Io l'inglese lo conosco benino ma per seguire un'opera doppiata o subbata in inglese si deve avere una conoscenza della lingua di un certo livello pari quasi a quella della lingua madre. tanta gente non la pensa in questo modo, io si. Seguire un sub ita a volte è difficile per la velocità dei dialoghi, se devi anche perder tempo per tradurre diventa un'agonia, va bene solo per coloro che traducono istantaneamente, per quanto concerne il doppiaggio parlato è anche più difficile.
Se uno studia e si applica ce la fa tranquillamente. Ma per curiosità, chi ha imparato l'inglese per fare i videogame? Io ho dovuto imparare per fare Final Fantasy VII.
@GianniGreed e sì, sempre de "I Cavalieri dello Zodiaco" si finisce per parlare. E' vergognoso che non esista una edizione con audio originale e sub fedeli.
Ma l'edizione di Yamato Video non ha traccia originale con sub fedeli? Io sapevo così...
Secondo me questa "rubrica" strutturata in questo modo non ha molto senso, così praticamente il primo che butta lì un argomento fa in modo che poi si parli di quello, insomma è una gara a chi urla prima XD
@Stairway90: Forse l'appartenenza dell'inglese alla famiglia germanica da solo non basta per far sì che chi ha come lingua madre un'altra appartenente alla stessa lo apprenda automaticamente, però di sicuro aiuta. Per quanto riguarda la capacità dei polacchi ad apprendere l'inglese, beh, credo sia dovuta molto al fatto che da più di un ventennio, dopo lo scioglimento del patto di Varsavia, i governi che si sono succeduti in Polonia hanno investito molto nell'istruzione, migliorando quello che già all'origine era un ottimo sistema scolastico. E i risultati si sono visti nelle performance dell'economia di quel paese, tra le migliori di quelli dell'est europeo. Poi, e non so se dico bene, mi pare che la lingua polacca sia assai complessa sia a livello lessicale, che grammaticale, per forse per i polacchi risulta più semplice apprendere le altre lingue. Ma questa è solo una mia ipotesi, non so se sia effettivamente così. Sinceramente non credevo che i francesi fossero meno bravi di noi ad apprendere l'inglese, però forse sarà dovuto al fatto che tentano ottusamente di francesizzare tutti i termini. Sarà forse un vecchio cliché, ma sono noti per il loro ottuso nazionalismo. @Dany87: All'epoca mia le lingue straniere si cominciava a studiarle a partire dalla prima media, devo dire che ho avuto la fortuna di trovare una buona insegnante nei tre anni di quel ciclo scolastico, che spiegava molto bene la grammatica e ci faceva fare molti esercizi sullo scritto. Il problema però era l'impostazione del programma, che verteva molto più su quei due aspetti che non sull'ascolto e sulla conversazione. Attualmente non trovo molte difficoltà a leggere un testo in inglese e a comprenderlo, però se si tratta di parlare, o seguire un film faccio parecchio fatica, specialmente poi se vi sono scene concitate dove si tende molto a contrarre i termini, o peggio ancora quando vi sono battute in slang, o se si va su terminologie molto specifiche. Certo che chi ha già una buona base scolastica ascoltando i dialoghi dei film, magari in DVD con l'ausilio dei sottotitoli in inglese, può trovare grande giovamento nell'impratichirsi anche dal punto di vista della non semplice fonetica di quella lingua. Ovviamente il modo migliore per impratichirsi è di parlare con persone che l'inglese lo parlano bene come i madrelingua, in questo senso potrebbe essere utile fare una vacanza anche solo a Malta, dove la popolazione è bilingue inglese/maltese, e molti sanno pure esprimersi bene anche in italiano, quindi in caso di emergenza possono essere sempre d'aiuto.
Chibi (anonimo)
- 10 anni fa
00
In molti dicono che l'inglese non si può imparare solo guardando le serie in originale eppure io conosco dei ragazzi (sloveni e croati) che lo parlano fluentemente perché abituati sono stati abituati fin da piccoli a sentire la lingua grazie ai programmi in TV.
