I am a Hero - Cover 1Esordisco immediatamente con una doverosa e colloquiale premessa: questa recensione mi ha fatto tribolare per lungo tempo, perché nel ponderarne l’impostazione son nati in me una serie di atroci dilemmi morali.
Perché? Semplice: spoilerare, anche solo vagamente, il primo volume di questo manga sarebbe un ignobile crimine verso l’umanità tutta, visto che dal punto di vista narrativo si tratta di una delle cose più geniali e sorprendenti che abbia letto da un paio di anni a questa parte, complice un gioco di suggerimenti e falsi indizi che accompagnano il lettore fin quasi alla fine del primo volume, per poi sorprenderti con un colpo di scena di quelli tosti e slogamascella nell’ultima dozzina di pagine.

Facciamo così: io mi limiterò davvero all’essenziale nello spoilerare, ma se gradite il genere psicologico-horror e, soprattutto, se avete uno stomaco d’acciaio, non fate i tirchi ed intanto andate a comprare il primo volume di I am a Hero sulla fiducia. Io nel frattempo comincio.

Il manga di Kengo Hanazawa -un autore quasi esordiente, che proprio grazie al titolo in esame ha riscosso un improvviso e notevole apprezzamento in patria- fin dalle primissime pagine ci introduce nella quotidianità di questo strano ragazzo di nome Hideo. E che Hideo non abbia proprio tutte le rotelle a posto, lo si capisce da subito. Ad esempio la gente normale prima di prendere sonno conta le pecorelle, lui invece deve approntare una sorta di cerchio mistico/esoterico per tenere lontani gli spiriti, o qualsiasi cosa egli creda lo perseguiti al calare delle tenebre.
Ecco appunto, “credere”. Si perché Hideo crede di vedere o fare molte cose, ma queste il più delle volte hanno atto solo nella sua testa.
Allo stesso modo, Hideo crede di essere un eroe, o almeno è ciò che si ripete nei momenti difficili per acquistare fiducia in sé stesso. E tale fissa nasce dal fatto che gli ideogrammi del suo nome, letti diversamente, significano “hero”.

E già così di spunti ce ne sarebbero abbastanza per un manga curioso. E difatti, per gran parte del primo volume, il lettore può pensare di avere tra le mani uno slice of life psicologico simile ad Homunculus (citazione non casuale), che vede come protagonista questo tizio e la sua sfigatissima vita da assistente mangaka, desideroso di sfondare, ma costretto a fare i conti con le sue insicurezze patologiche.
Poi però arriva la megasorpresona, e il lettore capisce che forse forse non è solo Hideo ad essere tutto scemo (perché scemo lo è di sicuro, eh), ma attorno a lui sta succedendo un gran casino, e l’uomo nero che mangia i bambini forse esiste davvero…

Da qui in poi il maga cambia radicalmente registro, e ci vorrà un po’ prima di rinsavire assieme al nostro Hideo, che inizialmente fatica a rendersi conto della situazione, tanto da preoccuparsi di cose di secondaria importanza come pagare diligentemente la metropolitana, quando nel contempo si sta scatenando l’apocalisse attorno a lui, ed ognuno è intento a salvare la pellaccia.

I am a Hero - Welcome Home

Dicevamo che ci vuole uno stomaco d’acciaio per leggere I am a Hero; questo perché vi è un ampio ricorso a visioni grandguignolesche, scene splatter e situazioni così esageratamente disgustose e/o ai limiti del surreale da risultare grottesche.
Forse in questo è possibile evidenziare un difetto dell’opera, che infatti sembra calcare troppo la mano in molti frangenti, tanto da poter probabilmente risultare per alcuni addirittura disturbante o semplicemente insensata. Certo non vi è involontarietà in ciò, e lo si nota anche in un certo humor nero di cui spesso si vela l’opera.

Uno degli elementi più interessanti che Kengo Hanazawa però ci regala, è sicuramente la regia. Inquadrature originali e tutta una serie di sapienti espedienti dal sapore cinematografico che aggiungono brio e notevole coinvolgimento alla narrazione. Emblematica la fuga nel bosco del quarto volume, dove l’autore sembra quasi omaggiare John Landis ricorrendo all’espediente del far vivere direttamente allo spettatore l’inseguimento, tramite gli occhi dell’ignoto cacciatore.

I disegni di Kengo Hanazawa sono dettagliati e ben leggibili, in particolar modo gli ambienti si distinguono per la resa praticamente fotografica. Tale stile iperrealista è ancor più evidente nelle (poche) pagine a colori che ogni tanto l'autore ci regala; davvero pregne di atmosfera.
Il chara design è mediamente abbastanza realistico, forse fanno storcere il naso alcuni visi ed espressioni sempre tendenti al grottesco; anche se palesemente la cosa è voluta, visto che han il compito di sottolineare ed enfatizzare la bizzarria di molti momenti.

I am a Hero!

I am a Hero viene pubblicato in Italia da GP Publishing, che propone una classica edizione da fumetteria a 5.90€ con sovracoperta, un paio di pagine a colori per volume (quando disponibili), carta bianca e liscia dalla trasparenza trascurabile.
I volumi si presentano nel complesso ben confezionati, robusti e facilmente sfogliabili; anche l’adattamento è ben fatto e durante la lettura non si notano refusi o discorsi poco chiari.
L’unica lacuna è costituita da un evidente difetto nella resa dei retini che appaiono spesso “a quadrettoni”. A onor del vero GP Publishing è però intervenuta riuscendo a risolvere il problema; e dal volume 4 il manga presenta una resa di stampa largamente soddisfacente.

Pur non essendo un titolo adatto a tutti, I am a Hero merita certamente attenzione: riesce a toccare i familiari tòpoi del filone horror in maniera molto intrigante, divertente ed inconsueta, con indiscutibili sprazzi di genialità.
Fra splatter e digressioni psicologiche, i volumi scorrono veloci ed erratici, senza che in realtà siano sopraggiunte molte svolte clamorose, o che il protagonista abbia apparentemente risolto qualcosa. Ma il piacere della lettura e la fame di sviluppi futuri sicuramente non scemano mai.
Stiamo a vedere quindi se l’odissea di Hideo rappresenterà quella svolta esistenziale inconsapevolmente tanto attesa, l’opportunità per sciogliere quel nodo gordiano che vincola la sua indole sociopatica; o se la sua sarà una semplice fuga per la sopravvivenza in un inferno in cui l'unica via di scampo è, appunto, diventare un eroe… o almeno credersi tali.



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