Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Oggi uno sguardo rivolto al passato con qualche anime classico quali Lady Oscar, Otoko Juku e Dragon Ball Z.

Per saperne di più continuate a leggere.


10.0/10
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<b>Attenzione! Contiene spoiler!</b>

Quando un nostalgico dell'animazione anni ottanta si mette a bofonchiare sull'inconsistenza delle generazioni successive di anime, mi viene da ridere. Per carità, Ufo Robot sarà stata per l'epoca una rivoluzione, ma a rivederlo oggi viene da ridere elencando i buchi di sceneggiatura, la bidimensionalità dei protagonisti e le animazioni fatte con l'accetta. Lo stesso dicasi dei mitici shoujo strappalacrime dell'epoca: se Georgie nel 1985 faceva scendere più di una lacrima, nel 2011 sembra una fiction di Canale 5.
In sintesi: se si sgombera il campo alla nostalgia dell'infanzia e di un decennio sicuramente più felice e spensierato, gran parte dell'animazione dell'epoca oggigiorno è datata, se non improponibile come seria visione.

Tuttavia Lady Oscar è l'eccezione che conferma la regola. Lady Oscar si vede nel 2011 con lo stesso identico trasporto che si poteva avere guardandolo nel 1985. Se gli anime dell'epoca infatti erano spesso raffazzonati e puntavano al risparmio, qui abbiamo un character design ottimo, che tocca punte di eccellenza quando Osamu Dezaki prende in mano la regia; sfondi frutto di un accurato studio degli ambienti dell'epoca; una colonna sonora che non si finirebbe mai di ascoltare.
Certamente qui si sta trattando di tutti quegli elementi tecnici di sottofondo che sono indispensabili per fare esprimere al massimo tutta la forza insita dentro la storia di Riyoko Ikeda. Tuttavia, rispetto al manga, l'anime di Lady Oscar ha una marcia in più - checché ne pensino i giapponesi, che invece non amarono alla follia la versione animata del loro Berubara. Il manga infatti tende ad esagerare, a indulgere troppo nel melò e ad appiattire i personaggi.

Nell'anime, in particolar modo negli episodi curati da Osamu Dezaki tutto è molto più rigoroso: dialoghi iperrealistici, nessuna indulgenza umoristica (che nel manga stemperavano la tensione), pochi fiori e psicologie molto più sfaccettate. Un esempio su tutti: quando il padre di Oscar nel manga vuole che la figlia si sposi, lo fa perché ha paura che Oscar muoia durante gli scontri a Parigi. Nell'anime lo fa perché è pentito di quello che ha imposto alla figlia di fare. Sempre in questa parte, se Oscar nel manga fa una lunga manfrina ringraziandolo di avergli permesso di vivere come "il figlio di Marte" (sic!), nell'anime Oscar dapprima non fa una piega dinanzi alla richiesta paterna, né si capisce fino alla fine cosa lei voglia fare fino a quando non si mostra al ballo indetto in suo onore in divisa dicendo ironicamente "Ma come? Si indice un ballo e non c'è nemmeno una donna con cui ballare?". Un'Oscar molto meno idealista e passionale rispetto al manga, ma di sicuro molto più affascinante.

Non so se esista un otaku che ancora non abbia ancora visto questo anime, ma in tal caso ne obbligo la visione perché fa proprio parte delle basi da cui cominciare. Un classico.



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Non è difficile, per chi ha visto quest'anime, immaginare questa scena.
Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku, dritto in piedi a un angolo della strada, osserva dei ragazzi che escono da una scuola superiore, qui in Italia. Il risultato, indubbiamente, lo porta a scuotere il suo liscio capo, in segno di disapprovazione. La stragrande maggioranza dei ragazzi è ahinoi divisa in due tipologie: da un lato, ragazzi infighettiti, con abiti firmati, occhiali da sole e gel nei capelli, dedita a divertimenti al di là dello studio, senza grandi aspirazioni se non essere "alla moda". Dall'altro lato, ragazzi con abiti e capigliature dalle tinte fosche, dall'aspetto poco energico se non addirittura depresso. Se dei fasci di muscoli fanno capolino sui corpi di questi ragazzi, non è certo per essere fisicamente preparati a diventare il "domani" del loro paese, bensì per semplice vanto.
Dopo questa amara constatazione, il nostro preside si gira, vedendo dietro di sé i suoi ragazzi: gli studenti della Otoko Juku, giovani che hanno sulle loro spalle il carico di essere il futuro del loro paese, il Giappone. A quel punto, con quella che era e nonostante tutto è la voce più possente del mondo del doppiaggio nipponico, se ne esce con un "Io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!", seguito da una fragorosa e inconfondibile risata.