@Disillusion Bella domanda. Io opterei per la terza versione. Secondo me, non ha molto senso usare gli onorifici, visto che in italiano non ne abbiamo. D'altro canto, non mi sembra neanche corretto italianizzare le pietanze giapponesi, quindi lascerei il nome in lingua originale.
@Disillusion: Senz'altro meglio tradurre bene in italiano, usando correttamente il lei di cortesia quando è necessario, e lasciando perdere termini e suffissi onorifici che non hanno nessun corrispettivo nella nostra lingua. Nell'esempio che hai citato va bene dire il signor Pincopallino se il personaggio in questione è un adulto e/o un'estraneo e il parlante un bambino. In caso contrario, cioè se Pincopallino è un bambino, o un amico stretto del parlante allora va bene solo il nome. Infilare termini giapponesi in una traduzione, quando non strettamente necessari, serve solo a far confusione.
Direi che non fa una piega, grazie, poi gli esempi potrebbero essere tanti. Ma quando ci sono parole tipo Senpai? Si può lasciare? A mio parere non trovo bello rimediare sostituendolo con il nome del personaggio, che tra l'altro non è detto che sia sempre presente.
@Disillusion: Senpai è uno di quei termini intraducibili, che effettivamente risulta assai difficile da gestire, visto che proprio non esite nemmeno come concetto questo tipo di figura in italiano. O lo si lascia così com'è, oppure si deve citare il nome proprio del personaggio. Dire collega più esperto, o più anziano, sembra un po' una forzatura. Mi ricordo che in una scena de "L'Uomo Tigre" un bambino orfano chiamava Naoto "maggiore"al posto di senpai; ma effettivamente sta proprio male, sembra quasi un gergo da militare.
È complicato... Considerando il fatto che da noi il concetto di senpai praticamente non esiste, direi che alla fine opterei per il nome e basta. Magari il solo cognome, giusto per mostrare un po' di rispetto e formalità, ma non sono sicura al 100%...
Temevo la risposta del nome del personaggio. Il fatto è che mi è capitato di vedere degli episodi in cui un personaggio viene chiamato Senpai, ma non si sà il nome proprio di questo personaggio, non viene mai detto, in tal caso sembra non ci sia altra scelta che lasciarlo. Cose proprio del tipo "Senpai?" o "Senpai!", un bel dilemma. Se invece venisse omesso completamente? Ovvero neanche scriverlo, Senpai, lasciare vuoto, sarebbe peggio?
A questo punto, direi che, in base al contesto, potresti usare delle "licenze da traduttore". Se ti rivolgi a un tizio per la prima volta solo con senpai, potresti tradurlo con un semplice saluto. Credo che negli altri casi si dovrebbe già conoscere il nome del suddetto senpai e quindi potresti usare questo al posto dell'onorifico. Per lo meno, questa è la mia opinione. Non è che sia un'esperta
Se per i vari chan, san e kun si può giocare con la lingua italiana per trovare un modo di renderli, senpai e kohai sono intraducibili. Laddove il contesto lo richiede (= scuola o lavoro in Giappone) io li lascerei, altrimenti (es. un mondo fantastico o fantascientifico dove i personaggi parlano giapponese per convenienza ma non lo sono) li toglierei.
Stairway90
- 10 anni fa
20
Forse l'appartenenza dell'inglese alla famiglia germanica da solo non basta per far sì che chi ha come lingua madre un'altra appartenente alla stessa lo apprenda automaticamente, però di sicuro aiuta.
Non così tanto, però. Alla fine le parole deriveranno dalle stesse radici, ma la fonetica si è evoluta... un po' come successo col francese, graficamente le parole francesi si scriveranno in maniera simile all'italiano, ma la pronuncia è tutta un'altra cosa. L'inglese è una lingua graficamente molto conservativa (un sacco di parole inglese ancora oggi si scrivono in una maniera simile alle parole anglosassoni di 1000 anni fa), ma se devi imparare a parlarlo e studiare la pronuncia essere tedesco o norvegese aiuta poco.
