottimi consigli e usa un metodo che si trova in linea con quelle che erano le mie idee di partenza.
Davvero interessante! Studiare giapponese è il mio sono (il prossimo anno forse inizio *^*) e lavorare in una casa editrice mi alletta moltissimo. Aspetto con ansia la seconda parte.
IcyFlame (anonimo)
- 10 anni fa
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Da studentessa di ca' foscari dico questo...forse fino a qualche anno fa la situazione dell'insegnamento era buona, adesso è a dir poco pessima. Innanzitutto c'è il fatto che gli studenti di giapponese negli anni sono aumentati nell'ordine delle centinaia, al punto da dover essere suddivisi per gruppi alfabetici (da due, ai miei tempi, agli attuali quattro) perchè le aule non li possono fisicamente contenere tutti, portando le lettrici a dover ripetere le stesse lezioni per ogni gruppo, cosa per loro stressante e degradante (i lettori madrelingua in Italia sono sottopagati) che pregiudica la qualità stessa dell'insegnamento in classe. A questo problema di recente una soluzione comunque è stata trovata, si è arrivati -finalmente a parer mio- all'introduzione del test d'ingresso e del numero chiuso. E' inutile raccontarsi favole, non c'è posto per 400, 500 o più neolaureati (trieannali, alla magistrale si è di norma un po' meno) in giapponese nel mercato del lavoro in Italia. Per cui chi aspira a diventare traduttore di manga deve saperlo, che il mercato è ristretto e la domanda attualmente molto molto bassa, e si lavora a tempo determinato perlopiù, non si è assunti in maniera fissa se non in pochi casi. E anche di altri lavori possibili con la propria laurea in lingua giapponese non ce n'è un'offerta così alta, in questo frangente dell'economia e della realtà lavorativa italiana. Tocca andare in Giappone allora, ma anche lì se non si hanno altre capacità oltre alla mera conoscenza della lingua, a parte insegnare italiano ai giapponesi o lavorare nei bar/ristoranti, non c'è molto altro, perchè se hanno bisogno di gente che sa il giapponese, si rivolgono agli studenti madrelingua, che escono dalle loro università, e che hanno anche altre competenze oltre a saper parlare/scrivere la lingua. Quindi bisogna stare coi piedi per terra e non farsi tante illusioni, o poi il contatto con la realtà è molto traumatico.
Però oltre a questo, è proprio l'insegnamento della lingua che in Italia (a ca' foscari almeno) è fatto male, e per quanto andare in Giappone sia certamente auspicabile talvolta è l'unico vero modo per acquisire competenze vere, perchè qui da noi la qualità di come si studia la lingua negli anni è calata vertiginosamente, quasi di pari passo all'aumento esponenziale di studenti aspiranti nipponisti. E' una scelta obbligata andarci, non più un surplus con cui si possono affinare le competenze già acquisite, e un valido aiuto nel curriculum. Interi semestri in cui non si dedica neanche un minimo spazio alla conversazione (il 50% dell'apprendimento di una lingua), da terzo anno in su (soprattutto dal quarto) l'assenza di dispense con esercizi (resta solo il libro di testo di teoria, che ha qualche esercizietto ma poca roba, che non sempre basta a verificare se si è capita la regoletta grammaticale di turno, e il giapponese è una lingua che all'inizio è facile, andando avanti si complica da morire), lezioni come lo shadowing fatte male e in maniera superficiale, pochi esercizi di ascolto e comprensione testuale, scarso insegnamento anche della produzione di testi in lingua. Forse sono io che con queste premesse mi trovo male e magari altra gente invece sopperisce alle mancanze "parlando coi propri amici giapponesi su skype" (come ci consigliò una sensei a lezione per fare conversazione), ma non si può dire che sia così che si impara bene una lingua. L'università migliore dove studiarla è quella di Parigi (non ricordo quale però, chiedo venia, una mia compagna di corso c'è stata, non io personalmente), dove i corsi di cultura sono ridotti al minimo (uno sceglie di specializzarvisi da sè) e la lingua è approfondita tanto con lezioni apposite per kanji, conversazione, grammatica, comprensione, ecc. Solo che per andarci bisogna sapere bene il francese, e avere la fortuna di essere assegnati lì se si partecipa al bando Erasmus, altrimenti nisba.
Mi spiace di fare la piantagrane dell'ultima ora ma non è tutto rose e fiori, e da quell'intervista sembra sia estremamente facile uscire dall'università con competenze vere e diventare traduttori, mentre purtroppo così non è.
lonOTTO
- 10 anni fa
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Ma quanti anni ha sto ragazzo?? Dalla foto mi sembrava in 26 enne, poi scopro che è più vecchio di quel che sembra LOL.
Ma è stata un'intervista bellissima! Che bello sapere che dietro ai manga che leggiamo ci siano persone tanto preparate e in questo caso anche molto gentili e disponibili! Direi che questa lettura mi ha rallegrato la giornata!
bella intervista! ahahaha i nippofili di Ca'foscari!:) Comunque una cosa è vera, gli studenti di lingua devono andare nel paese dove si parla se la vogliono studiare seriamente!