Sakigake!! Otoko Juku è l'adattamento animato Made In Toei Animation dell'omonimo manga di Akira Miyashita.
Se darete un'occhiata alla scheda manga noterete subito qualcosa di strano: 20 volumi il manga, 34 episodi l'anime. Anche nella migliore delle ipotesi antifilleristiche, qui manca chiaramente qualcosa. Manca tanto, perché di 20 volumi italici (che rispetto a quelli Jap sono molto più corposi, tant'è che la serie originale ne conta 34) ne sono stati convertiti in animazione solo 6, peraltro dimenticando una saga per strada.
Questo è un po' un peccato, visto e considerato che nell'ultima saga animata quelli che erano tre splendidi combattimenti nel manga vengono raccontati in maniera sbrigativa per poi passare direttamente a quello finale.
Si sarebbe potuto evitare l'episodio filler finale fatto di immagini delle puntate vecchie, o il filler di apertura che mostra l'entrata del protagonista, Momotaro Tsurugi, nella scuola per gli uomini veri, che per quanto sia interessante come puntata, è superflua rispetto a scene che nel manga hanno luogo davvero.
Al di là di questi problemi però l'anime risulta estremamente divertente, specie se si ama l'animazione giapponese d'azione anni '80.

Tecnicamente parlando, l'elevata qualità delle animazioni è indubbia, mentre i disegni rispecchiano bene quelli del manga, seppur con alti e bassi. Il chara per molti degli spettatori moderni potrebbe sembrare troppo nerboruto, ma da una scuola di uomini veri penso ci sia d'aspettarselo, di avere studenti muscolosissimi.
Il lato sonoro della serie è indubbiamente uno dei più riusciti: le musiche di sottofondo, nel pieno stile dell'epoca, riescono ad essere evocative e adatte alle situazioni che descrivono, ma un'analisi a parte la meritano le sigle di apertura e chiusura.
L'opening, Yogorecchimatta kanashimi ni, e l'ending, Ikujidai Arimashite, entrambe eseguite da Issei Fuubi Sepia, risultano essere due perfetti simboli del rock anni '80, con leggere cadenze di musica tradizionale nipponica, risultando esplosivamente trascinante la prima (con tanto di cori del pubblico da concertone a San Siro nella full version) e più emotivamente introspettiva la seconda, ma è anche il testo ad essere interessante.
Entrambe parlano infatti di tristezza e rinascita, di difficoltà da superare per tornare a sorridere. Come a voler dire "Anche dopo la notte più buia, giungerà di nuovo l'alba".

L'alba, cioè il sole nascente, il sol levante. Il sol levante, cioè il Giappone, quella terra dove la gente non si arrende mai, né dinanzi alle guerre, o alle difficoltà, o alle calamità naturali, si va avanti, o si cade con onore.
È questo che, tra il serio e il faceto, racconta Otoko Juku, di ragazzi che saranno il futuro del Giappone, che frequentano una scuola che li renderà uomini veri, forse non particolarmente colti, ma di sicuro "maschi".
Chi si iscriverà a questa scuola dovrà affrontare difficilissimi allenamenti, al limite del disumano, e alla fine dei corsi sarà veloce com'è veloce il vento, un uomo vero, senza timore, potente come un vulcano attivo.
O morirà provandoci. Con onore.

In concluzione, Sakigake!! Otoko Juku si dimostra un anime perfetto per tutti coloro che vogliono tanta azione anni '80 condita con un umorismo demenziale e un cameratismo che trasporta e coinvolge anche chi sta davanti allo schermo.
Alcuni difetti (primo quello di coinvolgere solo meno di metà della trama del manga) lo rendono lontano dalla perfezione, ma gli fanno guadagnare un 8 pieno.



