Una questione spesso molto dibattuta tra appassionati di manga, e anche dagli addetti ai lavori, è quella che riguarda nuove modalità di distribuzione delle opere, on-line o su supporti mobili, che affianchino la distribuzione del “classico” cartaceo per venire incontro alle nuove esigenze del pubblico.

Le recenti prese di posizione da parte dell’editoria, in particolare l’alleanza fra editori giapponesi e americani contro i cosiddetti “siti aggregatori” che raccolgono e pubblicano scans non autorizzate di manga ma anche il recente caso italiano riguardante One Piece, hanno riportato la questione al centro del dibattito con una particolare attenzione alla distribuzione dei titoli più attesi (come One Piece, Bleach, Naruto…) che sono anche quelli maggiormente interessati dal fenomeno scans.

Shuho SatoTra le voci più autorevoli ma anche più critiche verso l’editoria giapponese c’è quella di Shuho Sato, mangaka che ha pubblicato con buon successo alcune opere per Kodansha. Avevamo già parlato di lui in una precedente news a proposito del lancio del suo portale internet MangaonWeb.com sul quale vengono pubblicati manga in formato elettronico che sono disponibili per gli utenti sia in versione free che a pagamento con possibilità di acquistare i singoli capitoli delle opere (i prezzi partono da 10 Yen a capitolo).

La decisione di Sato di distribuire i propri manga e quelli di altri autori via Web ha avito origine dai contrasti che l’autore ha avuto in passato con i suoi editori a seguito dei quali ha interrotto una delle sue opere di maggior successo quale Umizaru, manga che racconta in modo molto realistico le attività della guardia costiera giapponese. A ciò si è poi affiancata anche la volontà di dissociarsi dal complesso editoriale che Sato ritiene essere fondato su pratiche poco etiche e disoneste nonché poco rispettose della dignità degli autori.

In una sua recente intervista al sito giapponese cyzo.zom, Sato entra nel merito ed entra nel merito di quella che a suo dire è la “faccia nascosta e meno pulita” del settore editoriale.

Ne riportiamo di seguito una parte in cui Sato parla del rapporto di lavoro tra mangaka e editori.

Intervistatore: Lei ha dichiarato sul suo sito che il compenso per il manoscritto di Black Jack ni Yoroshiku (10 milioni di copie vendute, pubblicato da Kodansha) ammontava a solo 23.000 Yen per pagina (poco più di 200 Euro) con cui doveva pagare le spese del suo ufficio e i suoi assistenti. Alla fine dei conti Lei lavorava in perdita…

Sato: Si tratta di affari dunque il denaro è la prima cosa su cui si va a parlare, è strano quindi che si instauri un atmosfera dove la cosa sia fuori dal discorso. Mi chiedo poi perché si alzi un polverone se uno ne parli scrivendone su un sito.
Del resto anche per un lavoro part-time una persona non comincerebbe a lavorare senza sapere il compenso che riceverà, o no?
Quando parlavo della questione con i miei redattori questi rispondevano sempre con frasi del tipo “solo il capo redattore è a conoscenza dell’ammontare dei compensi, noi non ne abbiamo nulla a che fare”. Non era mai chiaro a quanto ammontasse il minimo garantito, lavorare così a un manga senza avere le basi di un contratto mi era abbastanza complicato, per cui incaricavo un professionista che si occupasse di prepararlo per me. Molti mangaka non lo fanno saltando quello che ritengo sia un punto essenziale.


I: Lavorava in perdita con il compenso per il manoscritto, ma non incassava con le royalties?

Sato: Non è necessariamente così. Anche con un manga che vende più di un milione di copie l’autore potrà avere una quota delle vendite che non supererà lo 0,1 %. Se consideriamo quindi un ipotetico prezzo di 500 Yen per volume con quattro uscite all’anno si raggiungerà un incasso di 2 miliardi di Yen (poco meno di 18 milioni di euro). La quota dell’autore (circa 18.000 euro) non sarà quindi nulla di speciale.
In più occorre considerare che egli dovrà pagare il suo staff composto anche da 5 o 6 persone senza contare poi le tasse sul suo guadagno.


I: Ma Lei può realizzare molti volumi. E non ha delle royalties anche su eventuali film e sulle vendite del merchandising?

Umizaru Vol 1Sato: Si ma questa è solo una piccola parte dei casi. Come ho detto in realtà non si guadagna poi molto. Certamente se da un manga vengono tratti anime, videogiochi o merchandising i guadagni per l’autore divengono già ben più interessanti ma rispetto al totale questi sono una netta minoranza. Può valere per gli autori di titoli molto famosi come Dragon Ball o One Piece.

Per fare l’esempio di Umizaru, il primo film che era stato tratto ha portato a una nuova stampa del manga, ma quelli successivi non hanno avuto alcun impatto sulle vendite. Per il Live action televisivo ci hanno dato appena 300.000 Yen (2.700 Euro) a episodio. Sebbene il film abbia incassato 700 milioni di yen (circa 6,25 milioni di Euro) io non ho ricevuto un centesimo in diritti, tutto era già stato pagato con una cifra forfettaria all’inizio. In futuro insisterò maggiormente sulle royalties.
Da bambino pensavo che i mangaka che pubblicavano sulle riviste settimanali fossero tutti molto ricchi, ora mi trovo di fronte a gente che lavora in perdita…

Gli editori si lamentano del calo delle vendite attribuendolo a coloro che scaricano i manga dalla rete derubando così gli autori del loro guadagno, in realtà mi sembra che siano più gli editori a effettuare il furto, tenendo i mangaka sotto una minaccia opprimente e costante sia da un punto di vista lavorativo che economico.
Mi pare che abbiano paura delle opportunità fornite dalle pubblicazioni digitali e, soprattutto, del fatto che gli autori possano rendersi conto che c’è l’opportuintà di vendere direttamente ai fan, senza bisogno dell’intermediazione degli editori, facendo così venir giù tutto un vecchio apparato obsoleto e marcio.
Fortunatamente per gli editori, i mangaka sembrano abbastanza servili da obbedire alla tradizione senza fiatare (palesando anche poco senso per gli affari) nonostante ci sia un calo delle vendite e la richiesta di pubblicazioni in formato digitale cresca.