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Mirokusama

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
“Siate forti come il grano che nasce nella stagione più fredda, viene ripetutamente schiacciato ma mette radici nella terra. Resiste al gelo, al vento, alla neve, cresce dritto e alto e un giorno darà i suoi frutti.”

Così diceva il padre di Gen nel primo film quando cercava di infondere coraggio ai figli per affrontare il momento che stavano vivendo e c’è da dire che tanti Paesi e tanti Popoli hanno dovuto seguire l’esempio del grano per provare a superare la guerra e le sue conseguenze ma probabilmente nessuno gli si è dovuto avvicinare di più come gli abitanti di Hiroshima.

Questa metafora, presentata come già detto nel primo dei due film dedicati ad “Hadashi no Gen” (lett. "Gen dai piedi scalzi"), diventa quanto mai attuale in questo secondo lungometraggio. Sono passati tre anni dalla fine della guerra e dallo sgancio della bomba atomica su Hiroshima ma lo scenario che ci si presenta ai nostri occhi non è tanto diverso da quello visto immediatamente dopo il bombardamento. Miseria e disperazione si alternano a sprazzi di tentativi di ritorno alla normalità come una scuola che prova a funzionare nonostante non ci sia un tetto a riparare gli studenti, un mercato arrangiato alla bene e meglio e perfino il gioco d’azzardo dove scommettere, ovviamente con scarse possibilità di successo, quei pochi soldi che in qualche modo si riescono a raccattare. In questo contesto ritroviamo Gen Nakaoka, unico sopravvissuto della sua famiglia insieme alla madre alla tragedia nucleare, e il fratello adottivo Ryuuta impegnati in quella che è praticamente una lotta per la sopravvivenza dove però riescono a farsi spazio, tra stenti e violenza, dei lampi di speranza come la conoscenza di un gruppo di orfani coi quali Gen e Ryuuta instaureranno un solido rapporto di amicizia e collaborazione nel tentativo di farsi forza e provare così a superare insieme gli ostacoli che si pareranno loro davanti.

È sicuramente questa una delle principali differenze che caratterizzano questo sequel dal suo più famoso e celebrato primo capitolo; “Hadashi no Gen” era la ricostruzione di uno degli eventi più tragici della storia dell’uomo visto attraverso gli occhi di un bambino del luogo, la cronaca dell’annichilimento totale di una città, un quadro in cui la morte la fa da padrone e la sopravvivenza rappresenta il più delle volte una sofferenza ancora peggiore. “Hadashi no Gen 2” prova ad andare oltre questo riquadro disastrato, senza dimenticare comunque da dove parte, focalizzandosi su quei ‘germogli di grano’ che avrebbero costruito dalle macerie una delle principali potenze mondiali. Di conseguenza in questo film si affievoliscono i toni drammatici del primo dando spazio anche a momenti relativamente felici in grado di attenuare non solo gli effetti fisici della guerra ma anche quelli psicologici lasciati nella popolazione locale. La “pika” (onomatopea usata per indicare una scintilla o uno sfavillio di luce e che gli abitanti di Hiroshima usarono per indicare la bomba atomica data la luce prodotta dall’esplosione nucleare) ha infatti lasciato profondi segni anche nello spirito dei sopravvissuti generando fenomeni di disprezzo e rifiuto verso quelle persone malate, sfigurate o, nel migliore dei casi, incapaci di lavorare o badare a sé stesse. E da questo punto di vista il film regala anche un messaggio fortissimo di inclusione mostrando come i bambini orfani, marchiati nella sofferenza ma privi dei preconcetti trasmessi dagli adulti, siano in grado di superare i fattori esterni di diffidenza non fermandosi all’apparenza ma riuscendo ad arrivare al cuore delle persone che interagiscono con loro. Di riflesso qui è riscontrabile anche il principale difetto del film caratterizzato da un'aura di ingenuità che, in alcuni momenti, lo spoglia di quella carica neorealista richiamata dall’ambientazione e che lo avvicina a un film per ragazzi sicuramente valido ma, inevitabilmente, più sempliciotto. Non vorrei però trasmettere una sensazione di eccessiva leggerezza in questa mia analisi che si rifà soprattutto alle caratteristiche che differenziano “Hadashi no Gen 2” dal suo predecessore: anche questo film è un racconto principalmente drammatico che non risparmierà al suo protagonista ulteriori sofferenze oltre a quelle già patite, con la possibilità però di essere rinfrancato dall’amicizia coi nuovi compagni che diventeranno una sorta di surrogato familiare in grado di supplire alla guida e agli affetti che la ‘pika’ ha, purtroppo, portato via per sempre.

