Il matrimonio in Giappone: tradizione, modernità e contaminazioni in un solo rito
Dal santuario al rinfresco in abito bianco, ecco come si sposano i giapponesi
di Hachi194
1) Oddio che bello, io adooorooo i matrimoni (e così ho anche la scusa per comprarmi un abito nuovo...)
2) Oddio che brutto, io oooodio i matrimoni (e mi tocca pure mettermi i tacchi...)
A qualunque categoria apparteniate, il rito del matrimonio ha le sue regole e pur con alcune varianti si sa cosa ci aspetta e come comportarci. Ma in Giappone? Come vivono le nozze? Come si svolge la cerimonia? Cosa indossano gli sposi?
La prima cosa da puntualizzare è che, nella stragrande maggioranza dei casi, il matrimonio non ha una connotazione religiosa. Anche se la cerimonia si svolge in un edificio sacro, quasi mai lo si fa perché ferventi credenti. Alla luce di questo, non deve quindi stupire che il 64,3% degli sposi scelga il rito cristiano: lo si fa perché lo si trova bello (lo stile architettonico della chiesa, l'abito bianco, gli addobbi, ecc ecc) e romantico. Un 16,8% opta invece per la cerimonia tradizionale non religiosa e una pari percentuale per lo shinzen shiki, cioè il rito shintoista. Il resto degli sposi si divide fra il rito buddista (butsuzen shiki) e l'espletamento delle formalità burocratiche in comune senza quindi nessuna cerimonia.
Finita la cerimonia, è previsto un banchetto (hirôen) che, per limitare i costi, di solito si svolge nello stesso luogo della cerimonia: molti sono infatti gli hotel che hanno un piccolo tempio in cui si può officiare il rito. Sta diventando anche consuetudine invitare persone diverse alle varie fasi: famiglia e amici intimi alla cerimonia, colleghi e persone legate al mondo del lavoro al banchetto e tutti gli amici alla festa che segue il pranzo, detta nijikai e che prevede un'atmosfera molto più rilassata. Infatti anche gli invitati devono ricordarsi alcune regole base: come da noi, non ci si veste di bianco perché quello è il colore riservato alla sposa e mentre gli uomini sceglieranno un classico completo giacca e cravatta, le donne potranno optare fra un vestito elegante e il kimono.
Inoltre chi partecipa all'hirôen deve fare un regalo agli sposi, chiamato shugi: una somma di denaro in una busta decorata, per aiutare gli sposi a sostenere le spese del matrimonio. Generalmente gli amici offriranno intorno ai 30.000 yen (circa 250 euro) mentre i parenti intorno ai 50.000/60.000 yen (dai 400 ai 500 euro); è tradizione poi non scegliere numeri pari (che essendo divisibili potrebbero ricordare una separazione ed essere di cattivo auspicio) e usare banconote nuove.
Il rito tradizionale è cambiato nel corso dei secoli: all'inizio, durante l'epoca Muromachi, il matrimonio si celebrava in casa, di solito in quella dello sposo. I due fidanzati spesso nemmeno si conoscevano, era stato un sensale (Nakodo) a fare da tramite tra le famiglie. Nel salotto (zashiki) attorno ad un tavolo si sedevano gli interessati con in mezzo il mediatore; alle pareti erano appesi rotoli con scritti sopra i nomi delle divinità protettrici e i due sposi si univano in matrimonio bevendo il sakè sacro.
Le cose cambiarono in epoca Meiji, quando il principe ereditario (il padre di Hiroito) si sposò con il rito shintoista nel tempio dove è custodita la divinità Amaterasu Oomikami. Ovviamente le persone comuni furono affascinate dalla novità e iniziarono a volersi legare con il medesimo cerimoniale, che diventò così molto popolare.
Il rito shintoista segue precise fasi.
Prima di tutto lo sashin, con gli sposi che dalla sala d'attesa si incamminano verso il santuario seguiti dai genitori di lui, da quelli di lei, poi dalle famiglie (prima quella del marito poi quella della moglie) e alla fine dal sacerdote; spesso una miko protegge la coppia con un ombrello rosso. A questo punto si entra nel tempio e ci si siede (Haiden chakuza): gli sposi saranno le due persone più vicine alla divinità con lei a sinistra e lui a destra.
Il sacerdote procede quindi allo Shubatsu, il rito di purificazione usando l’acqua delle vasche poste all’ingresso di ogni tempio. Ora può inizare la cerimonia vera e propria (Saishu ichirei) con tutti gli invitati che si inchinano davanti agli dèi; quindi l'officiante dona alla coppia un'offerta, che andrà presentata agli dei in modo che la nuova coppia sia accolta (kensen).
A questo punto inchinandosi all’altare, il sacerdote annuncia il matrimonio alle divinità leggendo il Norito, un documento che racconta chi sono gli sposi e con cui si promette che saranno felici per tutta la vita, pronunciando preghiere e benedizioni.
Quindi giunge il momento del Sankon non gi, che è l'equivalente dello scambio degli anelli del rito cristiano: i due sposi bevono il sakè dallo stesso bicchiere, prima lei e poi lui. In questo modo si scambiano i voti e inoltre essendo il sakè la bevanda degli dei, si otterrà il loro potere e la loro benedizione. Quindi gli sposi pronunciano il giuramento davanti agli dei (Seishi soujo) e una miko comincia una danza beneaugurante per gli sposi e le loro famiglie.
Infine i novelli marito e moglie offrono alla divinità il Tamagushi, cioè un ramo di Cleyera giapponese decorato, per esprimere la sincerità dei loro sentimenti; poi si inchinano due volte, battono le mani due volte e si inchinano ancora una volta per esprimere la loro gratitudine.
Tocca ora ad ogni parente degli sposi bere il sakè sacro, in modo da creare un legame forte tra le famiglie. Quindi il sacerdote raccoglie le offerte lasciate all'inizio della cerimonia, offerte che ora sono diventate importanti perché la coppia è stata resa sacra dall'unione davanti agli dei. La cerimonia si chiude con il Saishu ippai in cui tutti gli invitati si inchinano davanti alle divinità del tempio.
In quest'occasione di solito la sposa sceglie di indossare lo shiromuku, un kimono tutto bianco che simboleggia la purezza e la sacralità. Alcune invece optano per l'irouchikake, un kimono ricamato e colorato; altre usano entrambi: il primo per la cerimonia, il secondo per il ricevimento. Ad accompagnare lo shiromuku c'è un copricapo bianco molto voluminoso che si chiama Tsunokakushi (o Watabooshi se di forma leggermente diversa): esso simboleggia la calma e l’obbedienza, infatti è così grande perché deve coprire le corna che la donna ha per il mito nipponico, in cui la femmina è per sua natura diabolica.
Con lo tsunokakushi doma le sue manifestazioni di rabbia e gelosia, diventando ubbidiente e sottomessa al marito. L'uomo invece indossa di solito un kimono da cerimonia composto da una gonna pantalone (hakama), un sotto-kimono bianco e un kimono montsuki con gli stemmi di famiglia.
Fonti consultate:
Nippon
FastJapan