Poi, e non so se dico bene, mi pare che la lingua polacca sia assai complessa sia a livello lessicale, che grammaticale, per forse per i polacchi risulta più semplice apprendere le altre lingue. Ma questa è solo una mia ipotesi, non so se sia effettivamente così.
Neanch'io so come sia la grammatica polacca, ma se avere una lingua grammaticalmente complessa aiutasse a imparare lingue più semplici, allora noi italiani non dovremmo avere problemi, perché l'italiano è una lingua dalla grammatica molto complessa, soprattutto per quanto riguarda la morfologia del verbo. Alla fine il vero problema è l'istruzione e l'incentivo a usare le competenze linguistiche, che nel nostro paese mancano (persino a livello universitario, e parlo per esperienza personale: nella facoltà di fisica della mia università ho saputo che non c'è nemmeno un corso di idoneità di lingua inglese, il che è grave se si considera che la letteratura scientifica internazionale ormai viene scritta in quella lingua).
@Disillusion, anche io scelgo la terza opzione. Toglierei gli onorifici ma lascerei alcuni nomi particolari ( cibi tradizionali o altro che può andare comunque bene anche io giapponese). Riguardo alle parole come senpai, non saprei che fare, forse le sostituirei con il nome della persona, anche se ammetto che non è sempre possibile. Comunque i nomi dei personaggi, non li cambierei mai, diversamente da come hanno fatto in alcuni casi. Es Rufy-Rubber
Tutto chiaro, per quanto riguarda le "trasformazioni" degli onorifici, pensavo a tipo -chan farlo diventare uccia/uccio (pincopallino-chan diventerebbe pincopallinuccio) o forse non è il caso? Il -san sarebbe signor/signora, ma se possibile eviterei di mettere tali signor/signora, o si rischia di leggere tali parole in continuazione. Mi rimane un po' il dubbio su "Senpai", ovvero se sia meglio lasciarlo o toglierlo proprio, nel caso un personaggio dica solo esclusivamente quella parola (Senpai? Senpai!).
Io sostituirei senpai, con il nome della persona, altrimenti, ai telespettatori che non sanno niente di giapponese potrebbe risultare molto strano.
Stairway90
- 10 anni fa
20
Tradurre "senpai" col nome del personaggio potrebbe anche andare, ma si fa perdere alla frase quell'idea di deferenza che i giapponesi hanno verso i compagni e i colleghi più esperti; stesso discorso per "kohai" per i colleghi meno esperti. E' un tratto specifico della cultura di origine, andrebbe mantenuto.
@Disillusion: Uhm?! Non è che mi piaccia molto metterci come desinenza al nome "-ino/a" o "-uccio/a" per tradurre "chan", dipende comunque dal contesto. Se si tratta di situazioni tipo fidanzatini adolescenti, bambini, e magari in un contesto umoristico può anche andar bene. Altrimenti direi proprio di lasciar perdere i suffissi di cortesia giapponesi. Se si tratta invece di ambientazioni prettamente giapponesi, magari di tipo storico (tipo Ikkyusan, il piccolo bonzo, dove per altro c'erano) può essere una buona cosa lasciarli così come sono nella traduzione; anche il pubblico non farebbe troppo fatica a capirli. @Stairway90: Sono d'accordo con te, ma anche qui io lo lascerei in contesi prettamente giapponesi, specialmente in ambito scolastico, dove è più plausibile trovarli. Per opere ambientate fuori da tali contesti invece sarei più propenso ad eliminare quel termine.
Stairway90
- 10 anni fa
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Sono d'accordo con te, ma anche qui io lo lascerei in contesi prettamente giapponesi, specialmente in ambito scolastico, dove è più plausibile trovarli. Per opere ambientate fuori da tali contesti invece sarei più propenso ad eliminare quel termine.
In quegli ultimi casi non vanno lasciate per nessun motivo, sono parole che hanno senso di esistere in ambito lavorativo o scolastico, fuori no.
Seguire un sub ita a volte è difficile per la velocità dei dialoghi, se devi anche perder tempo per tradurre diventa un'agonia, va bene solo per coloro che traducono istantaneamente, per quanto concerne il doppiaggio parlato è anche più difficile.