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esseci

Episodi visti: 13/13 --- Voto 5,5
"È uno strano dolore… Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai" (Alessandro Baricco) (o "più..." mi permetto di aggiungere).

"16bit Sensation: Another Layer" mi è sembrata una serie "ibrida" in cui si mescola un po' di tutto: in primis la nostalgia per un mondo videoludico che non c'è più e in secundis una metafora critica più o meno leggera del mondo videoludico di oggi e, forse, un messaggio di speranza (vana)...

Se voleva essere una specie di "amarcord" per un genere di videogiochi in voga qualche anno fa e per la "cultura" otaku nel suo insieme, tutto sommato "16bit Sensation: Another Layer", come si suol dire, coglie nel segno: inizia con una trama piuttosto easy, simpatica e fantasy, con i viaggi nel tempo (in realtà anche andata/ritorno) favoriti dai videogiochi "vintage" in possesso della protagonista Konoha.

Premessa doverosa: non sono un esperto di videogiochi, da sempre...
E, pertanto, potrei non aver colto o apprezzato nel modo più completo il valore dei riferimenti ai videogiochi degli anni passati, al loro significato, anche simbolico, per coloro che con quei videogiochi hanno trascorso ore e/o intere giornate piacevoli nel loro passato e oggi provano la nostalgia per i bei tempi che furono...

Orbene, l'incipit mi è sembrato piuttosto chiaro anche per un ignorante in materia come me: ho sentito e letto di videogiochi che al giorno d'oggi sarebbero un "fallimento" dal punto di vista creativo, perché non innovano o sembrano tutti abbastanza simili.
Probabilmente si esagera, ma sotto sotto un minimo di verità c'è sempre. Ed è proprio con questo "messaggio" che la serie si apre con la protagonista Konoha che lavora in un'azienda che dà la priorità ai profitti rispetto alla creatività e rispetto alla innovazione, scegliendo sempre le soluzioni più generiche e sicure. E "16bit Sensation" vuole affrontare il graduale declino dell'industria delle visual novel e di Akihabara, l'area di Tokyo famosa soprattutto per la sua grande concentrazione di negozi che vendono tutti i tipi di apparecchi elettronici, manga, anime, videogiochi e articoli più disparati.

La protagonista Konoha è un'assistente grafico e di talento costretta a disegnare illustrazioni per adulti. È anche una amante/collezionista di videogiochi del passato con protagoniste le cosiddette "bishōjo" (trad. "bella ragazza"), ossia quei personaggi impersonati da una ragazza giovane e bella, di solito studentessa delle superiori, che può essere protagonista di svariati generi di anime, manga e soprattutto di videogiochi dating sim e visual novel.

Konoha vuole realizzare un videogioco che ormai non va più di moda, e nel suo struggersi a livello professionale e personale si ritrova ad affrontare un viaggio nel passato fino ai primi anni '90, in cui tra varie peripezie farà amicizia con una serie di ragazzi che lavorano nel suo stesso settore... con le tecnologie dell'epoca a livello informatico, inclusi i sistemi operativi a 16bit (rispetto ai nostri a 64).

Chi era appassionato da giovane di informatica e videogiochi, potrà ritrovare in questa serie una quantità di riferimenti anche alla "cultura" otaku dell'epoca: videogiochi, tecnologie, riferimenti e curiosità tipiche dell'epoca. I viaggi nel tempo di Konoha che le consentiranno di viaggiare in diversi anni del passato, vedendo l'evoluzione della tecnologia e dei videogiochi ma anche i cambiamenti dei luoghi in cui vive, sono tutto sommato riusciti e avvincenti, sempre nell'ambito di una commedia semplice senza eccessi di introspezione dei personaggi. Anche se non originale, è altrettanto apprezzabile l'idea che le azioni che cambiano il passato sono in grado di modificare il futuro, creando anche degli scenari alternativi (come si vedrà negli episodi finali).

Dove la serie non mi ha proprio convinto e mi costringe ad essere un po' severo è proprio negli episodi finali, in cui dallo stile "revival nostalgico" si passa ad una specie di sci-fi distopico e metaforico in cui si vede che l'AI (sempre governata da persone senza scrupoli) sfrutta gli umani che lavoravano nell'industria dei videogiochi in una specie di ambientazione simil "Matrix". Una sorta di metafora del capitalismo più becero ed esasperato che distrugge e omologa la creatività umana, per soddisfare solo le tendenze del mercato che la stessa AI crea... Un incubo che getta un'ombra sinistra e pessimista sul futuro dell'industria videoludica.

Purtroppo la serie introduce (e sviluppa malamente, forzando molto...) nell'ultima parte troppi elementi (tra cui l'UFO, gli alieni o esseri soprannaturali) al tema del viaggio nel tempo, creando un melting pot che ha fatto virare la serie su ambiti mal amalgamati con la prima parte, che la rendono "distonica" e pasticciata.
A nulla poi vale il solito finale positivo con il recupero parziale dello spirito iniziale dell'opera.

"16bit Sensation: Another Layer" è tratto dal manga "16bit Sensation: Watashi to Minna ga Tsukutta Bishōjo Game", disegnato e scritto da Misato Mitsumi, Tatsuki Amazuyu e Tamiki Wakaki. È stato lanciato per la prima volta come dōjinshi al Comic Market nel dicembre 2016 e poi serializzato come manga in due volumi tra il 2020 e il 2021. L'adattamento in serie anime intitolata "16bit Sensation: Another Layer" è stato prodotto dallo Studio Silver.

L'operazione "nostalgia" a mio avviso è riuscita a metà: "la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare" (M. Kundera) si stempera in una sensazione di irrisolto o irrealizzato, per la quale non riesco a provare alcun rimpianto...


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Lav3nd3r_Boy

Episodi visti: 13/13 --- Voto 7,5
Non sempre l'anime è l'adattamento della sua controparte cartacea, come ad esempio in questa serie uscita lo scorso autunno. Entrambi i media raccontano dell'amore per i videogiochi bishojo e di come venivano realizzati negli anni '90, ma la serie animata abbandona presto gli 'spiegoni' e parte per la tangente. Viaggi temporali, alieni, riflessioni sull'uso dell'AI nella produzione artistica, così tante citazioni che ne ho colte solo un terzo, e una protagonista tanto carina quanto rumorosa e irritante.
Tutti questi spunti ovviamente in soli dodici episodi non vengono approfonditi un granché, ma questa dichiarazione d'amore per un genere non proprio mainstream (molti di questi titoli sono anche eroge) mi ha incuriosito per tutte le dodici puntate e spinto a recuperare il manga.