Dal punto di vista tecnico “Hadashi no Gen 2” è un film prodotto dalla Madhouse nel 1986 che si inserisce nel solco del primo con qualche differenza sia in positivo che in negativo ma, in generale, è un film animato che dimostra i suoi anni e che, pur restando assolutamente gradevole, non regge il confronto con altre produzioni migliori pure della sua epoca; “Una tomba per le lucciole“ ad esempio, film uscito solo due anni dopo e assimilabile ad “Hadashi no Gen 2” per temi e ambientazione, è decisamente di uno spessore maggiore a livello grafico e registico. Come se questo non bastasse poi, è penalizzato anche dal confronto col suo predecessore che, pur non essendo neanche lui di una bellezza eccezionale, è entrato nell’immaginario collettivo per le sue sequenze crude e grottesche che mostravano gli effetti distruttivi della bomba su persone e animali. Ma non tutti i cambiamenti vengono per nuocere e, per sua fortuna, questo film ha comunque diverse frecce al suo arco: innanzitutto la colorazione più forte che lo rende allo stesso tempo più moderno e più stimolante da guardare, poi anche il character design diverso collocabile in uno stile da fine anni ’80 e inizio ’90 che è giustificabile certamente dalla crescita dei personaggi ma che contribuisce anche a renderlo più appetibile al grande pubblico, nonostante a me il carattere ‘retrò’ del primo film piaccia ugualmente. Il cambio in cabina di regia non provoca scossoni particolari mentre la penuria di ambientazioni particolarmente ricche di elementi non ci regala fondali di una bellezza memorabile, fatta la piacevole eccezione di una sequenza collocata proprio a inizio del film ambientata nella Genbaku dome (“cupola della bomba atomica”, l’edificio più vicino al punto dell’esplosione che ancora oggi è conservato nelle stesse condizioni) che ho trovato estremamente suggestiva. Kentaro Haneda firma nuovamente le struggenti musiche perfette per accompagnare le scene della pellicola mentre ho registrato un gradito e sostanziale miglioramento del doppiaggio giapponese molto meno cacofonico del primo film e riconducibile anche solo a titolo di esempio nel progresso di Issei Miyazaki che aveva dodici anni quando ha dato la voce al protagonista Gen nel precedente e che qui è letteralmente cresciuto con lui sia fisicamente che qualitativamente parlando.

Insomma, se da un lato è probabilmente giusto dire che non è la componente artistica quella che può spingere a vedere “Hadashi no Gen 2”, da un altro è inevitabile ribadire come questo film, indissolubilmente legato al primo, abbia un’importanza e un messaggio universali e senza tempo. Questa storia, che è l’adattamento dell’omonimo manga conosciuto da noi come “Gen di Hiroshima” di Keiji Nakazawa, un vero ‘hibakusha’ (ovvero un sopravvissuto ai bombardamenti atomici), in virtù della sua natura in parte romanzata, ma di base autobiografica, è una testimonianza inestimabile di dove possano spingersi gli orrori perpetrati dall’uomo e di quanto sia importante ricordarli per evitare che si ripetano, per questo la reputo non solo adatta a tutti ma consiglio a chiunque ne abbia la possibilità di vederla e mi dispiace che, da questo punto di vista, la cosa sia possibile solo grazie a internet e agli sforzi di chi si è impegnato a sottotitolare a livello amatoriale questo film e il precedente visto che, ancora oggi, non esiste una versione ufficiale di questi due titoli nel nostro Paese. Ed è un vero peccato perché la potenza dei suoi contenuti è degna delle spighe di grano che esalta, erano forti in quel momento e lo sono ancora oggi, a più di trent’anni di distanza.