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megna1

Episodi visti: 1/7 --- Voto 8
Strano e misterioso, il mondo dei cortometraggi d'autore, un sotterraneo trampolino di lancio per gran parte degli artisti del nuovo millennio, troppo spesso snobbato o talvolta liquidato in un paio di righe dalle riviste del settore. Per fortuna, la rete, oltre a social, blog e chat per adulti, è anche, e soprattutto, fonte pressoché inesauribile di materiale audiovisivo. Sarebbe cosa buona e giusta almeno una volta al mese fare una ricerca per scoprire e apprezzare le novità nel campo. Se consideriamo "Animatrix" e "Gotham Knight", di fatto affidati a studi giapponesi (ai quali i produttori d'oltreoceano avevano dato carta bianca), l'animazione nipponica vanta circa una decina di antologie. La più prestigiosa è sicuramente "Genius Party" regalataci dallo Studio 4°C, ricettacolo e fucina di giovani talenti fuggiti dalla roboante e ripetitiva produzione seriale televisiva fatta di reboot, sequel, prequel e serie di proporzioni a dir poco bibliche. Il primo segmento, che funge da apripista al lungometraggio, già fa capire a cosa si va incontro: indescrivibile surrealità e pura follia che si intersecano nella mente di Atsuko Fukushima (veterano del genere, aveva già contribuito ad alcune visionarie sequenze di "Robot Carnival" e "Manie Manie"). Nei vari episodi si sperimenta di tutto (come è giusto che sia): dalla cel-animation allo stop-motion, passando per la computer graphic e la tecnica cut out. Si passa tranquillamente dalla musica techno al metal, non tralasciando nemmeno la musica classica. L'episodio più divertente con scene d'azione mozzafiato è quello diretto da Shoji Kawamori intitolato "Shanghai Dragon", dove un bambino trova una specie di scettro che trasforma i desideri in realtà e dovrà difenderlo da un esercito dotato di astronavi superdettagliate in stile macrossiano (serie TV co-ideata proprio da Kawamori stesso nel 1982). Si passa a sceneggiature decisamente più introspettive con il mistico e inquietante "Limit Cycle" e al thriller metropolitano "Doorbell", quest'ultimo concepito interamente da Yoji Fukuyama con il prezioso supporto alla direzione artistica del noto Shichiro Kobayashi (classe 1932, ha realizzato i fondali di centinaia di serie e film). Chiude la visione una malinconica love story tra due liceali, diretta da uno Shinichiro Watanabe in splendida forma, nel classico stile slice of life. Manca all'appello solo Koji Morimoto, cuore pulsante dello studio nato nel 1986 e divenuto oggetto di culto anche sul suolo occidentale grazie al video musicale "EXTRA". Bisognerà attendere "Genius Party Beyond" per rivederlo di nuovo all'opera.


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Robocop XIII

Episodi visti: 1/7 --- Voto 7
Genius Party è il corto che introduce e dà il titolo al progetto, ed è un trip non-sense fatto di scintille e musica tribale ritmata. È la risposta alla domanda: come sarebbe Nuggets - il cortometraggio contro la tossicodipendenza animato da Andreas Hykade - se a girarlo fosse stato proprio un tossicodipendente?

Il Drago di Shangai è caratterizzato da delle buone animazioni e da una buona regia e fotografia. Ma per tutta la durata del corto non farete che pensare all'orribile ciclista in CG che appare all'inizio e al disturbante moccio al naso del protagonista.