2.0/10
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Mi piace leggere le recensioni su Dragon Ball Z, il mio primo grande amore. Era il lontano 1992 e mentre visionavo in edicola i fumetti vidi nello scaffale una rivista "Japan Magazine". In copertina c'erano strane persone con dei capelli a punta e delle facce squadrate: in poche parole le caratteristiche principali che, per me al tempo, dovevano avere i manga. Era la prima volta che vedevo Dragon Ball Z. Comprai subito il volume (spendendo tutta la mia paghetta) e mi lessi il fumetto la suo interno.
Questo volume introduceva la versione cartacea del terzo film di Dragon Ball, non c'erano combattimenti, non c'era una storia, non c'era nulla... ma era tutto bellissimo! Dopo quasi un anno la Star Comics diede inizio a una piccola rivoluzione, importò il fumetto di Dragon Ball in Italia. Il momento non era dei più rosei, la Granata aveva appena fallito e nel mondo editoriale giravano brutte voci su possibili chiusure definitive di molte case di distribuzione. Cosa successe? Beh, Dragon Ball cambiò tutto. Il suo successo fu incredibile, in certe settimane quasi pareggio le tirature di Topolino, una cosa sorprendente per il mercato italiano tanto dedito a seguire le avventure del topo della Disney. Il fumetto fece cambiare per sempre il modo di vedere i manga e riniziò quel boom di vendite che contraddistingue il presente.
Naturalmente io sto parlando del manga, l'anime uscì dopo un po' su Junior TV e me lo vidi con piacere aspettando la soglia dello Z per vivere quei combattimenti esaltanti che potevo leggere sulle pagine del fumetto. Poi la palla passò a Italia 1 che riprese la serie e la rieditò secondo i suoi canoni.

Il manga di Dragon Ball è una pietra miliare da leggere assolutamente, essendo uno dei capostipiti degli shounen come li conosciamo ora; l'anime è una macchina per farcire soldi. La serie tecnicamente è orrenda, ma è comprensibile visto che l'unica idea dello Studio Bird era quello di ricavare il maggior numero di soldi con il minor sforzo possibile. I disegni cambiano da inquadratura a inquadratura deformando i personaggi. Il fumetto di Akira Toriyama è veloce e snello, non si perde troppo in particolari ma va al sodo, è diretto ed è questo una delle migliori caratteristiche del manga; l'anime si perde sempre tra urli che durano due puntate prima di tirare una "Kame-hame-ha" ed episodi assurdi che toccano il ridicolo stravolgendo la storia e i personaggi. Un vero appassionato di Dragon Ball quando vede Piccolo e Goku che cercano di prendere la patente vi assicuro che un po' sta male. Oppure tutte le scenette assurde di Gyniu che, trasformato in rana, vuole scambiare il suo corpo con Bulma... pura assurdità.

Dalla trasposizione in celluloide il manga è completamente deviato e si perde tutta la magia del fumetto. Dragon Ball Z anime è solo il primo esempio di come un ottimo manga (con i pregi e difetti di uno shounen) può diventare una gallina dalle uova d'oro. Il ragionamento è questo: perché perdere tempo a realizzare un buon prodotto quando il fumetto ha fatto un successo straordinario? Il pubblico c'è già, basta rendere tutto più infantile - per ricoprire una fetta più grossa di pubblico - e dilungare il brodo all'infinito, intanto alla gente non interessa se è un buon prodotto, gli interessa che assomigli molto lontanamente al manga. E così sia. Dragon Ball Z fu il capostipite di quest'idea che impregna oggi tutti gli anime dedicati ai manga di grande successo.
Cosa si può dire di questo scempio? Che Toriyama è diventato ricco e ora se la può godere tra prostitute e droga di tutti i tipi, beato lui. Ma come succede nel Faust, quando si vende l'anima al diavolo prima o poi qualcosa di brutto ti accade. Sto aspettando questo momento.

Non dimenticate che il manga e l'anime sono due entità completamente diverse e non c'è mai, e dico mai, da sovrapporre le due cose. Il manga è un capolavoro a suo modo, l'anime è un altra cosa, non ha fatto rivoluzionare nulla anzi è il colpevole di una certa tendenza che vuole l'anime solo un modo per massimizzare il profitto del fumetto: vergognoso!