Deathtic 4 è diretto da Shinji Kimura che qualcuno conoscerà come direttore artistico di Steamboy, film del 2004 diretto da Katsuhiro Otomo. I due hanno anche collaborato insieme alla creazione di Hipira-kun, un libro illustrato per bambini del 2002. Ebbene Deathtic 4 è al contempo sia successore del libro illustrato (nei contenuti) sia predecessore che della serie animata dello stesso libro (nella tecnica). L'unica differenza con la serie animata di Hipira-kun è che il piccolo protagonista invece che essere un vampiro è uno zombie, ma per il resto entrambi vivono in una città di loro simili e vanno a scuola. Un'altra differenza è che la componente infantile di Hipira-kun viene sostituita da un umorismo al limite tra il grottesco e il demenziale. Inoltre entrambe le opere utilizzano personaggi in CG su sfondi disegnati.

Door Chime è meno sperimentale rispetto ai precedenti per quanto riguarda ambientazioni e animazioni. È un tentativo (fallito) di spiegare la poetica pirandelliana delle maschere ma risulta troppo confusionario e kafkiano al punto da farmi pensare che forse un senso non lo ha.

Limit Cycle è una macchina del tempo. Ogni minuto di "animazione" sono due minuti nella vita reale: noia. Sembra una di quelle poesie che si scrive in flusso di coscienza da adolescenti, la cui formula è sempre (parole altisonanti a caso) + (minima continuità logica). Terribile. Un regista deve sapere utilizzare il mezzo che ha tra le mani. Questo pippone sarebbe risultato noioso e inconcludente perfino in un libro, figurarsi in un corto animato.

Happy Machine è diretto da Masaaki Yuasa.

Baby Blue è diretto da Shinichiro Watanabe.

Devo aggiungere altro? Aggiungiamolo. Questi corti sono sicuramente i migliori del progetto e sono una specie di premio per chi è riuscito ad arrivare fino a qua, resistendo a Limit Cycle. Happy Machine è una metafora della vita e rappresenta un mondo assurdo sullo stile di Kiseichuu no Ichiya, simile a quanto accade anche nella prima puntata di Kaiba. Baby Blue è un inno alla libertà più totale, quella libertà che ci viene privata o limitata dalle cose e dalle persone. Quella libertà un po' pericolosa da maneggiare, che ti fa sentire vivo a esercitarla o malinconico a ricordarla.


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Pan Daemonium

Episodi visti: 1/7 --- Voto 10
Non starò qui a recensire ogni singolo corto, ma devo dire che questa raccolta mi ha entusiasmato. Sarà perché sono un amante del non-sense e dello sperimentale, questa raccolta mi ha profondamente emozionato.
Opere come Deathtic 4 ed Happy Machine sono da vedere assolutamente: la prima per le caratteristiche grafiche adorabili, la seconda per il suo non-sense onirico e fanciullesco, fantastico.
Limit Cycle, invece, è l'unica opera che ho trovato davvero pesante. Un gioco di suoni e luci, ma piuttosto noioso.


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DeborohWalker

Episodi visti: 1/7 --- Voto 5
Un lungometraggio assolutamente sperimentale uscito nei cinema giapponesi, composto da sette cortometraggi realizzati da sette autori, molto diversi l'uno dall'altro, ai quali è stata lasciata la completa libertà creativa. I primi sono piuttosto indigesti (assurdo un corto che è praticamente un monologo filosofico sull'umano, Dio, il doppio, ecc., che fa apparire il discorso dell'Architetto in Matrix Reloaded un raccontino della Pimpa) ma è piuttosto caruccio il penultimo, di Masaaki Yuasa (regista di Mind Game), un corto onirico in cui un neonato va a zonzo per una bizzarra landa, accompagnato da una creatura che gli permette di essere cavalcata, e un buffo animaletto che si nutre dei rifiuti organici del marmocchio.
Il corto più bello invece è, come prevedevo, quello di Shinichiro Watanabe (autore di Cowboy Bebop): due liceali giapponesi si regalano una giornata fuori da scuola, fuggendo verso il mare. I due sono amici dall'infanzia, e l'insolita giornata si rivela essere alla fine l'addio del ragazzo, che il giorno dopo si trasferirà in un'altra città: buoni i disegni e l'animazione, ma il corto si distingue specialmente per i ritmi di narrazione, i silenzi, e il modo in cui esprimendo ben poco i personaggi riescano a far percepire le proprie sensazioni.


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Achille

Episodi visti: 5/7 --- Voto 7
Signori, dato che il progetto Genius Party è un mosaico di 7 corti mi pare che non si possa fare altro che analizzarli (per quello che si può) singolarmente e brevemente. Poi alla fine tiro le somme – sempre confidando nello spirito della matematica (se, se, m’ha lasciato da un pezzo…).

Genius Party, inizia con Genius Party. Ovvero una specie di video musicale surreale, dove un tizio con evidenti problemi d’identità e di cuore va trotterellando disperatamente alla ricerca di una pietra che gli faccia gli occhi dolci. Potere dell’amore!… Fuochi d’artificio, luci psichedeliche, metamorfosi ipnotiche e altre pazzie visive in un trip allucinato splendido da guardare e particolare da ascoltare (grazie… è solo musica). Per chi piace Dalì o l’LSD, sette abbondante.

Il secondo è l’incasinatissima giornata di un piccolo moccoloso Forrest Gump cinese, che trova un matitone da 200 carati che giustamente dei robottoni rivogliono indietro (chiamali fessi) e che viene usato dal nostro ero… ehm, si, lasciamo perdere… comunque, co ’sto coso ci disegna tutta la roba da mangiare che gli frulla per i tre neuroni che gli ballano nel cervello. E visto che è così importante, due tizi spaziali sono assoldati da una bambina amante del moccio, per proteggerlo o alternativamente ammazzarlo in uno schianto frontale moto-palazzone. Senza eccedere in annessi e connessi, Shangai Dragon è il più divertente dei 5 che ho visto, con tanta azione frenetica, bazooka galattici ed entrate in scena a effetto esilaranti (tizio pelato su tutti). Sette e risate.

E se tu fossi un altro te, o il te di un altro te stesso, o il te stesso di un altro te di un altro te stesso… e così via. Idea di partenza decisamente strana, ma il ragazzo (Doorbell) non si applica. Carina la conclusione con tanto di agguato sotto casa alla tipa di turno, ma la grafica è troppo scadente, come le animazioni e la CG. Giusto si salvano gli ambienti un po’ spogli ma puliti. Cinque, in attesa di miglioramenti (del regista, si capisce).

Carinissimo, dolcissimo, dolorosissimo e magico. Limit Cycle, una metafora delicatissima della vita e della morte e del loro ciclo continuo che si può solo accettare, per crescere. Una epopea incantata di un bambino abbandonato che viene sputato fuori dalla sua casa-culla, e gironzolando per un universo stranissimo e paradossale con creature che sembrano fatte di pongo colorato, scopre come vanno le cose del mondo. Semplicissimo nel tratto e nei colori ma dalla profondità commovente, con un finale davvero… guardatevelo, e basta. Otto.

E alla fine ci sta Watanabe, con un Baby Blue (ogni riferimento è puramente casuale) che tecnicamente è il meglio realizzato; con bei disegni e animazioni, fondali e colori molto curati e una musica nostalgica e pensierosa. Trama scolastico-adolescenziale decisamente fuori dagli schemi, costituita dalla proposta di un ragazzo alla sua amica d’infanzia di marinare le scuola; una cosa buttata lì così, per caso (sembra), che si evolve in un viaggio al mare tra treni e autostrade dove non manca qualche sorriso, e dove si osserva il rapporto delicato fatto di frasi sussurrate e di ricordi che lega i due. Con una conclusione un po’ prevedibile ma piacevole, un otto con qualche meno lo ottiene senza problemi.

Purtroppo sono reperibili solo questi cinque, ma la raccolta è decisamente riuscita. Le somme… be’, tiratevele voi. Guardatevi Genius Party, ma prima fatevi i compiti di matematica (meno male che il liceo l’ho finito)!